Il disegno di legge governativo di riforma del mercato del lavoro noto come Jobs Act è stato approvato in via definitiva al Senato da pochi giorni. Il testo prevede 5 deleghe al Governo, che dovranno essere esercitate entro 6 mesi dall’approvazione della legge. Si tratta dei cosiddetti decreti attuativi che il Governo dovrà approvare nel tempo indicato, relativi alla riforma delle politiche attive del lavoro e dei servizi per l’impiego, al riordino delle forme contrattuali esistenti con l’obiettivo di ridurle e al potenziamento dell’attività ispettiva, alla semplificazione degli adempimenti e delle procedure burocratiche di gestione dei rapporti di lavoro, al riordino degli ammortizzatori sociali e alla revisione della disciplina relativa alla conciliazione delle esigenze della vita privata, coma la famiglia o le cure, con i tempi di lavoro.
Su tutti questi temi fondamentali, quindi, la partita si giocherà nei prossimi sei mesi e lì capiremo e scopriremo nel merito cosa cambierà davvero. Per ciò che riguarda le principali novità generali introdotte dal Jobs Act, ecco cosa cambia.
Riforma degli ammortizzatori sociali. Non saranno più possibili ricorsi alle forme di sostegno al reddito tipiche delle situazioni di continuità lavorativa, nei casi di cessazione di attività di un’azienda o di un ramo di essa. Se l’azienda chiude non sarà più possibile ricorrere alla cassa integrazione straordinaria così come accade in molte situazioni ad oggi. Inoltre, il ricorso alla cassa integrazione guadagni sarà subordinato alla verifica di utilizzo di altre forme come la possibilità della riduzione dell’orario di lavoro trasferendo eventualmente le risorse della cassa integrazione ai contratti di solidarietà. Verrà fissato, inoltre, un limite certo per l’avvio dei Fondi di Solidarietà obbligatori introdotti dalla Legge Fornero che prenderanno il posto degli ammortizzatori sociali in deroga.
Cambia l’Aspi, ossia l’indennità di disoccupazione, che viene estesa anche ai lavoratori con contratto di collaborazione fino al superamento di questo istituto contrattuale. Prima dell’entrata a regime del provvedimento ci sarà un periodo sperimentale di due anni. Non ci sarà più la MiniAspi, alla quale ricorrevano i lavoratori con un periodo breve di contribuzione, e il metodo di calcolo dell’assegno di disoccupazione sarà parametrato alla storia contributiva di ciascun lavoratore.
Viene eliminato il requisito dello stato di disoccupazione per l’accesso ai servi di carattere assistenziale. Inoltre, saranno individuati dei meccanismi vincolanti che prevedono un coinvolgimento attivo del disoccupato, in varie attività, in modo da facilitarne la ricollocazione.
Razionalizzazione dei contratti di lavoro esistenti – E’ prevista una drastica riduzione delle tante forme contrattuali di lavoro esistenti attraverso una semplificazione delle tipologie dei contratti e dei rapporti di lavoro. Ci sarà un monitoraggio di tutte le forme oggi esistenti e si valuterà per ciascuna di esse l’effettiva ragion d’essere o meno. L’obiettivo finale è l’incentivazione, anche attraverso la forte riduzione di oneri diretti e indiretti, del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti – La legge ha previsto l’introduzione di un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato cosiddetto a tutele crescenti per i nuovi assunti. Si tratta di un modello di tutele che cresce in funzione dell’anzianità di servizio. Per questo contratto è stata prevista la cancellazione del reintegro sul posto di lavoro per i licenziamenti illegittimi di natura economica, e l’individuazione di un risarcimento economico certo e crescente con l’anzianità di servizio. Il reintegro sarà possibile solo nei casi di licenziamento nulli, discriminatori e in specifici e limitati casi di licenziamento disciplinare ingiustificato.
Politiche attive del lavoro. Viene istituita l’Agenzia nazionale per l’occupazione che avrà il compito di gestire e coordinare i servizi per l’impiego, le politiche attive e l’Aspi. E’ prevista la valorizzazione della collaborazione tra pubblico e privato nelle attività di collocazione e di incontro tra domanda e offerta di lavoro e un sistema premiante, parametrato alla difficoltà di collocazione per l’Agenzia per il lavoro che prende in carico un disoccupato e riesce a trovargli un lavoro. La legge indicauna razionalizzazione alle agevolazioni economiche alle assunzione in modo da renderle più efficaci per le categorie più svantaggiate, un riordino generale degli incentivi all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità, con l’introduzione di incentivi all’acquisto delle imprese da parte dei dipendenti.
Flessibilità in uscita: l’articolo 18 – La modifica più significativa del noto articolo 18 che disciplina le sanzioni in caso di licenziamento illegittimo. La legge ha previsto l’esclusione della reintegrazione nel posto di lavoro per i licenziamenti economici (individuali e collettivi) prevedendo nel caso d’illegittimità del licenziamento il solo indennizzo economico, mentre per i licenziamenti di natura disciplinare ritenuti illegittimi solo in alcune e specifiche situazioni, che verranno specificate, sarà prevista la cosiddetta “tutela reale, ossia la reintegrazione nel posto di lavoro, e per tutto il resto ci sarà solo l’indennità economica. Ovviamente rimane invariata la tutela reale per i licenziamenti discriminatori.
Compenso orario minimo per i contratti a progetto – E’ prevista l’individuazione in via sperimentale e per legge di un compenso minimo per i contratti a progetto nei settori non regolamentati da un contratto collettivo nazionale, e fino al superamento di questa forma contrattuale.
Il controllo dei lavoratori – La legge prevede una revisione della disciplina sui controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro (articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori) in funzione dell’evoluzione tecnologica e dei contesti produttivi. Viste le polemiche suscitate, la revisioni si concentrerà sugli impianti e le tecnologie che utilizzano i dipendenti e non su un controllo diretto e dovrà trovare un giusto equilibrio tra esigenze produttive e tutela delle riservatezza e dignità del lavoratore.
Demansionamento – Un’altra modifica dello Statuto dei Lavoratori riguarda la possibilità di cambiare la mansione del lavoratore ad un livello inferiore, possibilità fino ad oggi non permessa. Il testo prevede che in casi specifici di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale, il datore di lavoro avrà la facoltà di modificare le mansioni dei dipendenti, ma con delle limitazioni alla modifica degli inquadramenti, e quindi la possibilità di sottoinquadrare il lavoratore. Anche in questo caso, il provvedimento definitivo dovrà trovare un giusto equilibrio tra l’esigenza organizzativa dell’azienda e quella del lavoratore di mantenere i livelli di qualifica professionale e di reddito raggiunti.