Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 del 6 aprile 2021 la legge n. 46/2021 che contiene la delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi volti a “riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale”. Con la denominazione “unico” si fa riferimento ad una misura che ha lo scopo di unificare e potenziare i contributi esistenti a sostegno delle famiglie con figli a carico. 21,6 miliardi a disposizione tra risorse già stanziate in passato, nuove risorse previste dalla legge di Bilancio 2021 anche per i prossimi anni e minori costi derivanti dalle sei misure di sostegno al reddito che verranno sostituite dall’assegno unico. Questo sarà, inoltre, “universale” in quanto spettante a tutte le famiglie con figli, senza distinzione tra lavoratori dipendenti ed autonomi, poiché il contributo economico mensile dipenderà dalla situazione economica del richiedente, così come risultante dall’indicatore ISEE, ma avrà probabilmente una componente fissa e verrà assicurato per ogni figlio minorenne e per ogni nascituro dal settimo mese di gravidanza. L’assegno sarà, inoltre, compatibile con altre forme di sostegno, come per esempio il reddito di cittadinanza, e verrà riconosciuto sotto forma di credito di imposta o erogazione diretta della somma dovuta.
L’assegno unico sostituirà sei misure di sostegno. In particolare verranno eliminati:
1) l’assegno ai nuclei con almeno tre figli minori, di cui all’articolo 65 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998. Tale misura, introdotta nel 1999, prevede l’assegnazione di un importo mensile alle famiglie con tre figli minori di 18 anni a carico. Nel 2020 la misura massima di tale assegno era di 145,14 euro mensili per 13 mensilità, spettante alle famiglie con ISEE inferiore a 8.788,99 euro (per 5 componenti);
2) l’assegno di natalità, di cui all’articolo 1, comma 125, della legge n. 190 del 23 dicembre 2014, all’articolo 23-quater, commi 1 e 2, del decreto legge n. 119 del 23 ottobre 2018 convertito con modificazioni dalla legge n. 136 del 17 dicembre 2018, e all’articolo 1, comma 340, della legge n. 160 del 27 dicembre 2019. Introdotto dalla legge di Stabilità 2015, riconosciuto per ogni figlio adottato o nato entro l’anno considerato e corrisposto fino al primo anno di età o fino al primo anno di adozione. Il contributo previsto è scaglionato per fasce di reddito; nel 2020 era pari a 1.920 euro annui per famiglie con ISEE non superiore a 7.000 euro, di importo pari a 1.440 euro per un valore dell’ISEE superiore a 7.000 euro ma inferiore a 40.000 euro, pari a 960 euro per le famiglie con ISEE superiore a 40.000 euro. A partire dal 2019, inoltre, per i figli successivi al primo l’importo viene aumentato del 20%;
3) il premio alla nascita o all’adozione, di cui all’articolo 1, comma 353, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016. Introdotto con legge di Stabilità 2017, la misura consiste in un contributo una tantum per un importo pari a 800 euro, erogato in unica soluzione e spettante al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione;
4) il fondo di sostegno alla natalità. Previsto dall’articolo 1, commi 348 e 349, della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016. Istituito con legge di Bilancio 2017 e con una dotazione di 13 milioni di euro per il 2020 e 6 milioni di euro a decorrere dal 2021. Il fondo è diretto a favorire l’accesso al credito alle famiglie con uno o più figli fino a tre anni (o fino a tre anni di adozione) tramite il rilascio di garanzie a banche e intermediari. Nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, inoltre, le seguenti misure verranno gradualmente superate o soppresse.
5) le detrazioni IRPEF per figli a carico, previste dall’articolo 12, commi 1, lettera c), e 1- bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986. Esse spettano in misura inversamente proporzionale al proprio reddito e si annullano per redditi pari o superiori a 95.000 euro;
6) l’assegno per il nucleo familiare, previsto dall’articolo 2 del decreto legge n. 69 del 13 marzo 1988, convertito con modificazioni dalla legge n. 153 del 13 maggio 1988, nonché gli assegni familiari previsti dal testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 797 del 30 maggio 1955. Introdotto nel 1988 e spettante per un importo che dipende dal reddito e dal numero dei componenti del nucleo.
