Altro salasso per le imprese italiane in vista della ripresa post ferie e delle riaperture: la quarantena dei dipendenti, non più considerata “malattia” dall’Inps, a causa dell’ennesimo pasticcio normativo, sarà di fatto scaricata sui datori di lavoro. Tutto questo con un costo di circa 1.000 per dipendente. Le aziende, infatti, dovranno inevitabilmente “coprire” il mancato riconoscimento, da parte dell’Inps, delle prestazioni pagate in durante le assenze per malattia e, fino allo scorso 6 agosto, riconosciute anche a chi, per legge, viene obbligato a restare nel proprio domicilio, quindi senza poter lavorare, nel caso di contatto stretto con persona contagiata dal Covid. E’ quanto denuncia Unimpresa spiegando che, se le aziende non copriranno le prestazioni Inps, per i lavoratori ci sarà un danno in busta paga tra i 600 e i 700 euro, in media, per 10 giorni di assenza. Considerando tre settimane di assenza, invece, cioè il periodo più lungo per l’isolamento fiduciario con scarsi sintomi, che corrispondono a 15 giorni lavorativi, la retribuzione mensile potrebbe calare di 950-1.000 euro. Per le imprese si tratterebbe in ogni caso di fare i conti con un danno, che potrebbe essere doppio: gestire l’assenza di personale, che in caso di contagi aziendali potrebbe addirittura dimezzarsi, quindi con conseguenze sull’operatività aziendale, e, contemporaneamente, subire un peso per l’eventuale compensazione dei “buchi” nelle retribuzioni dei dipendenti. Il discutibile stop è arrivato con il messaggio del 6 agosto 2021, con il quale l’Inps ha infatti annunciato che per l’anno 2021 le prestazioni di malattia legate alla quarantena fiduciaria non saranno più equiparate ad una malattia e dunque non potranno essere riconosciute dall’Istituto, come a dire o paga l’azienda oppure il lavoratore si vedrà lo stipendio tagliato per quelle giornate. Inoltre, i lavoratori cosiddetti “fragili”, quelli che più di ogni altra categoria avrebbe dovuto essere tutelata e protetta, saranno coperti soltanto fino a giugno 2021, dopodiché anche per loro si apre un “buco” che qualcuno dovrà coprire e tutto questo nel momento in cui purtroppo i dati sui contagi riprendono ad aumentare. Questo è quanto pubblicato da una nota di Unimpresa.
«Ancora una volta a rimetterci nel gioco “dello scarica barile” tra Inps e Ministero del Lavoro, chi ci rimetterà saranno le imprese ed i lavoratori. Un film già visto più volte, ricordiamo ancora i periodi scoperti dalla Cassa Integrazione Covid, solo per ricordare il più eclatante, e adesso con la nota Inps 2842/2021 si ripresenterà a fine mese un conto salatissimo da pagare. Il mondo delle imprese chiede, pertanto, che il Ministro Orlando intervenga il prima possibile per dirimere questa situazione e che lo faccia al più presto, possibilmente già prima della scadenza del periodo di paga in corso, al fine di evitare spiacevoli incomprensioni su chi e se debba pagare lo stipendio in quelle giornate di assenza obbligate oltre che mandare in tilt ancora una volta i professionisti che si troveranno ad elaborare le buste paga con l’ennesimo dilemma» commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi. «Ci chiediamo, come può essere mai che un lavoratore sia da una parte obbligato (giustamente) a rimanere a casa per essere stato un contatto stretto al fine di contenere la diffusione del contagio da Covid-19 e dall’altra parte poi non siano previste tutele e quello stesso lavoratore debba correre il rischio di restare privo di retribuzione (10 giorni di assenza possono comportare mediamente un danno in busta paga tra i 600 e i 700 euro a dipendente, 15 giorni circa 950-1.000 euro) o di pesare sulle casse della sua impresa che già si vedrà dimezzati con ogni probabilità gli organici?» aggiunge Assi.