È passato quasi un anno dall’inizio della pandemia COVID19, col susseguirsi dei provvedimenti governativi finalizzati a ridurre l’impatto della crisi generata sulle attività lavorative del Paese; e nel tempo trascorso si sono svolte numerose trattative tra le Federazioni Nazionali e Decathlon per consentire ai lavoratori di accedere allo strumento della Cassa Integrazione straordinaria, consentendo all’azienda di ridurre l’impatto economico causato dai provvedimenti di chiusura totale o parziale delle attività decise di volta in volta dal Governo o dalle Autonomie Locali per contrastare la diffusione del virus.
Decathlon, catena di abbigliamento sportivo, ha in Italia più di 7mila, 125 punti vendita su tutto il territorio nazionale si all’interno che all’esterno dei centri commerciali; ricavi miliardari e utile netto di circa 34 milioni di euro registrati a bilancio nel 2019.
Da Aprile 2020, Filcams, Fisascat e Uiltucs, insieme all’azienda, hanno stipulato diversi accordi per la fruizione delle Cassa Integrazione Covid che hanno portato fino al 31 dicembre 2021. Mentre era in pieno svolgimento l’esame congiunto per definire la proroga della CIG Covid, dal 1 gennaio 2021 al 31 marzo 2021, come previsto dalla Legge di Bilancio per il 2021, l’azienda ha trovato un sindacato compiacente, che non ha mai partecipato ad alcuna trattativa, che senza alcuno scrupolo o tantomeno verifica, ha sottoscritto un verbale di accordo per la richiesta della CIGD all’Istituto.
Un atto gravissimo, di cui le segreterie nazionali sono venute a conoscenza solo attraverso messaggi arrivati “clandestinamente” tramite whatsapp che, con grande enfasi e entusiasmo da parte di alcuni capi-negozio o capi area, comunicavano la notizia della firma del verbale di accordo senza specificare che i verbali erano sottoscritti solo dal sindacato compiacente, generando confusione tra i lavoratori iscritti e non iscritti e sicuramente sconcerto nelle segreterie di Filcams Fisascat e Uiltucs. Dopo un anno di confronto e con un’emergenza sanitaria ancora in corso, l’azienda ha scelto la strada della rottura della trattativa, senza avere, tutt’oggi, ancora il coraggio e la correttezza di comunicare ufficialmente alle Federazioni Nazionali la scelta adottata.
“È una prova di forza nel momento sbagliato” affermano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs in una nota congiunta “che segna una frattura grave delle relazioni sindacali in un momento decisamente difficile per tutti; e scopre completamente la strategia negativa pronta a scaricare il peso del momento sulle spalle dei lavoratori e lavoratrici.”
Pur raggiungendo accordi, il confronto non è sempre facile in questi mesi secondo Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs: “ci siamo trovati di fronte ad un’azienda che anche in un momento difficile per lavoratori e lavoratrici ha preferito gestire gli aspetti finanziari piuttosto che le oggettive difficoltà umane affrontate dal proprio personale – lo stesso che definisce capitale umano – in gran parte part – time e sottoposto nei punti vendita alle flessibilità unilaterali più spinte.”
Nel primo periodo di 9 settimane, infatti, l’azienda non ha accolto la richiesta sindacale di anticipare l’assegno di CIGD – finalizzato a evitare il grave disagio scaricato sulle spalle dei lavoratori della lunga attesa dell’assegno erogato dall’INPS; ed ha acconsentito a un prestito non oneroso da restituire entro dicembre, ovvero all’anticipazione di ratei di 13^ e 14^ (comunque soldi dei lavoratori). La trattativa si è successivamente incentrata sulla richiesta di integrare l’assegno di CIGD fino al 100% della retribuzione riuscendo a concordare l’integrazione nella misura di 1/26° della retribuzione mensile (pari al 20% dell’integrazione richiesta). Il dispositivo di integrazione è stato poi rivisto al ribasso per scendere al valore pari al 15%, condizionato dal raggiungimento di obiettivi di fatturato, poi non raggiunti.
Filcams, Fisascat e Uiltucs daranno il massimo risalto alla gravità della vicenda, informeranno anche il CAE e non mancheranno certo di evidenziare le contraddizioni e la lontananza di Decathlon Italia dai principi della responsabilità sociale dell’impresa.