L’emergenza Coronavirus riporta in attualità il tema dello smart working, una modalità lavorativa “da casa”, tanto evocata ma raramente messa in atto. Ieri il Ministero della Pubblica Amministrazione ha presentato una nuova direttiva (n. 1 del 2020) con la quale introduce il lavoro a distanza e stabilisce l’adozione di modalità flessibili della prestazione lavorativa.
Tra i destinatari della direttiva in primo piano i lavoratori portatori di patologie che li rendono maggiormente esposti al contagio; i lavoratori sui quali grava la cura dei figli, a seguito dell’eventuale contrazione dei servizi dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia, e coloro che per raggiungere la sede lavorativa utilizzano servizi pubblici.
Un invito che riguarda potenzialmente 8 mln di lavoratori (impiegati, tecnici, quadri, manager) occupabili almeno parzialmente con lo smart working, già adottato in molti paesi Ue e poco considerato, almeno finora, in Italia dove lo usano solamente 354.000 persone. Da oggi si cambia passo dato che la direttiva firmata dalla ministra della PA Fabiana Dadone prevede che venga privilegiata decisamente la modalità telematica (a distanza) per riunioni, seminari, convegni e momenti formativi.
Sono previste anche misure organizzative ad hoc per le prove concorsuali, in modo da evitare un’eccessiva vicinanza tra i candidati, il rafforzamento della pulizia e dell’aerazione dei locali di lavoro, una maggiore dotazione di presidi di igiene. Naturalmente i lavoratori che provengono dalle aree rosse o che sono entrati in contatto con persone delle medesime aree hanno l’obbligo di comunicarlo alle amministrazioni.
“Si tratta – spiega la ministra della PA, Fabiana Dadone – di misure che servono a bilanciare l’imprescindibile esigenza di proteggere la salute e garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro con la necessità di mandare avanti la complessa macchina dello Stato e di assicurare i servizi essenziali, di cui il Paese ha comunque bisogno. Ma stiamo anche lavorando a una norma che possa dare piena protezione professionale ai dipendenti della PA che saranno costretti ad assentarsi per cause di forza maggiore. Andiamo avanti con decisione e razionalità per rispondere al meglio all’epidemia”.
Favorevole il parere del vice ministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli che auspica uno smart working stabile anche dopo il superamento dell’emergenza. “Rendendolo una forma stabile -dice- riusciremo ad avere molti benefici per i cittadini lavoratori: risparmi in termini economici, ambientali, miglioramento della qualità della vita”.
In realtà nel nostro Paese, esiste già una legge sul lavoro agile (L. 81/2017) che ha introdotto norme per la flessibilità organizzativa nel mercato del lavoro italiano, ma il numero dei dipendenti coinvolti è ancora estremamente basso; nella maggior parte di casi per la diffidenza delle aziende che dovrebbero cambiare l’impostazione di base del loro lavoro, con uno sforzo organizzativo non indifferente, ma anche, a volte, per la diffidenza degli stessi lavoratori.