E’ legittimo il licenziamento anche a fronte di una contestazione disciplinare complessiva delle infrazioni commesse. Con la sentenza n. 25069 del 7.11.2013 la Corte di Cassazione ha espresso un rilevante principio in tema di legittimità del licenziamento disciplinare e, in particolare, in punto specificità della relativa contestazione degli addebiti rivolti al lavoratore.
In estrema sintesi, il caso di specie riguarda un lavoratore il quale, a seguito di un controllo della Società datrice di lavoro sul PC in sua dotazione, risultava averne fatto un consistente e reiterato utilizzo improprio, avendo trascorso quasi 300 ore in un anno a giocare durante l’orario di lavoro. Tale condotta, determinava l’avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, conclusosi con l’intimazione del licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Sul ricorso proposto dal lavoratore avverso il predetto recesso datoriale, in primo grado il Tribunale di Roma si pronunciava in favore della Società, dichiarando la legittimità del licenziamento irrogato.
Successivamente, invece, la Corte di Appello di Roma provvedeva ad una totale riforma del provvedimento di primo grado, dichiarando l’illegittimità del licenziamento sul presupposto della ritenuta genericità della contestazione disciplinare a monte dello stesso, poiché non riportante la minuziosa elencazione delle singole infrazioni commesse, ossia delle varie partite giocate dal dipendente.
In netto contrasto con tale argomentazione, la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dalla Società, ha invece ritenuto che l’addebito mosso al lavoratore di aver fatto scorretto utilizzo del PC aziendale in dotazione “non può essere ritenuto logicamente generico per la sola circostanza della mancata indicazione delle singole partite giocate abusivamente dal lavoratore” e ciò in ragione della precipua finalità pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza alla contestazione disciplinare, che è, per l’appunto, quella di consentire al lavoratore di aver contezza degli addebiti contestatigli, al fine di poter predisporre all’uopo le idonee giustificazioni.
Finalità, questa, per i Giudici di Legittimità del tutto soddisfatta nel caso di specie, atteso che il lavoratore è stato “posto in grado di approntare le proprie difese anche con la generica contestazione di utilizzare in continuazione, e non in episodi specifici isolati, il computer aziendale”.
La pronuncia in esame risulta, pertanto, anzitutto coerente con la consolidata giurisprudenza che attribuisce alla specificità della contestazione disciplinare carattere strumentale all’attività difensiva garantita al lavoratore coinvolto in un procedimento disciplinare (ex multis, Cass., n. 16831 del 5.7.2013).
Sotto altro profilo, la stessa pare altresì rappresentare un equo compromesso tra il diritto del lavoratore di conoscere con sufficiente precisione le condotte illegittime ascrittegli, con l’interesse del datore di lavoro, altrettanto meritevole di tutela, di poter legittimamente procedere alla contestazione degli addebiti nei confronti del lavoratore senza essere necessariamente tenuto ad una ricostruzione estremamente minuziosa ed analitica, al limite della maniacalità, di tutte le singole infrazioni contestate al proprio dipendente.
In conclusione, si tratta di una pronuncia che tiene in debita considerazione i vari interessi in gioco, anche alla luce della peculiarità delle infrazioni commesse nel caso di specie – ossia a mezzo di strumenti informatici – trasgressioni oggettivamente più complesse e delicate ricostruire, a dispetto di comportamenti materiali facilmente verificabili nei loro singoli aspetti fattuali.