Riceve oltre 300 curricula al mese da parte di studenti e giovani che vogliono lavorare da lui, imparare da lui e diventare come lui. Stiamo parlando di Davide Oldani, uno degli chef stellati più famosi d’Italia.
“La cucina ormai è diventata molto di moda – dice – complice la tv e i nuovi reality, ma essere un bravo cuoco significa rimboccarsi le maniche ogni giorno e lavorare in cucina, non davanti alle telecamere”. Ecco cosa ci ha raccontato a proposito della professione più invidiata del momento.
Il ristorante alle porte di Milano – Incontriamo Davide Oldani durante alcune sue lezioni a Milano, per l’evento ‘Cibo a regola d’arte’, organizzato da Rcs. Qui mostra a curiosi e appassionati di cucina alcune sue specialità: il risotto allo zafferano e la cipolla caramellata.
“Un cuoco – spiega – verrà ricordato per uno, al massimo due piatti, in tutta la sua carriera. La maggior parte dei miei clienti, per esempio, viene al ristorante per provare la cipolla e, spesso, mi tocca alzarmi anche prima delle sei del mattino per iniziare a cucinarla”.
Davide Oldani dirige dal 2003 il ristorante D’O di Cornaredo, grazie al quale ha anche ricevuto un Ambrogino d’oro. Il motivo? Ha deciso di stare alle porte di Milano, per regalare i sapori della cucina stellata a tutti i ‘portafogli’. Qui i suoi piatti Michelin, imitati in tutto il mondo, hanno infatti prezzi più che competitivi: “L’ho definita cucina Pop la mia – spiega – che significa permettere a tutti di venire a trovarmi, offrendo ricette popolari, cioè del territorio”. Una ricetta che senza dubbio ha avuto grande successo: andare a trovarlo, come dice lui, è oggi pressoché impossibile. Ci sono liste d’attesa di oltre sei mesi.
Il percorso di formazione e i primi lavori – Davide Oldani, nonostante sia uno degli chef più quotati e interessanti del panorama internazionale, continua a preferire l’appellativo di cuoco e quello di chef e continua a chiamare ‘trattoria’, il suo ristorante stellato.
“A chi mi manda il curriculum dico sempre che è necessario studiare, studiare e studiare, prima di tentare la fortuna tra i fornelli delle grandi cucine”. Oldani, infatti, dopo aver conseguito il diploma dell’istituto alberghiero, ha iniziato la propria carriera viaggiando per il mondo: il primo cuoco ad accoglierlo è stato Gualtiero Marchesi, poi si è spostato a Londra al ‘Le Gavroche’ di Albert Roux, a Montecarlo da Alain Ducasse presso il ristorante ‘Le Louis XV’ e a Parigi, con Pierre Hermè da ‘Fauchon’.
“Credo molto nella gavetta e anche nel lavoro di squadra – spiega -. Bisogna cercare d’imparare il più possibile dai grandi maestri, per poi provare a ‘fare la propria cucina’, che significa ritornare a casa, come ho fatto io tornando a Cornaredo, e mettersi a proporre i piatti della propria infanzia. Questo è il segreto del mio risotto: ho imparato a cucinarlo, guardando mia mamma”.
Essere chef nel 2013 – “Oggi è impossibile trovare il tempo per andare al mercato e scegliersi da soli la materia prima, e per questo è di vitale importanza trovare buoni contatti. Il mio fornitore è l’undicesimo uomo in cucina”, spiega Oldani, la cui seconda passione, dietro alla cucina, è propria il calcio. Una delle peculiarità del D’O è proprio nella scelta dei prodotti: “Privilegio sempre i frutti della mia terra, quindi cerco di contattare produttori locali e della zona, in modo che io possa davvero conoscere la provenienza della materia prima e, nello stesso tempo, tentare di controllare i prezzi”.
Essere chef nel 2013 quindi significa soprattutto questo: stare attenti oltre che alla qualità anche ai costi. Entrando al D’O, infatti, non ci si deve stupire se si troverà apparecchiata la tavola con una sola posata: si chiama ‘passepartout’ e fa da cucchiaio, forchetta e coltello. I bicchieri, poi, sono più bassi di quelli tradizionali e creati con un materiale molto resistente. “Mi sono reso conto che consumavamo tanto in detersivi per piatti e stoviglie e, soprattutto, che i miei bicchieri si rompevano spesso”. Così è nata una collezione di design firmata da lui, con bicchieri e posate create ad hoc per il suo ristorante: “Oggi bisogna essere cuochi e anche imprenditori”, conclude Oldani.
Per saperne di più – www.cucinapop.do
6 commenti
Bhè, di certo erano anche altri tempi, dove l’alberghiero insegnava veramente qualcosa e dove entrare in una cucina non era così difficile come adesso. Se adesso un ragazzo uscito dall’alberghiero volesse imparare dal grande maestro Gualtiero Marchesi…lo prendono per pazzo, perché è già tanto se trova lavoro come lavapiatti in qualche bettola. Ovvio che la gavetta è importante e bisogna fare esperienza sul campo per imparare, ma secondo me si dovrebbe dare la possibilità a noi giovani di farla questa esperienza, poi chi vuole e se la sente, dopo un pò di anni, può anche andare dai grandi miti. Sperando che anch’essi lo prendano per insegnarli qualcosa, altrimenti si mette mano al portafogli e si va nei loro corsi. Sempre se si ha la possibilità monetaria per farlo.
Ciao ho scoperto il tuo blogg per fortuna, Ciao.
Ciao Ho condiviso tutto il tuo articolo, come tutti, trovo apprezzabile il
tuo bel blog e penso che ti aggiungerò ai bookmarks, Bye
Vero che i tempi cambiano e la cucina evolve dalla nouvelle cuisine alla tecnica molecolare quindi si può concepire anche che lo chef di ieri oggi diventi una star …nulla da eccepire ,purché non si esageri in questo senso e non si tenti di deformare il reale servizio che lo chef dovrebbe fornire al cliente che si rivolge alla sua struttura
Ciao Mi piace il tuo articolo, come gli altri, mi pare apprezzabile
il tuo blog e penso che ti aggiungerò ai miei segnalibri,
Grazie!
Ciao buona sera sono il signor Nastasia Daniele o 15anni di mestiere o31anni di età pero oggi menacorgo che o problemi sul lavoro perche non o un diploma ora sono disocupato fino lanno scorso o lavorato al ristorante mon amor a guagnano e dieci anni in svizzera e un anno in emilia romagna ora sono sposato e non olavoro vorrei creschere un cucina e non trovo loccasione perche non o soldi per i corsi per fare lo shef stellato