Competenze ed esperienza: sono queste le parole chiave che oggi guidano il mercato del lavoro. In effetti l’epoca in cui il titolo di studio costituiva il biglietto d’ingresso per accedere al mondo del lavoro sembra essere giunta al termine, in quanto le aziende valutano maggiormente le competenze pratiche e l’esperienza professionale delle persone. Si parla infatti di ‘Skills economy’ come un cambiamento trasformativo iniziato già nel 2008 con la Grande Recessione e accentuato dalla pandemia: già 16 anni fa le figure neolaureate che si affacciavano al mondo del lavoro scoprivano infatti che avere un titolo non gli garantiva opportunità di lavoro ben retribuite o carriere di successo. Complice un mondo del lavoro in rapida evoluzione, che richiede ogni giorno competenze differenti, rappresentando spesso un problema per le aziende. Secondo un sondaggio realizzato recentemente da Springboard, più di un leader aziendale su 3 afferma che l’attuale durata di conservazione delle competenze tecniche è inferiore a 2 anni, mentre il 78% ritiene che le “hard skill” diventeranno obsolete in meno di 5 anni. Questi dati trovano conferma nell’ultimo Future of Jobs Report elaborato dal World Economic Forum, per cui entro il 2028 i datori di lavoro stimano che il 44% delle competenze dei lavoratori subirà dei cambiamenti significativi o delle interruzioni, il che vuol dire che alcune competenze potrebbero diventare obsolete o richiedere comunque aggiornamenti importanti. In realtà non serve guardare poi così lontano perché, attualmente, il 70% dei leader aziendali riconosce l’esistenza di un divario di competenze che sta impattando negativamente sulle prestazioni aziendali, limitando soprattutto l’innovazione e la crescita, e il 40% ritiene che questo divario sia peggiorato nell’ultimo anno. “La mancanza di competenze rappresenta un grande problema per aziende e persone, poiché da un lato le une hanno difficoltà nell’attrarre i talenti giusti e dall’altro le nuove generazioni trovano difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, non avendo esperienze o competenze richieste dalle aziende. Si pensi per esempio ai ragazzi e alle ragazze che hanno da poco conseguito il diploma o la laurea, laddove il gap tra conoscenze e competenze è piuttosto rilevante: per questo Zeta Service ha deciso di creare, già da alcuni anni, un Campus gratuito dedicato alla formazione dei futuri e delle future payroll, scegliendo di professionalizzare le nuove generazioni attraverso la condivisione del nostro know-how e coltivandone il talento”, ha commentato Ivan Moretti, co-ceo di Zeta Service, azienda italiana specializzata nei servizi hr e payroll. Se infatti da un lato il recruiting (59%) rappresenta la principale sfida che le organizzazioni si trovano a dover affrontare a causa della mancanza di competenze, dall’altro soprattutto i ragazzi e le ragazze riconoscono l’importanza della formazione: secondo quanto riporta il recentissimo Workplace Learning report di Linkedin per il 53% della Gen Z (persone nate dopo il 1996) l’apprendimento è fondamentale per progredire nella carriera (+16% rispetto alle generazioni precedenti). Non a caso la Gen Z, insieme ai Millennial, sta in qualche modo ridefinendo il mondo del lavoro, ponendo grande attenzione alla propria soddisfazione lavorativa, guidando quindi tendenze globali come il Quiet Quitting e la Great Resignation e rifiutando ruoli che non sono in linea con i propri valori fondamentali. Infatti, l’87% degli studenti e delle studentesse che frequentano l’università afferma che i benefici derivanti dalla formazione sono essenziali quando si trovano a valutare un’opportunità lavorativa. In particolare, la Gen Z è più propensa a richiedere un supporto di ‘Learning & Development’ incentrato sullo sviluppo di competenze specifiche per il proprio ruolo, tanto che il 52% troverebbe molto preziosi i corsi specifici per il ruolo forniti dal datore di lavoro. Un’esigenza, questa, confermata anche dalla maggior parte dei dipendenti junior, per cui il 77% afferma di voler apprendere nuove competenze, ma una persona su 5 che la propria azienda non dedica abbastanza risorse e tempo all’apprendimento. “Da questi dati emergono in maniera chiara il desiderio di progresso che i ragazzi e le ragazze hanno nel voler apprendere e allo stesso tempo sottolineano quanto sia importante colmare la distanza tra conoscenze e competenze, tra teoria e pratica. Il Campus Zeta Service nasce per questo motivo – conclude Moretti – la formazione rappresenta un investimento a lungo termine che richiede tempo, risorse finanziarie e una strategia ben definita, garantendo alle aziende di adattarsi al rapido cambiamento del mercato del lavoro. Ma soprattutto è un aspetto cruciale per lo sviluppo personale e professionale delle persone e in questo caso per noi rappresenta una missione dal grande valore sociale”. Infatti, al termine del Campus nel 2023, il 73,3% delle persone che vi hanno partecipato sono state inserite in azienda. Il Campus Zeta Service è un percorso formativo e pratico sull’amministrazione del personale, che si svolgerà online dal 7 al 15 maggio 2024, per un totale di 7 lezioni da 6 ore l’una (dalle 10 alle 17), durante cui verranno trattati gli argomenti principali riguardanti la gestione dell’amministrazione del personale con focus incentrato sull’elaborazione delle buste paga. In ogni sessione ci sarà la possibilità di comprendere le attività svolte dai Settori di Zeta Service: pratiche amministrative, payroll, presenze e Hd Tecnico. È possibile candidarsi tramite il canale Linkedin o il sito di Zeta Service, nella sezione ‘Lavora con noi’, entro il 14 aprile. I requisiti necessari per accedere sono: diploma/laurea in ambito giuridico, economico o informatico; interesse e inclinazione per i temi di amministrazione del personale. Dopo il Campus cosa potrà succedere? Tutte le persone che avranno frequentato l’80% di lezioni riceveranno un attestato di partecipazione. Zeta Service selezionerà le persone considerate idonee, offrendo loro l’opportunità di entrare in azienda mediante un contratto di stage finalizzato all’assunzione.
Adnkronos: Lavoro, è l’era della ‘skills economy’. Competenza ed esperienza parole chiave
L’era della “Skills Economy” prende il sopravvento: non contano tanto i titoli quanto le esperienze dei giovani.