L’istituto italiano di tecnologia è un importante centro di ricerca, con una forte impronta tecnologica. Si trova nel cuore della Liguria, a Genova, e qui ci lavorano tantissimi giovani (l’età media è 34 anni), che ogni mattina salgono in cima a una collina per immergersi negli infiniti laboratori dell’Iit: stiamo parlando di 30mila metri quadrati di struttura, attrezzata con le più moderne e sofisticate tecnologie.
Tra questo polo, che è la sede centrale e tutti gli altri centri di ricerca Iit sparsi sul territorio nazionale, si contano ben 1200 persone, di oltre 50 nazionalità (oltre il 40% dello staff viene dall’estero). Tutti qui hanno il sogno di fare ricerca, inventare macchinari o prodotti innovativi o ancora magari scoprire ‘una particella’, che cambierà per sempre la storia dell’uomo. Abbiamo intervistato Roberto Cingolani, dal 2010 direttore scientifico del centro, che ci ha raccontato chi sono i giovani che lavorano qui, che percorso hanno svolto e soprattutto come sono stati selezionati.
Ambiente internazionale e giovane – “La nostra attività – mi spiega Roberto Cingolani – si divide tra settori strategici come nanotecnologie e la scienza dei materiali, la robotica per sistemi macchina che aiutano gli essere umani, come anche le protesi, e la scienza della cognizione del cervello, che aiuta nello studio dell’intelligenza delle macchine”.
I ricercatori che incontriamo all’IIt hanno background scientifici molto diversi. In quest’istituto, tra i più interdisciplinari del mondo, ci sono infatti 17 tipi di scienziati diversi: c’è chi sta portando a termine un dottorato in medicina o in fisica, chi ha studiato ingegneria, chimica, psicologia o informatica. “Questo – continua Cingolani – è possibile per il tipo di ricerca che svolgiamo, e che quindi c’impone di essere trasversali. È un trend che si presenta il tutto il mondo oggi”.
Reclutamento – Il sistema di reclutamento dei giovani scienziati è assolutamente internazionale: “Quando abbiamo bisogno di un cervello, quindi di una ricercatrice o di un ricercatore, mettiamo un annuncio, delle call, su alcune riviste scientifiche di settore in cui chiediamo profilo o anche sul nostro sito internet. Tutti quelli che compilano l’application vengono selezionati da un gruppo interno e si viene a formare una rosa, una short list dei candidati, che vengono sottoposti a un esame vero e proprio. L’intervista si basa sia sul curriculum sia su un colloquio, che viene organizzato con ricercatori stranieri che non operano in Italia, così da non avere dei ‘conflitti d’interesse’ in fase di scelta”.
È un meccanismo davvero neutrale e internazionale, perché è così che avviene in tutto il mondo e, forse, anche per questo qui ci sono molti stranieri: “E’ un metodo che tutti capiscono e non hanno problemi a essere valutati per i loro meriti”.
Prospettive – Abbiamo chiesto a Cingolani anche quali siano le prospettive e il futuro che sognano questi ragazzi e lui ci ha raccontato di un mondo, in cui la parola d’ordine è mobilità. Per farlo ha utilizzato una calzante metafora sportiva: “Tutti gli istituti – ha detto – sono dei trampolini di lancio, e quindi una persona brava e preparata si comporta, come un fuoriclasse in una grande squadra, per esempio, di calcio. Si gioca per emergere e per fare bella figura. Poi chiaramente, ci sono ruoli diversi: c’è il difensore, il centrocampista, l’attaccante, ma insomma l’importante è giocare bene per essere sul mercato internazionale. L’obiettivo della squadra, quindi dell’istituto, è partecipare a un grande campionato, come per esempio la ‘Coppa dei Campioni’ e avere così un riconoscimento all’estero. Per i giovani ricercatori, invece, c’è l’obiettivo di contribuire al successo della squadra e nello stesso tempo di alzare le proprie quotazioni. I nostri scienziati sono mobili, non restano qui più di qualche anno. Il nostro mondo si basa sulla mobilità”.
Settore ricerca in Italia – Ma com’è in questo momento la situazione del comparto ricerca italiano? “Oggi soffriamo di un’attitudine tutta ‘italiota’ di denigrare ciò che facciamo. Abbiamo problemi, è inutile negarlo, rispetto alla scarsità dei fondi e a una burocrazia soffocante ai limiti dell’assurdo per uno ‘sport’ così competitivo come la ricerca, e poi c’è anche una forte carenza d’infrastrutture. È vero, però, c’è anche da valutare ‘l’altro lato della medaglia’: tutti parlano di fuga dei cervelli e allora questo significa che in Italia ci sono degli scienziati validi, che qualcuno forma e forma anche bene, perché poi molti centri stranieri ci vogliono. Quindi, aldilà dei problemi, è indubbio che ci sia un comparto di formazione e ricerca che tanto scarso non è”.
E poi c’è la sorpresa delle statistiche, dove si vede che gli italiani, pur con tutti i problemi di cui ci parla Cingolani, nel settore vanno sempre a occupare posizioni di rilievo per produttività scientifica e numero di pubblicazioni. “Segno che esiste una classe di scienziati italiani davvero valida e di alto livello”.
Non si può, però, campare di rendita: questo è chiaramente anche il frutto di un passato virtuoso che, ogni anno, la precarietà della ricerca rischia di logorare. Ma Cingolani è ottimista: “Dobbiamo risolvere i problemi principali, che però sono di tipo organizzativo e finanziario, più che culturale. E quindi sono più semplici da risolvere”.
A questo proposito il direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia avanza una proposta coraggiosa: “Bisogna iniziare a guardare – ammette – anche alla ricerca italiana come si fa nel resto del mondo. Laddove ci sono centri di eccellenza e infrastrutture ottime, potenziare e premiare. Dove ci sono retaggi del passato, ricerche anacronistiche e invecchiate, come spesso nel nostro campo accade, avere invece il coraggio di chiudere. La ricerca – conclude Cingolani, tornando alla sua metafora sportiva – è come lo sport: non ci può essere troppa democrazia, ci deve essere una valutazione molto dura, con premi o punizioni”.
Per saperne di più – Se il tuo sogno è diventare uno scienziato e un ricercatore dai un occhio alle possibilità di lavoro dell’Istituto Italiano di Tecnologia. www.iit.it
Come fare per lavorare in uno dei centri di ricerca più prestigiosi del mondo?
Siamo stati a Genova, all’Istituto Italiano di Tecnologia, dove si ‘allenano’ gli scienziati del domani
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