Disoccupazione giovanile in aumento. L’incidenza del tasso occupazionale fra i ragazzi traccia una curva inversamente proporzionale all’andamento generale del mercato del lavoro, che nei primi mesi del 2016 ha portato alla sottoscrizione di 70.000 nuovi contratti. Secondo l’Istat, il 39,3% dei giovani italiani tra i 15 e i 24 anni non ha un impiego. Il peggior dato in assoluto dallo scorso ottobre, che pesa con uno sconfortante 10% sul totale dei coetanei occupati, e che non ricomprende tra l’altro gli studenti. Tradotto, un giovane su 10 non ha un lavoro.
Maglia nera al Sud, da cui ogni anno fuggono 100.000 ragazzi alla ricerca di una chance in Inghilterra, Germania, Spagna, Balcani, Romania, Paesi Arabi e Cina. Rispetto al 2014, nella fascia d’età considerata si sono persi 7mila posti di lavoro, mentre in quella compresa fra 35 e 49 anni il calo è stato di 69 mila unità. L’impennata occupazionale rilevata da Inps, Istat e governo riguarda infatti gli over 50, in virtù dell’innalzamento dell’età pensionabile e della stabilizzazione di contratti precari.
Secondo Vincenzo Silvestri, vicepresidente nazionale dei Consulenti del Lavoro, «Sono circa 2 milioni i giovani disoccupati, cifra inalterata nonostante la continua emorragia di quanti lasciano l’Italia in cerca di un lavoro o per conseguire un titolo universitario più facilmente spendibile. Tra i restanti, il Ministero del Lavoro ha censito 1,723 milioni di cosiddetti “Neet”, persone fra 15 e 29 anni che non studiano e non cercano lavoro. Consolante però che il 50% dei disoccupati si rifugi in Garanzia Giovani, il programma di avviamento al lavoro per under 35». Una misura governativa, quest’ultima, in cui hanno sperato 862.747 ragazzi, la metà dei quali meridionali, con un picco di 147.710 adesioni nella sola Sicilia.
E, sempre al Sud, il 3,7% degli aventi diritto ha optato per la disponibilità di tirocini in Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio, anche se, come spiegato da Leonardo Giacalone, presidente della Consulta regionale Ordini dei consulenti del lavoro della Sicilia, «Sono stati attivati 900 tirocini altamente qualificanti presso le aziende del territorio regionale». Eppure finora solo 288.719 unità hanno potuto usufruire di una misura di accompagnamento al lavoro, mentre un terzo degli stage effettuati rischia di non essere retribuito. E’ la Cgil a spiegare il perché: mancano i fondi, almeno 50 milioni di euro. Nello specifico della Sicilia, stime errate hanno portato ad avviare un numero di tirocini il cui costo oltrepassa la somma stanziata dalla Regione, un totale di 178 milioni di euro tra fondi europei e nazionali. Cifra sfumata anche a causa dei bonus spettanti ai centri per l’impiego che hanno seguito la presa in carico, degli incentivi alle aziende che hanno successivamente assunto il tirocinante (solo il 5% dei casi esaminati), della formazione professionale e del servizio civile.
Gli effetti non tardano a farsi sentire: la maggioranza degli stagisti inclusi nella prima tornata di ottobre sono ancora in attesa della retribuzione. Mentre in altre Regioni italiane la seconda fase di Garanzia Giovani è ai blocchi di partenza, in Sicilia è stata congelata. Ma la situazione non è rosea neanche altrove: forte, ad esempio, la perplessità nel Lazio, dove i ragazzi della prima tranche hanno dovuto protestare pubblicamente per vedersi riconoscere i 500 euro mensili garantiti dallo Stato. A completare uno scenario già di per sé desolante, il divario di reddito percepito tra Nord Italia e Mezzogiorno.
Stando ad una recente indagine Svimez, più della metà dei lavoratori del Centro Nord guadagna dall’80 al 100% del reddito medio regionale, mentre al Sud questo accade solo ad una persona su cinque. Colpa di un’economia locale stagnante, che offre qualche occasione solo in agricoltura e nel terziario. Ne pagano lo scotto soprattutto le giovani donne, ancora vittime di una discriminazione che l’OCSE ha quantificato in una perdita pari al 12% del PIL dei Paesi dell’area entro il 2030.
di Viviana Passalacqua