Le imprese italiane ed europee restano ottimiste per il 2020, ma la fiducia rallenta. Per il prossimo anno un’impresa tricolore su 4 scommette su un miglioramento degli affari, ma raddoppiano quelle che prevedono difficoltà rispetto al 2019 (15,4% contro 8,1%). E’ questo il quadro che emerge da una ricerca realizzata per l’Italia da Unioncamere nell’ambito della XXVII edizione dell’indagine annuale coordinata da Eurochambres (l’Associazione delle Camere di commercio europee) su un campione di circa di circa 53mila imprese europee in 28 paesi.
Le conseguenze per il nostro Paese. Per l’Italia – precisa Unioncamere -sarà ancora l’export a trainare la crescita anche se 3 imprese su 4 non si aspettano slanci. Meno incoraggianti, invece, le attese della nostra business community su investimenti e occupazione. Domanda interna, costo del lavoro e prezzi dell’energia e delle materie prime sono al top delle preoccupazioni degli imprenditori nostrani. – si legge nella nota – La Brexit, invece, non sembra essere in cima ai loro pensieri: solo uno su 10 teme l’impatto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue sul proprio business.
Le stime future. Anche in Europa, come in Italia, le prospettive di business per il 2020 appaiono meno favorevoli rispetto allo scorso anno e, anzi, qui il clima degli affari segna addirittura il record più basso dal 2014. Rallentano infatti – prosegue Unioncamere – le attese delle imprese europee su fatturato, occupazione e investimenti. Ad allarmare di più gli imprenditori del Vecchio continente, insieme a quelli italiani, è soprattutto il basso livello dei consumi interni. Segue il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e il crescente costo del lavoro.
Clima degli affari. Rallenta la fiducia delle imprese italiane ed europee per il prossimo anno, ma il clima degli affari resta favorevole. E il saldo tra aspettative positive e negative delle aziende italiane mantiene il segno più e raggiunge 11,2 punti percentuali. A livello europeo – si legge ancora – le prospettive di business sono meno incoraggianti ma si registrano sostanziali differenze tra Paesi con picchi superiori ai 50 punti in corrispondenza di Bulgaria (54 punti), Grecia (53), Serbia (51,5). Sul fronte opposto Slovacchia (-31), Slovenia (-20) e Lettonia (-18,2) mettono a segno i risultati peggiori. Fiducia in calo pure in Spagna (12,9), Germania che per la prima volta registra un segno meno dopo la crisi del 2009 (-7,1) e Francia (-2).
Le principali sfide del 2020. Il basso livello della domanda interna – continua Unioncamere – è la prima preoccupazione tanto per gli imprenditori europei (42,8%) quanto per quelli italiani (46,3%). Ma se le imprese italiane mettono al secondo posto il costo del lavoro (43%) – che scivola al terzo per le imprese europee con il 36,2% – le imprese europee mettono il mismatch quali-quantitativo tra domanda e offerta di lavoro (37,4% contro il 11,8% dell’Italia).
La crescita dei prezzi delle materie prime e dell’energia che costituisce il terzo motivo di apprensione degli imprenditori italiani (19,3%) allarma particolarmente anche Francia (36%), Germania (31,5%) e alcuni paesi dell’Est Europa. La fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, invece, – puntualizza Unioncamere – non sembra in generale tormentare particolarmente la business community europea, anche se in alcuni Paesi resta elevato l’allarme come in Irlanda (76,3%) e Germania (45,5%).
Vendite, export, investimenti e occupazione attesi al “rallentatore” . Sia sul fronte europeo che italiano appaiono meno rosee rispetto allo scorso anno le aspettative su esportazioni, investimenti e occupazione. La frenata attesa dell’export – si legge nella nota – si fa sentire in particolare in Francia e Germania che mettono a segno un saldo negativo tra imprese che prevedono un aumento delle esportazioni e quelle che ne prospettano una diminuzione (rispettivamente -13 punti e -8,3).
Le conseguenze. E questo, secondo la ricerca, influisce anche sulle attese delle vendite sui cui probabilmente pesa anche la frenata del Pil prevista in molti paesi europei, in particolare di quelli dell’ovest, e le generali attese pessimiste sulla domanda interna e il potere di acquisto.
Previsioni meno favorevoli anche per l’occupazione forse anche a causa del costo crescente del lavoro e della carenza di candidati adeguati sul mercato del lavoro, ma solo Grecia e Germania fanno registrare un saldo negativo tra la percentuale degli imprenditori che stima un incremento dell’occupazione e quelli che stimano un decremento (rispettivamente -20 e 0,4 punti). In Europa – conclude Unioncamere – le aspettative degli imprenditori sugli investimenti sono ritornati quasi al livello del 2015, meno ottimisti sono soprattutto i Paesi dell’est.