I partner della Campagna Change your shoes lanciano un nuovo report sulle condizioni di lavoro nel settore delle calzature. Dopo l’indagine “Una dura storia di cuoio” realizzata in Italia, tra le fabbriche conciarie del distretto di Santa Croce, lo sguardo si sposta in Cina, di gran lunga leader mondiale nella produzione di scarpe: oltre 15,7 miliardi di paia di scarpe realizzate nel solo 2014.
Sulla base di un’inchiesta realizzata a fine 2015 tra i lavoratori di tre fabbriche della provincia Guangdong, a cura dell’organizzazione tedesca SÜDWIND, il rapporto fotografa una situazione allarmante nel settore dal punto di vista delle violazioni dei diritti umani di chi ci lavora.
“I lavoratori delle fabbriche che producono per i grandi marchi europei come Adidas, Clarks e Ecco ci hanno raccontato, tra le altre violazioni, di salari ben al disotto del livello dignitoso, straordinari non volontari, protezione insufficiente dai rischi per la sicurezza e la salute, violenza per reprimere gli scioperi, contributi assicurativi non versati e indennità di fine rapporto irrisorie” – dichiara Anton Pieper di SÜDWIND, tra i curatori del report. – Il settore delle calzature è molto dinamico e la Cina gioca un ruolo fondamentale all’interno della rete di fornitura globale che assegna a diversi Paesi funzioni produttive diverse” continua Deborah Lucchetti, coordinatrice della Campagna Abiti Puliti “Purtroppo questo porta ad una competizione senza regole che sacrifica i diritti dei lavoratori e ostacola processi di emancipazione nelle fabbriche”
Le violazioni sono quindi un fenomeno molto diffuso nel settore calzaturiero cinese. Eppure la Cina vanta una legislazione in materia di lavoro molto progressista, soprattutto se comparata a quella di altri paesi produttori. I lavoratori godono di molte protezioni, almeno sulla carta, anche se tra queste non è prevista la libertà di riunione e di associazione sindacale. Molte grandi aziende del settore si sono da tempo dotate di codici di condotta per prevenire tali violazioni da parte dei loro fornitori. Ma ciò non è sufficiente senza il coinvolgimento diretto dei lavoratori.
In passato il settore ha conosciuto una crescita record ignorando standard internazionali come le norme fondamentali sul lavoro dell’International Labour Organisation (ILO). Questo ha portato ad un aumento delle controversie negli ultimi anni, molte delle quali con esiti spesso molto violenti
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Tratto da Abiti Puliti: www.abitipuliti.org.