È stato avviato in settimana l’iter parlamentare per la conversione in legge del Decreto scuola dell’8 aprile 2020 e proprio in questi giorni si stanno tenendo le audizioni dei sindacati del mondo della scuola presso la VII Commissione cultura al Senato. Tra queste, Anief ha presentato 30 proposte di modifica, di cui alcune riguardanti il problema delle “classi pollaio” e del mondo del precariato. Ne abbiamo parlato direttamente con il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico.
Anief ha dichiarato che “la scuola e l’università non sono tra le priorità della fase 2”. Quali sono le questioni più urgenti su cui il governo dovrebbe fare al più presto chiarezza? Per prima cosa, bisognerebbe fare chiarezza su quali siano le competenze degli organi collegiali e la loro validità nella valutazione e in quell’aspetto – definito dal decreto – di recupero degli apprendimenti. Dal nostro punto di vista questo aspetto è assodato, ma è necessario che il governo stesso faccia chiarimento sull’autonomia dei singoli istituti e quindi dei singoli organi collegiali nel definire i criteri da adottare – sia nel periodo in cui la didattica a distanza era opzionale sia ora che è diventata obbligatoria – in base alle assenze, alla partecipazione degli studenti a queste attività, tenendo ovviamente conto della disponibilità dei mezzi informatici sia dei docenti sia dei discenti. Non è accettabile che sia un’ordinanza da Roma a decidere cosa si è fatto o meno nelle scuole del resto d’Italia. Bisogna assolutamente chiarire se si vuole lasciare o meno l’autonomia ad ogni scuola di valutare per sé l’andamento dei singoli studenti o dare a tutti un 6 politico.
Non c’è il rischio che questa gestione autonoma possa creare delle diseguaglianze tra gli studenti? Assolutamente no, in quanto le programmazioni sono da sempre approvate nell’ambito degli organi collegiali, prima nei consigli di dipartimento e poi nei consigli di classe, che pur con obiettivi generali condivisi, definisce le griglie di valutazione a partire dal profilo della singola classe. Se quindi abbiamo svolto quasi un intero quadrimestre in didattica a distanza, diventa necessario non solo rivedere le programmazioni, come ha affermato lo stesso Ministro, ma anche i criteri di valutazione, valutando caso per caso, come ad esempio la presenza degli studenti, da sempre uno strumento di valutazione fondamentale. Questo almeno se si vuole far sì che questa scuola continui ad essere un’istituzione seria e fondamentale per il futuro della nostra società.
Questione docenti: che cosa chiedete per quanto riguarda la situazione attuale degli insegnanti precari? Il primo punto riguarda la necessità di ovviare al problema del precariato, un problema che il governo credeva di aver risolto in autunno con il bando dei concorsi. Ma ad oggi ci troviamo di fronte ad un ossimoro: da una parte infatti il decreto afferma che i concorsi sono sospesi, dall’altra riconosce che il ministro può comunque bandirli, cosa che sta succedendo. Ma, data la sospensione delle procedure, questi concorsi non saranno mai esplicati per avere il 1 settembre gli insegnanti in cattedra. Quindi noi chiediamo di aggiornare le graduatorie di istituto per proseguire con le assunzioni di ruolo attraverso quest’ultime. Trattandosi infatti di graduatorie per titoli, decisi dallo stesso Ministero. Se quindi un dato docente è adeguato a fare il supplente perché non può anche essere assunto di ruolo? A ciò si connette il secondo punto: permettere che i docenti che stanno svolgendo questa didattica online possano essere confermati il prossimo anno, evitando quindi il solito balletto delle supplenze. Il terzo punto riguarda invece la mobilità: all’art. 2 del decreto si legge che il Ministro tramite un’ordinanza può modificare le tempistiche e le procedure per la mobilità, “fatti salvi i vincoli esistenti”. Uno di questi impone per i docenti assunti l’anno scorso e i docenti di sostegno a cui lo impone il contratto l’obbligo per 5 anni di non potersi spostare in un’altra regione o provincia: noi contestiamo proprio questi vincoli, perché li riteniamo profondamente ingiusti e insensati. È necessario favorire non solo il diritto al lavoro, ma anche quello alla famiglia, soprattutto in questo momento di isolamento sociale. Come ultimo punto abbiamo chiesto che anche il personale di ruolo possa frequentare i corsi di riqualificazione professionale, già garantiti da 25 anni per legge, ma mai attivati, per poter consentire una nuova abilitazione in una nuova materia o in un nuovo grado di scuola.
C’è chi parla di didattica a distanza anche a settembre, è possibile questa soluzione? Quali sono le alternative? Siamo perfettamente d’accordo con il prolungamento della chiusura delle scuole per l’anno scolastico in corso. Per quanto riguarda settembre, guardiamo cosa succede nei paesi europei, come Francia o la Danimarca, che hanno deciso di riaprire le scuole. Noi suggeriamo di riaprire a settembre, ma nel rispetto delle distanze di sicurezza, quindi con classi di massimo 15 o 16 alunni, per ridurre al minimo il rischio di contagio all’interno delle scuole. Sicuramente è un progetto difficile, ma non impossibile: bisogna prima di tutto riorganizzare gli organici e risolvere il problema delle classi pollaio. Per fare questo è necessario investire nella scuola, ad esempio riaprendo i 10 mila plessi dismessi negli ultimi 15 anni, facendo un’importante operazione di messa in sicurezza degli edifici e andando a recuperare i circa 200 mila tra docenti e personale ATA che questa operazione richiederebbe. La didattica a distanza, infatti, non potrà mai superare la didattica in presenza perché ricordiamoci che il docente, oltre ad essere un insegnate, è prima di tutto un educatore.