Continua a crescere il tasso di occupazione in Italia, raggiugendo il valore massimo dall’inizio della crisi. Ma, nonostante ciò, resta negativo il Pil, ancora inferiore del 4% rispetto agli anni precedenti al 2008. È questo il dato paradossale attorno cui si sviluppa il XXI Rapporto del CNEL “Mercato del lavoro e contrattazione collettiva”, presentato ieri mattina presso la sede romana del Consiglio in Via Lubin. Ha preso parte all’evento anche il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo.
Cresce il lavoro, ma diminuiscono le ore lavorate. È questa la spiegazione che il Rapporto firmato dal CNEL fornisce dell’attuale condizione dell’economia italiana. A fronte infatti di un tasso di occupazione totale pari al 59,4% degli italiani (il più alto dall’inizio della crisi), tutt’altro che positivo risulta essere invece l’andamento della ripresa economica effettiva, con un Pil ancora al di sotto dei valori precrisi. A guardare i dati Istat la spiegazione è evidente: sebbene in questi anni, e in modo particolare a partire dal 2016, si sia registrato un aumento continuato del numero degli occupati, si è verificata una netta affermazione del part-time. Un fenomeno anomalo soprattutto perché “nel nostro paese il tempo parziale non è stato scelto – ha spiegato Claudio Lucifora, consigliere del CNEL – ma subito”.
Dal 2008 ad oggi i rapporti di lavoro a tempo parziale sono più che raddoppiati, passando dal 5,8% precrisi all’odierno 12,3%. Stando ai dati, dunque, nell’arco di un decennio sono stati più di un milione e mezzo (esattamente 1.560.000) gli italiani costretti a passare al part-time, mentre il numero degli occupati a tempo pieno è passato dal 85,7% del 2008 all’81% del 2019. Oltre le complesse conseguenze che un simile cambiamento può aver avuto sulle vite dei singoli individui, evidenti appaiono gli effetti da esso determinati in termini di ricchezza prodotta, a causa della significa riduzione del numero complessivo delle ore lavorate.
I giovani e le donne sono le categorie più colpite da questa ristrutturazione del lavoro. In particolare, il numero di donne costrette al tempo parziale è aumentato dal 10,1% al 18,2%. Dato ancor più allarmante se si considera che la causa più frequente alla base di questa scelta è l’impossibilità di conciliare un lavoro full-time con le esigenze della vita familiare (in particolare la cura di un figlio o di un familiare a carico). Ma sono soprattutto i giovani le principali vittime della mancata ripresa della crescita italiana: si conta infatti che “dopo la crisi – riporta la sintesi del Rapporto – non sono più rientrati nel mercato del lavoro circa 1,4 milioni di giovani adulti, ovvero di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Ad essere cresciuta è dunque solo “l’occupazione in lavori di bassa qualità”. È questa l’amara sintesi fornita dal consigliere Lucifora, rispetto alla quale risulta fondamentale “investire nella formazione”. Su questo aspetto si è detta particolarmente d’accordo Sabina Valentini, vicepresidente CIV – INPS, che ha sottolineato come la formazione debba interessare anche gli stessi imprenditori. Solo infatti circa il 20% di quest’ultimi è laureato, un dato emblematico e allo stesso tempo allarmante, in quanto “il buon lavoro – ha sottolineato Valentini – è nella buona impresa e la buona impresa si fa con la formazione”.
Sicurezza, gender gap e green job. Sono questi i tre punti fondamentali della risposta che il ministro Catalfo ha fornito rispetto alle criticità messe in evidenza dal Rapporto. “È necessario – ha dichiarato il ministro del Lavoro – che l’Italia realizzi un cambio di passo”. Ridurre il gender gap in fatto di garanzie lavorative, aumentare la sicurezza sul lavoro e guardare al futuro, investendo nei green job e in quelle nuove figure professionali che si preannunciano essere tra le più richieste nei prossimi anni: sono questi gli elementi chiavi su cui secondo il ministro dovrebbe articolarsi un nuovo complesso lavoro, “costruito sul confronto e volto – ha dichiarato Catalfo – all’obiettivo ultimo di dare all’Italia una dignità economica e sociale pari a quella garantita nel contesto europeo”.