“Il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia stanno lavorando in queste ore ad un piano straordinario di rilancio per affrontare le ricadute economiche di questa emergenza”. Queste le parole del ministro della Salute, Roberto Speranza, al Senato in merito all’emergenza Coronavirus. Ma, rassicurazioni a parte, è innegabile il forte impatto che l’arrivo del Covid-19 in Italia sta avendo sull’economia del paese, dalle piccole imprese costrette a chiudere ai titoli in Borsa in caduta libera. Tuttavia, fin da subito il governo si è mostrato deciso a conciliare la tutela della salute dei cittadini con la necessità di preservare il paese da una stasi economica che potrebbe avere effetti a medio e lungo termine disastrosi.
“I danni potrebbero essere incalcolabili”. Lo studio condotto da Confesercenti e Cer in merito all’impatto economico del coronavirus in Italia non lascia molto spazio ad interpretazioni: secondo i dati diffusi giovedì scorso ad oggi sono a rischio “3,9 miliardi di euro di consumi e 4,7 miliardi di euro di Pil”, ma se il periodo di emergenza dovesse prolungarsi i danni potrebbero divenire “incalcolabili”. In particolare, nell’occhio del ciclone sembrano esserci soprattutto le piccole imprese, mentre rientrano tra i settori più a rischio il turismo, la ristorazione, la distribuzione, i servizi alle imprese e quelli per il tempo libero: ad essere in gioco è infatti il destino di 23 mila piccole imprese e di 100 mila posti di lavoro.
Diverse sono state le misure adottate dal governo per limitare la grave perdita economica subita dalle piccole e medie imprese, ma anche delle grandi aziende situate nelle regioni settentrionali, ovvero quelle in cui è stata maggiore la diffusione del Covid-19. Il decreto del Mef riguardante “le misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-2019” ha infatti sospeso per il periodo compreso tra il 21 febbraio e il 31 marzo gli adempimenti e versamenti dovuti dalle imprese e i singoli cittadini. Inoltre, sono sospese le rate dei muti bancari – attraverso un accordo speciale con l’Associazione bancaria italiana –, e i pagamenti di energia elettrica e fornitura di gas, mentre per facilitare la liquidità delle imprese, è stato previsto l’accesso facilitato al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
Lo smart working come piano b alla chiusura degli uffici e delle aziende è inoltre una delle misure fondamentali pensata dal Consiglio dei ministri. Ad affermarne la legittimità – anche laddove non previsto dai contratti individuali – è il decreto legge sull’emergenza Coronavirus del 25 febbraio, con il quale è stato regolamentato il ricorso allo smart working o lavoro agile (ovvero quella modalità di lavoro da remoto attraverso l’utilizzo di dispositivi digitali) fino al 15 marzo 2020 per i datori di lavoro – si legge all’articolo 2 del decreto – aventi sede legale e operativa nelle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgono attività lavorativa fuori da tali territori”.
Il contraccolpo economico inferto dal coronavirus non ha risparmiato nemmeno lavoratori autonomi e partite Iva. Ad esempio, a Milano, dove “secondo dati Istat elaborati dalla Cgil – riporta Il Giorno –, sono oltre 300mila gli autonomi”, l’emergenza coronavirus potrebbe provocare “danni economici – prosegue il quotidiano – più o meno consistenti a 100-200mila persone”. Proprio per tutelare gli interessi di questa categoria il ministro del lavoro Nunzia Catalfo ha proposto un’indennità fino a 500 euro per un massimo di tre mesi per tutti i lavoratori autonomi e partite Iva delle zone rosse. Si tratta di misure singole, ma che nell’insieme dovrebbero – almeno nelle intenzioni del governo – evitare che, una volta finita l’emergenza sanitaria, l’Italia non si ritrovi costretta ad affrontare un’altra emergenza, quella legata alla crisi economica.