Queste misure ammontano a circa 15 miliardi di euro secondo una stima dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio e corrispondono alla quasi totalità delle spese per le famiglie, identificata dall’Istat in 16,7 miliardi nel 2019. Le misure di sostegno escluse, che ammontano a circa 2 miliardi, sono: i Bonus asili nido, i Congedi parentali e relative indennità, la Carta famiglia (attivata solo nel 2020) e il Fondo politiche per la famiglia (le cui risorse vengono utilizzate sia a livello centrale sia a livello locale). L’assegno unico coprirebbe, quindi, quasi tutte le misure esistenti ad oggi.
Le risorse a disposizione
Ancora non è stabilito esattamente l’importo dell’assegno, ma si delega il Governo a determinarlo sulla base delle risorse disponibili. Le risorse derivanti dall’eliminazione delle sei precedenti forme di sostegno sono, come è stato già anticipato, di circa 15 miliardi. A queste si aggiungono le risorse stanziate appositamente dalla legge di Bilancio per il 2020 (1.044 milioni per il 2021 e 1.244 a partire dal 2022) per la creazione di un fondo assegno universale, risorse che sono state incrementate di circa 3 miliardi per il 2021 stanziati dall’ultima legge di Bilancio. La stessa legge ha anche istituito un apposito fondo per l’attuazione della riforma fiscale, la cui dotazione sarà utilizzata per l’assegno universale e servizi alla famiglia per una quota compresa tra i 5 e i 6 miliardi a partire dal 2022. In totale le risorse per l’assegno universale ammonterebbero per il 2021 a circa 19 miliardi e dal 2022 a circa 21,6 miliardi. L’aumento rispetto ai precedenti benefici per la famiglia ammonterebbe a circa il 40% nel 2022, quando la riforma che è prevista dal 1° luglio 2021 entrerà a pieno regime.
Al momento l’Italia è molto al di sotto della media UE in termini di aiuti alle famiglie con figli. La spesa pubblica per il sostegno delle famiglie nel 2017, infatti, era per l’Italia pari all’1,1% del Prodotto Interno Lordo (PIL) contro una media UE pari al 2,2%. L’incremento di risorse derivante dagli stanziamenti per l’assegno unico a partire dal 2022 (cioè dal momento in cui il valore si stabilizzerà in base alle disposizioni attuali) è pari a 6 miliardi (21,6 miliardi cui sottrarre i 15,6 attualmente spesi per famiglie con figli a carico).
Ipotizzando che la media UE della spesa in percentuale di PIL resti invariata, ciò vorrebbe dire che l’Italia vi si avvicinerebbe alla quota europea raggiungendo un valore dell’1,5%: passerebbe dall’avere un valore pari a metà della media UE ad uno pari al 68% della stessa. In particolare, se si assumesse anche che i valori della spesa per i singoli 27 paesi UE fossero uguali a quelli del 2017 l’Italia guadagnerebbe 7 posizioni, passando dalla venticinquesima alla diciottesima1.
Trattandosi, come detto, di una legge delega la riforma prenderà corpo solo quando il Governo, su proposta del Ministro con delega per la Famiglia, del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza unificata, emanerà i decreti legislativi volti a riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale.
Ambito di applicazione
L’assegno sarà destinato a tutte le famiglie, compresi i lavoratori autonomi. In particolare, potranno ricevere l’assegno unico i nuclei familiari con figli indipendentemente dal fatto che il genitore sia:
• lavoratore subordinato;
• lavoratore autonomo;
• percettore di misure di sostegno al reddito.
L’assegno è riconosciuto mensilmente per:
• ciascun figlio nascituro a decorrere dal settimo mese di gravidanza;
• ciascun figlio minorenne a carico;
• ciascun figlio maggiorenne a carico e fino al compimento del ventunesimo anno di età purché frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale o un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa limitata con reddito complessivo inferiore a un determinato importo annuale, sia registrato come soggetto disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro; svolga il servizio civile universale;
• ciascun figlio disabile anche dopo il compimento del ventunesimo anno di età, qualora risulti ancora a carico.
Condizioni di spettanza
L’assegno è riconosciuto a entrambi i genitori, tra i quali viene ripartito in egual misura. In loro assenza spetta a chi esercita la responsabilità genitoriale. In caso di separazione legale ed effettiva, annullamento o divorzio l’assegno, se manca un accordo viene erogato al genitore affidatario. Nel caso di affidamento congiunto o condiviso, invece, l’assegno è ripartito in pari misura tra i genitori. In caso di figlio maggiorenne a carico l’importo può essere corrisposto direttamente al figlio, su sua richiesta, al fine di favorirne l’autonomia.
