Braccianti stranieri in fuga dai campi del Veneto per paura del coronavirus. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti in Veneto, una delle aree più colpite dal contagio.
La questione è stata affrontata al tavolo sull’agricoltura della Regione Veneto dopo che, nei giorni scorsi, la Romania, da cui proviene la maggior parte dei lavoratori impegnati nei campi del Nord Italia, ha imposto un periodo di isolamento ai suoi cittadini che rientrano dalle regioni più colpite. Anche Polonia e Bulgaria hanno adottato misure restrittive. Quest’ultima in particolare chiede a tutti i passeggeri provenienti da tutte le Regioni italiane (sintomatici ed asintomatici) di compilare al rientro un questionario, in presenza di un ispettore sanitario con l’invito ad osservare una quarantena al proprio domicilio nel Paese. Molti braccianti quindi avrebbero deciso di non presentarsi al lavoro, nonostante gli impegni presi, e di spostarsi in altre regioni meno a rischio, con danni economici seri secondo Coldiretti.
Ma una netta diminuzione di braccianti provenienti dalla Romania e dalla Polonia c’è stata anche lo scorso anno, e negli anni precedenti, rilevano i Sindacati, secondo i quali “in molti stanno tornando nel loro Paese perché qui venivano sfruttati: ora verranno sostituiti dai profughi e dai richiedenti asilo, che a volte prendono solo 3 euro l’ora”.
La regione pensa di reintrodurre i voucher ma i sindacati sono fortemente contrari. “Servono invece -è scritto in una nota comune di Fai, Flai e Uila- proposte per garantire ammortizzatori sociali a un settore che ne è privo” e proposte “per garantire il reddito alle famiglie e incentivare la manodopera a lavorare nel settore agricolo”. Per questo i sindacati hanno chiesto un incontro in tempi brevi ai rappresentati delle imprese e delle istituzioni.