Si è chiusa oggi la 24a edizione di JOB&Orienta, salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro, da giovedì 20 novembre alla Fiera di Verona: più di 500 le realtà presenti nei padiglioni espositivi, 150 gli appuntamenti culturali, in cui sono intervenuti circa 300 relatori, e oltre 65.000 visitatori tra cui numerosi soprattutto i giovani bisognosi di orientamento nel panorama dell’offerta formativa e quelli in cerca di un’occupazione e delle relative indicazioni circa i reali sbocchi sul mercato, le figure professionali e le competenze maggiormente richieste.
A JOB – quest’anno riconosciuto dal Ministero del Lavoro come Youth Corner ufficiale del Piano di Garanzia Giovani -, numerose e intense le testimonianze di molti giovani: i loro sogni e le speranze, le ambizioni e motivazioni, le difficoltà e i successi. Voce ai ragazzi coinvolti in esperienze di alternanza scuola-lavoro, a quelli occupati nelle aziende dove avevano svolto lo stage durante gli studi di istruzione tecnica superiore, ma anche ai nuovi “capitani d’azienda” under 35 che si sono messi in gioco avviando una propria attività imprenditoriale.
Filo conduttore dell’edizione 2014 è stato infatti il tema “imparare lavorando”: al centro di convegni ed eventi l’urgenza di “abbattere il muro ideologico” che, seppur in misura minore rispetto al passato, ancora persiste fra mondo della scuola e del lavoro. In particolare, la tre giorni nazionale è stata vetrina della “buona scuola”, mettendo in rassegna tante best practice esistenti nelle nostre Regioni, che giorno dopo giorno sui territori rafforzano o costruiscono ex novo ponti fra rete scolastica e formativa, istituzioni e sistema economico-produttivo. Eccellenze disseminate da Nord a Sud lungo tutto il Paese (pur con differenze), che costituiscono una risorsa e un modello da valorizzare anche in termini di coesione sociale, nella misura in cui riducono le distanze fra due pianeti: quello di chi oggi un’occupazione già ce l’ha e quello dei (più o meno) giovani che devono capire come assicurarsi un futuro. La “buona scuola” che già c’è nel Paese reale può fungere dunque da vero e proprio collante in questa complicata fase storica “del lavoro che manca”, contribuendo a ricucire lo strappo sociale generazionale tanto esacerbato da crisi e recessione.
Fra queste esperienze concrete rientra senz’altro l’alternanza scuola/lavoro, opzione formativa che riserva agli alunni delle scuole secondarie la possibilità di realizzare il proprio percorso intervallando periodi di studio a momenti di lavoro; e ancora gli ITS (Istituti tecnici superiori), percorsi non universitari di livello terziario nati in coerenza con le diverse vocazioni economiche dei territori, in continua crescita per numero di iscritti e di corsi, con percentuali di occupabilità vicine al 70%.
Significative anche le testimonianze dirette, che a JOB hanno evidenziato come le aule della formazione professionale e degli istituti tecnici sappiano essere vere e proprie fucine di innovazione e creatività. E ancora quelle dei makers (“artigiani digitali”) e degli “abitanti” dei fablab, ma anche dei giovani “digitalizzatori” under 28 del progetto Unioncamere/Google “Made in Italy: eccellenze in digitale”, che affiancano le aziende per lanciarne la presenza nel web. Un contributo fondamentale, insomma, quello delle nuove generazioni, senza il quale non può verificarsi quel cambio di marcia essenziale alle aziende per innovarsi e rafforzare la propria competitività.
«Chi ha vissuto queste tre intense giornate ha potuto conoscere un’Italia che funziona e che non ci raccontiamo mai – commenta Claudio Gentili, coordinatore del comitato scientifico di JOB&Orienta e direttore Education per Confidustria -. L’Italia degli ITS con i suoi ragazzi assunti, l’Italia dell’alternanza scuola lavoro, l’Italia dei tre miliardi di euro del Pon-Programma operativo nazionale per i programmi di formazione e l’Italia delle Regioni virtuose».