A poche ora dall’annuncio del raggiungimento dell’accordo sul Recovery Fund, mentre tutti osannavano alla vittoria del Presidente Conte per l’Italia, il Segretario Generale della Ugl, Paolo Capone aveva già espresso il suo parere negativo in merito all’esito della trattativa definendo il Recovery Fund un “prestito condizionato a misure ‘lacrime e sangue’ per gli italiani”. In un’intervista esclusiva ci spiega quali sono le ragioni che lo hanno portato a fare tali considerazioni e marca stretto il governo: “Noi vigileremo sulle scelte” e sulle decisioni che verranno prese – avverte Capone – per fare in modo che “il pericolo di subire ulteriori danni allo stato sociale” non diventi realtà.
Il premier Giuseppe Conte ha presentato il risultato ottenuto come “una grande vittoria”, tuttavia c’è anche chi è molto critico al riguardo. Come è andata, dunque? Chi vince e chi perde alla fine delle trattative epocali sul Recovery Fund? Il risultato ottenuto dal Presidente Conte altro non è che l’ennesimo prestito da restituire e da poter usare soltanto a patto di ulteriori sacrifici. In questa trattativa esce principalmente sconfitta l’idea di Europa. La speranza di costruire un sistema di regole basato sulla solidarietà, infatti, si è rivelata un’utopia. È ormai evidente il fallimento dell’attuale assetto comunitario così come è stato configurato dai banchieri e dalla grande finanza. Occorre ribadire che siamo in presenza di un’Europa matrigna solerte nel chiedere agli Stati di svendere i propri asset strategici, del tutto insensibile e sorda alle istanze dei cittadini e bloccata dal meccanismo di veti reciproci che ne paralizzano il sistema decisionale.
Le risorse del Recovery Fund possono favorire la crescita dell’occupazione o quantomeno arrestare l’inesorabile discesa che, complice l’emergenza Covid, ad aprile ha portato la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi a quota – 679mila? Come sindacato vigileremo sulle scelte del Governo affinché venga data priorità alle istanze dei lavoratori e dei cittadini. Tuttavia, occorre tenere presente che stiamo parlando di fondi che arriveranno tra un anno, soltanto se l’Italia accetterà di attuare le riforme imposte dalla Commissione Ue. Mentre a Bruxelles si discute di un piano chiamato ‘Next Generation EU’, secondo le stime dell’Inps la contrazione delle assunzioni riscontrata ad aprile 2020 in Italia, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è pari al – 83%. Tali dati rischiano di essere un’anticipazione di quello che ci attende. Occorre, pertanto, intervenire immettendo liquidità nell’economia reale per scongiurare un’imminente ecatombe occupazionale che potrebbe avere serie ripercussioni sulla tenuta sociale del Paese.
Lei ha definito il Recovery Fund come “un piano di rilancio subordinato a misure ‘lacrime e sangue’ per gli italiani”. A cosa fa riferimento? A cosa dobbiamo prepararci? Faccio riferimento prevalentemente alle condizionalità previste dall’accordo. Si tratta di clausole tali da vincolare la politica economica e industriale dell’Italia alle decisioni della Commissione Ue che si sostituirà di fatto alla Troika. La cornice in cui si inserisce l’accordo, inoltre, è quella dei Trattati europei che sono intrinsecamente basati sulla logica dell’austerity. Considerato che i fondi di cui l’Italia beneficerà nei prossimi anni sono in gran parte prestiti, ciò comporterà un ulteriore indebitamento per il nostro Paese. Quando si deciderà di ripristinare la disciplina in materia di pareggio di bilancio, potremmo essere costretti ad adottare misure di macelleria sociale coerenti con i parametri di Bruxelles.
Quali sono i rischi o le opportunità che vede all’orizzonte per pensionati e lavoratori? Il pericolo è quello di subire ulteriori tagli allo stato sociale, sul modello delle politiche attuate dal Governo Monti. Mi riferisco in particolare alla reintroduzione della legge Fornero e alla possibile previsione di nuove tasse patrimoniali, diktat simili a quelli imposti alla Grecia che hanno provocato lo smantellamento del welfare e il conseguente impoverimento della classe media.
Ora, ad accordo raggiunto, su quali fronti ed in che modo deve intervenire l’Italia per far sì che le risorse vengano utilizzate in maniera proficua? Quali sono le priorità su cui investire? In primis serve una classe dirigente all’altezza e in possesso di competenze adeguate al fine di traghettare l’Italia in una nuova fase di rilancio economico. Finora l’esecutivo si è limitato ad adottare provvedimenti spot o misure tampone a carattere meramente assistenziale. E’ necessario varare riforme mai attuate, mi riferisco in particolare ad un piano ‘Marshall’ di investimenti in piccole, medie e grandi opere sul territorio, alla riforma del fisco che consenta liberare le imprese dalla morsa insostenibile delle tasse, all’importante opera di sburocratizzazione e semplificazione indispensabile per far ripartire gli oltre 700 cantieri ancora bloccati. Occorrono, dunque, misure ad alto effetto moltiplicatore del Pil in grado di dare impulso alla modernizzazione dell’Italia favorendo al contempo la formazione di nuovi posti di lavoro.