I genitori devono possedere cumulativamente i seguenti requisiti:
• avere la cittadinanza italiana o essere cittadini comunitari, o un suo familiare, con diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente, ovvero essere cittadini extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca, di durata almeno annuale;
• essere soggetti al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
Calcolo dell’assegno
La legge delega traccia la cornice entro la quale il Governo dovrà muoversi per la determinazione dell’ammontare dell’assegno. In primo luogo viene stabilito che il beneficio è modulato sulla base della condizione economica del nucleo familiare, individuata attraverso l’ISEE o sue componenti, tenendo conto dell’età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare. L’importo base in tal modo definito è soggetto a maggiorazioni in caso di figli successivi al secondo nonché per le madri con meno di 21 anni. Indicazioni più dettagliate vengono fornite per la determinazione dell’assegno a favore dei figli disabili. La maggiorazione dell’assegno dovrà essere prevista secondo un’aliquota non inferiore al 30% e non superiore al 50% per ciascun figlio con disabilità, rispettivamente minorenne o maggiorenne e di età inferiore a 21 anni, con importo della maggiorazione graduato secondo le classificazioni della condizione di disabilità. Ai figli disabili di età pari o superiore a ventuno anni, ancora a carico, non spetta invece alcuna maggiorazione.
Modalità di corresponsione e prestazioni compatibili
L’assegno è liquidato come credito d’imposta ovvero come erogazione mensile di una somma in denaro. Se il nucleo familiare è titolare di reddito di cittadinanza o di pensione di cittadinanza l’assegno è corrisposto congiuntamente e secondo le modalità di erogazione del beneficio economico relativo al medesimo reddito (o pensione). La percezione dell’assegno è quindi pienamente compatibile con la fruizione del reddito di cittadinanza tuttavia, ai fini della determinazione dell’ammontare complessivo, si tiene eventualmente conto della quota del beneficio economico del RdC attribuibile ai componenti di minore età presenti nel nucleo familiare. L’assegno è compatibile anche con la fruizione di eventuali altre misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali. L’importo percepito a titolo di assegno unico e universale non viene computato come reddito ai fini della richiesta e delle prestazioni sociali agevolate, dei trattamenti assistenziali e di altri benefici e prestazioni sociali previsti da altre norme in favore dei figli con disabilità. Le borse di lavoro volte all’inclusione o all’avvicinamento in attività lavorative di persone con disabilità non sono considerate ai fini dell’accesso all’assegno e per il calcolo dello stesso.
Vantaggi e svantaggi dell’assegno
Secondo l’Istat la riforma dell’assegno unico determinerebbe un incremento di reddito per il 68% delle famiglie, in particolare quelle dei lavoratori autonomi che oggi non percepiscono gli Anf e coloro che non raggiungono la soglia per la capienza delle detrazioni fiscali (redditi molto bassi e famiglie numerose). Per ben il 29,7% si avrebbe invece un peggioramento a livello di aiuti.
In particolare risulterebbero danneggiati:
• i nuclei familiari con figli over 21 a carico dei genitori che resterebbero esclusi sia dall’assegno unico che dalle attuali detrazioni;
• le famiglie particolarmente numerose dal momento che la scala di equivalenza dell’ISEE dal quarto figlio attribuisce valori in proporzione inferiori;
• le coppie di fatto che oggi per il calcolo degli Anf possono computare il solo reddito del richiedente mentre passando all’ISEE dovranno considerare i redditi di entrambi i genitori;
• I nuclei che possiedono un patrimonio mobiliare e immobiliare, anche se questo costituisce un onere (ad esempio pagamento Imu).
Per il 2,4% dei genitori non cambierebbe nulla. Di seguito alcune previsioni degli importi dell’assegno basate sulla relazione Arel/Feg/Alleanza per l’infanzia. La previsione prevede l’universalismo dei beneficiari con un moderato grado di selettività: considera un importo dell’assegno costante pari a 1.930 euro all’anno (161 euro al mese) per ciascun figlio minorenne e a 1.158 euro all’anno (97 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne fino ad un livello di ISEE pari a 30.000 euro (oltre alle maggiorazioni). A partire dai 30.000 euro di ISEE il valore dell’assegno decresce in modo non lineare sino a 52.000 euro, con una concavità verso il basso che tende a tutelare maggiormente i nuclei con ISEE meno elevato. Oltre 52.000 euro di ISEE l’assegno resta costante a 800 euro all’anno (67 euro al mese) per ciascun figlio minorenne a carico e a 480 euro all’anno (40 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne.
Approfondimento a cura della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.