Acceleratori, incubatori, investimenti, opportunità legate al crowdfunding, criteri per scegliere e seguire le migliori startup: sono questi alcuni dei temi affrontati durante l’edizione di Mind the Bridge Venture Camp – Angel investing global forum, che si è tenuta l’8 e 9 novembre, a Milano.
“Questo primo forum internazionale, in Italia, dedicato agli investitori, ha superato le aspettative – afferma Alberto Onetti, Chairman di Mind The Bridge – Con questo progetto abbiamo scelto di muoverci da un evento per startup a un evento riservato a investitori e imprenditori, in linea con l’allargamento del raggio di azione della fondazione. Riteniamo, infatti, che sia importante iniziare a estendere il concetto di imprenditorialità ad altri due grandi attori, ovvero gli investitori e le imprese esistenti.”
Il panorama delle startup italiane – “Se spostiamo lo sguardo e osserviamo il tessuto delle startup italiane possiamo affermare con certezza che si è sviluppata una certa cultura e informazione attorno a questa tematica – spiega Onetti – Nonostante questo, però, è prematuro parlare di successo e insuccesso delle startup italiane, perché sono aspetti che non si possono misurare nel breve periodo, in quanto si tratta di un percorso che richiede tempi piuttosto lunghi.
Non si possono ancora fare valutazioni precise in merito, ma ciò che è certo è la crescente consapevolezza che gravita attorno allo scenario delle startup e il costante aumento dei tentativi di avviare imprese pronte a innovare. Il fallimento per gran parte di queste realtà sarà normale e fisiologico, perché fare startup porta con sé percentuali basse di riuscita. La sfida, a questo punto, è capire se tra questi tentativi c’è qualcosa che sarà in grado di avere successo, portando dei risultati importanti. Qualche segnale non manca, ma è ancora presto per azzardare previsioni: il successo, infatti, avviene quando una startup fa la cosiddetta exit, ovvero viene comprata da qualche soggetto grande.
Inoltre, se guardiamo il punto di vista della creazione di posti di lavoro, non dobbiamo dimenticarci che le startup sono soggetti imprenditoriali piccoli e offrono un contributo piccolo alla questione legata all’occupazione. Il loro contributo diventa maggiore nel momento in cui riescono a crescere e a scalare e quindi a diventare dei soggetti di grandi dimensioni. Un’altra sfida, quindi, è proprio questa: avere dei progetti in grado di crescere.”
“Il fallimento è un normale processo di apprendimento” – “Il fallimento è nella natura delle cose (consideriamo il fatto che alcuni dati emersi negli Stati Uniti dicono che l’80% delle startup fallisce) – continua Onetti – Non parlerei di fallimento, ma definirei i tentativi non andati a buon fine come dei normali processi di apprendimento.
I motivi che portano a questo possono essere molteplici: solitamente uno dei maggiori problemi riguarda la composizione del team, che in alcuni casi è troppo piccolo (a volte è rappresentato da una sola persona) o ha al suo interno competenze poco differenziate, con poca esperienza, soprattutto per quanto riguarda il lato internazionale. C’è anche, però, chi entra nel mercato troppo presto, troppo lentamente oppure chi mette in cantiere troppe cose da realizzare. Tutto ciò porta a una bassa qualità dei soggetti proponenti, che si trasferisce in una scarsa qualità del progetto imprenditoriale. Da una parte, quindi, c’è un processo di apprendimento che porta a fare in modo che i componenti del team, provando a fare impresa e sbagliando, riescano comunque ad acquisire esperienza.”
Come si può favorire il tessuto delle startup – “In Italia c’è una normativa che è ancora molto complessa e la burocrazia rappresenta un aspetto di dimensioni notevoli: questi due elementi non supportano l’avvio di nuove imprese e non aiutano dei soggetti che per loro natura hanno necessità di muoversi in tempi brevi e con flessibilità – conclude Onetti – Per prima cosa, quindi, è necessario un intervento in questo settore. Infine, bisognerebbe intervenire anche su mentalità ed educazione: è fondamentale lavorare su un atteggiamento improntato al ‘fare’ e non al lamentarsi, alla positività e non alla negatività ed è essenziale riuscire a sviluppare un modo di pensare e di agire legato alla creazione di progetti grandi e non solo piccoli o medi.
Con le nostre scuole a San Francisco, ad esempio, cerchiamo di coltivare questi aspetti, dando ai giovani imprenditori degli strumenti per farlo nel modo più adeguato. Grazie a Mind The Bridge, infatti, molte startup sono nate e continuano a crescere, raggiungendo traguardi importanti: pensiamo, ad esempio, ad Atooma (www.atooma.com), Ploonge (www.ploonge.com), Mangatar (www.mangatar.net), AdEspresso (http://adespresso.com) e Timbuktu (http://timbuktu.me/timbuktu).”
Per saperne di più: http://mindthebridge.org