Siamo di fronte a una grande riconversione? Il Covid ha rivelato che una percentuale importante di dipendenti cerca più significato nella propria vita lavorativa; il 78% (3 italiani su 4) sarebbe disposto a prendere in considerazione un cambio totale di carriera. Direttori ed HR Manager sono consapevoli del fenomeno e si stanno attivando per programmi di retraining, ma solo il 24% ha già implementato misure.
Del resto lo sviluppo delle competenze è sempre più vitale per adattarsi alle trasformazioni in atto: in particolare per quella digitale (61%), quella legata alle nuove modalità di lavoro (52%) e quella sulla sicurezza informatica/cybersecurity (39%). Sono queste, infatti, le 3 grandi sfide – seguite da Diversity & Inclusion e transizione ecologica – che avranno il maggior impatto secondo gli HR Manager, tanto che il 37% dei programmi di formazione implementati sono programmi di upskilling o di professionalizzazione (36%).
C’è comunque una minore preoccupazione rispetto ai lavori a rischio obsolescenza per i prossimi 3 anni; lo ritiene il 20% degli HR (-25 punti rispetto al 2021 e solo il 12% in Italia) e vale anche per i dipendenti (il 23% teme di vedere scomparire il proprio lavoro, in calo di 7 punti percentuali).
Oltre all’upskilling si stanno affermando anche approcci di reskilling per la mobilità interna, citati dal 60% degli HR e da interpretare come possibile rimedio alle crescenti difficoltà nel reclutare e trattenere i talenti.
Da segnalare poi come 9 dipendenti su 10 siano disposti ad autoformarsi, un dato costante negli ultimi 3 anni, e come il 64% senta lo sviluppo delle competenze una responsabilità condivisa tra azienda e lavoratore (59% degli HR, +16% rispetto al 2021). Ma solo il 40% dei lavoratori ritiene che l’organizzazione soddisfi le proprie esigenze di formazione “just in time” e il 42% che la risposta arrivi troppo tardi rispetto a quando si è manifestato il bisogno formativo.
Questi tra i primi dati delCegos Observatory Barometer “Transformations, skills and learning” – survey annuale realizzata dal Gruppo Cegos, tra i principali player nel Learning & Development di cui si è appena conclusa l’edizione 2022 – per comprendere i cambiamenti che incidono sul mondo della formazione, anche e soprattutto a seguito della crisi legata al COVID-19. Ha coinvolto 377 rispondenti tra i professionisti HR (di cui 60 italiani) e 4.001 dipendenti (501 italiani), suddivisi tra 7 Paesi: Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Singapore e Brasile, oltre appunto la nostra penisola.
“Sono in atto molte trasformazioni sul lavoro e sono tutte legate allo sviluppo delle competenze: transizione ecologica, diversità e inclusione, futuro e significato del lavoro, impatti tecnologici sulle professioni, nuovi modelli di gestione. In queste sfide al centro vi sono l’occupabilità degli individui e le performance delle organizzazioni – commenta Emanuele Castellani, CEO di Cegos Italy & Cegos Apac –. Interessante notare come l’esperienza acquisita con la crisi sanitaria abbia per certi aspetti rassicurato le aziende sulla loro capacità di resilienza e di adattamento. Non va però abbassata la guardia; di fronte ai cambiamenti in atto e al crescente interesse dei dipendenti nello sviluppo delle proprie competenze, le organizzazioni devono essere in grado di offrire una gamma di opportunità di formazione, mobilità e riqualificazione dinamiche e chiare e devono renderle anche più visibili internamente per incoraggiare un maggiore coinvolgimento dei dipendenti. Un’attenzione particolare va riservata ai “serial learner” capaci di influenzare positivamente i colleghi e che potrebbero rappresentare una grave perdita di competitività se non ascoltati, soprattutto alla luce dell’impennata di dimissioni dell’ultimo anno, spesso legate alla ricerca di condizioni più vicine alle proprie aspettative e valori”.
Le sfide della formazione just in time per personalizzare e diversificare il learning journey
- Il 55% di Responsabili delle Risorse Umane ritiene che sia difficile far corrispondere i bisogni di competenze della propria organizzazione con l’offerta di formazione (+ 10 punti rispetto al 2021).
- Per costruire i programmi di formazione, gli HR Director si basano su 4 driver: le sfide che riguardano ruoli e competenze della propria organizzazione, la variazione della business strategy, le esigenze individuali e le esigenze delle linee di business.
- Da migliorare per il 41% degli HR Director (+8 punti rispetto al 2021) soprattutto le competenze digitali, così come le competenze manageriali (39%, in aumento di 6 punti vs 2021), a seguire le soft skill; tra queste ultime l’organizzazione efficiente del lavoro, la creatività e il senso dell’innovazione sono in cima alle priorità dei dipendenti, mentre agilità e adattamento sono al top per i Professionisti HR.
- Sul campo, l’apprendimento blended e quello online sono ancora favoriti dai referenti HR. Il 60% di loro (in aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2021) ha attivato negli ultimi due anni corsi di formazione online, il 49% corsi blended e il 41% corsi in aula.
- Per gli HR Manager, oltre che per i dipendenti, due temi sono prioritari: la personalizzazione dei percorsi formativi e la diversificazione delle modalità formative. Per i dipendenti la formazione dovrebbe contemplare anche simulazioni e applicazioni on the job.
- Tra le nuove modalità formative, tre sembrano suscitare un crescente interesse tra i decisori HR, in linea con le due issue sopracitate: l’Adaptive Learning (45%),il Social Learning (42%) e il Design Thinking (41%).
- I Data Learning,invece, sono una leva essenziale… ma ancora poco utilizzata.Il37% degli HR Manager afferma di usarli per migliorare l’esperienza di apprendimento, ma l’11% dichiara di non utilizzarli affatto.
- Due sono i principali KPI monitorati dagli Addetti HR: la user satisfaction (per il 61%) e i learning outcome (55%); l’impatto sulle performance è solo al quarto posto con il 45%.
– Nota stampa Cegos Italia –