La Fondazione di Vittorio ha provato a fare i conti per capire quante sono le persone che continuano a lavorare nella sanità, per le forniture alimentari, per i trasporti, per i servizi di riparazione e per garantire tutti i lavori non attuabili in modalità “smart”. Si tratta di quasi 9 milioni di persone che non stanno a casa, e quindi sono più esposti al rischio di contagio, gran parte dei quali (circa 7 milioni) operano nel lavoro dipendente e in gran parte sono impegnati in attività manuali.
Nello specifico si tratta di circa 2,1 milioni di operai specializzati e agricoltori e 1,7 milioni fra conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili e conducenti di veicoli. A queste cifre si aggiungono 2,3 milioni di addetti nelle professioni non qualificate. Il numero totale di lavoratori dipendenti che, in termini generali, si possono considerare impegnati in attività manuali è quindi stimabile in 6 milioni
“Il numero di lavoratori esposti al rischio di contagio – rileva il presidente della Fondazione Di Vittorio – comprende anche le posizioni autonome del personale medico-sanitario e tecnico impegnato nel settore della salute e della sicurezza e protezione ambientale. Buona parte dei lavoratori in attività comunque, persino il personale sanitario o para-sanitario, sono coinvolti in qualche mododalla scarsità di materiale di protezione (mascherine, guanti, etc) più volte segnalata dai vari settori
Tra le categorie più esposte vanno considerate i medici (168 mila dipendenti e 140 mila autonomi), i tecnici della salute (632 mila dipendenti e 122 mila autonomi), quelli della sicurezza e protezione ambientale (58 mila dipendenti più 16 mila autonomi), i profili qualificati nei servizi sociali e sanitari (256 mila, quasi tutti dipendenti), solo per citare le categorie numericamente più rilevanti. L’ultimo allarmante dato è quello dei 2500 contagiati tra il personale sociosanitario.