Se avete buone idee, ma vi mancano i finanziamenti per realizzarle, la soluzione da oggi si chiama crowdfunding. E’ una nuova strada di accesso al credito, percorribile da tutti e vantaggiosa soprattutto per donne e giovani, spesso ostacolati dai grandi investitori. Con il crowdfunding, letteralmente “finanziamento della folla”, si cercano in rete piccoli donatori disposti a puntare sulla bontà di un progetto. Una realtà radicata negli Stati Uniti e in altri paesi europei, ma pressoché nuova in Italia.
Cos’è – Il crowdfunding nasce dall’idea che chiunque abbia un buon progetto merita di diventare un grande imprenditore. Con una semplice connessione internet si possono raggiungere tanti piccoli investitori, disposti a scommettere su un sogno. Il rischio, in questo modo, viene ripartito su quelli che potremmo chiamare dei “mecenati digitali”, che partecipano così a una sorta di colletta telematica.
Esempi – C’è chi è riuscito finalmente a stampare il romanzo della vita, chi a organizzare il matrimonio perfetto, chi ancora a farsi finanziare un’intera collezione primavera-estate.
Claudia Vago, una giovane blogger conosciuta in rete con il nick @tigella, è riuscita a volare a Chicago nel maggio 2012 per raccontare le manifestazioni legate al movimento Occupy Wall Street, grazie alle donazioni da 10 dollari ricevute dai suoi lettori. Laura Cini, regista 44enne di Firenze, venuta a conoscenza di una terribile storia di violenza sulle donne ugandesi, stava cercando il modo per produrre il suo documentario. Si è affidata a una piattaforma on-line, ha raccontato la sua storia e ha chiesto aiuto ai naviganti. ‘Punishment Island’, il titolo della sua pellicola, ha già raccolto più di tremila euro. Diversi film al Sundance Festival 2012 sono stati prodotti proprio così e anche molti musicisti stanno lanciando il loro nuovo disco attraverso una piattaforma di finanziamento dal basso.
Ecco cosa succede negli altri paesi – In questo momento, non siamo gli unici a essere messi alle strette dalla crisi. La campagna elettorale di Barack Obama si è giocata proprio su questo tipo di fundraising e il Louvre, nel gennaio del 2011, ha acquistato da un collezionista privato la tela delle Tre Grazie di Lucas Cranach per un milione e 200mila euro, chiedendo aiuto alla rete. I nomi dei 7mila mecenati sono stati esposti nella galleria e, a un anno di distanza, il museo più visitato al mondo ci ha riprovato: ha dato l’avvio a una nuova campagna per restaurare due opere di architettura egizia. In un mese ha raccolto 500mila euro.
Qualche indirizzo – Eppela.com, uno dei più famosi siti di fundraising italiani, è stato fondato da una donna, Chiara Spinelli, pisana di 33 anni. Pioniere è stato Kickstarter.com, sito internet nato in America che oggi ha 300mila finanziatori e ha raccolto già 30milioni di dollari. Qui si aiuta un gruppo di giovani inglesi di Liverpool a riaprire una storica panetteria, qui prendono vita strani oggetti di design.
Esistono poi piattaforme dedicate come Spot.us che finanzia inchieste di giornalismo, e ancora Myshowmustgoon.com che aiuta nella realizzazione di musical, spettacoli teatrali e produzioni cinematografiche. In Italia altri social emergenti sono Kapipal.com, una specie di gemello nostrano di Kickstarter.com, fondato da Alberto Falossi autore anche di Kapipalist, il manifesto italiano del fundraising on-line. C’è poi Produzionidalbasso.com, dedicato soprattutto al mondo dell’autoproduzione letteraria e cinematografica, e Shinynote.com fondato da Roberto Basso, spin doctor della campagna elettorale di Giuliano Pisapia, che finanzia missioni no profit legate a cooperative e onlus.
Pronti, partenza, via – Una volta trovato il sito “della propria taglia”, basta mettere on-line il progetto (protetto da Creative Commons, una via di mezzo tra il Copyright e il pubblico dominio) e chiunque, a questo punto, potrà finanziarlo. Sta poi all’autore decidere se i propri investitori saranno semplici donatori o se, creando una sorta di azionariato diffuso, diventeranno anche piccoli proprietari dell’impresa. Alcuni scrittori, stilisti o artisti della rete hanno scelto anche d’inviare copie omaggio a ogni sostenitore: un piano di business sicuramente vincente.
All or nothing – “O tutto o niente”. La maggior parte dei siti chiede un tempo massimo di raccolta (per es. otto-dieci mesi) e un budget. Laddove non si riuscisse a totalizzare l’intera cifra il progetto viene chiuso e i soldi restituiti ai diversi talent scout. Caso ormai celebre quello dell’autore americano Rich Burlew che chiedeva di finanziare una riedizione del suo webfumetto: l’obiettivo per poterlo ristampare era di 58mila dollari, ma lo scrittore ne ha raccolti oltre un milione.