Il 2019 è iniziato in discesa per il Sud. È quanto emerge dal “Check up Mezzogiorno”, la tradizionale analisi di mezza estate elaborata da Confindustria e SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Gruppo Intesa Sanpaolo). Il dossier, pubblicato lo scorso 17 luglio, parla chiaro: nei primi mesi dell’anno il Sud Italia ha visto un indebolimento della capacità di spinta, mentre i segnali di frenata, già visibili nel 2018, “mutano – si legge nel documento – sempre più spesso in veri e propri arretramenti”.
La crescita non si arresta, ma procede a ritmi sofferti. A suggerirlo è l’andamento dell’Indice sintetico dell’economia meridionale, elaborato da Confindustria e SRM a partire da alcune importanti variabili macroeconomiche, quali il PIL, gli investimenti fissi lordi, le imprese attive, l’export e l’occupazione. Se infatti nel 2018 questi indicatori hanno registrato un modesto miglioramento (più forte per l’export, meno per imprese e PIL), gli ultimi mesi dell’anno hanno visto una vera inversione di tendenza. Ne è risultata così una crescita annuale dell’Indice del solo 2%, ovvero inferiore di 1/3 rispetto a quella del 2017. Un dato significativo se si considera che a questo ritmo il Sud avrebbe bisogno di ben altri 3 anni solo per ritornare ai valori pre-crisi del 2007.
Diversi i segnali negativi messi in luce dal dossier, ma il più urgente interessa il lavoro e le imprese. Queste ultime in particolare, dopo molti trimestri di crescita, hanno visto frenare per la prima volta il tasso di natalità: nel primo trimestre del 2019 il tasso di crescita è stato nullo, facendo registrare un numero complessivo di 1 milione e settecentomila imprese attive, lo stesso del primo trimestre 2018. Situazione che si fa più cupa se si guarda al calo registrato nel settore delle imprese giovanili (-3,8%) e di quelle femminili (-0,2%), mentre crescono di un notevole 5,8% le imprese di capitali. Segnata da “elementi di chiaroscuro”, riprendendo l’espressione pronunciata dal ministro per il Sud Barbara Lezzi durante la conferenza stampa di presentazione del dossier, anche la situazione lavoro. A prevalere purtroppo sono però le zone di ombra: a fronte di una crescita annuale dell’occupazione (+1%) più rilevante rispetto a quella del Nord (+0,5%), il primo trimestre del 2019 porta con sé altre nubi con un calo del 2,2%. Tirando le somme, gli occupati al Sud tornano sotto la soglia dei 6 milioni, ma a preoccupare è soprattutto la disoccupazione giovanile che raggiunge il tasso record di 51,9%: al Sud più di un ragazzo su due non lavora.
“Troppa distrazione sulla questione industriale del paese a partire dal Mezzogiorno. Occorre una grande operazione infrastrutturale e una capacità di attrazione di investimenti” ammonisce il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia a margine della presentazione del dossier. Per Boccia è necessaria una politica di fini che faccia del lavoro l’obiettivo ultimo per rimettere il Sud sulla linea di una crescita duratura. Stando ai dati appena pubblicati calano infatti anche gli investimenti pubblici nelle regioni meridionali: a fronte di un andamento della spesa pubblica di parte corrente pressoché immutato, a partire dal 2016 si è verificata un’importante riduzione della spesa in conto capitale pro capite, fino a raggiungere una differenza di quasi 500 euro in più al Centro Nord rispetto al Sud Italia.
L’emergenza lavoro nel Mezzogiorno non è quindi rientrata, anzi si è ulteriormente aggravata soprattutto per i giovani, sebbene solo un quarto delle domande del reddito di cittadinanza provengano da persone under 40. Il quadro emerso dal “Check up Mezzogiorno” rende necessario un cambiamento di prospettiva dell’azione pubblica che ponga al centro il punto di vista dell’impresa: “è nelle fabbriche e nelle imprese che si costruisce il lavoro – ha chiarito Boccia – e se il fine è il lavoro la convergenza di tutte le parti è possibile”. Il primo passo da realizzare in tal senso è per il presidente di Confindustria “una riduzione del cuneo fiscale, tasse e contributi sui salari dei lavoratori italiani”, mentre per risollevare le sorti dell’occupazione giovanile fondamentale è un piano di inclusione giovani attraverso la detassazione e decontribuzione totale per i primi anni di assunzione a tempo indeterminato dei giovani italiani. E a chi gli chiede di commentare le eventuali proposte da parte del governo, Boccia lancia la sfida “la prima Flat Tax dovrebbe essere sul mondo del lavoro”.
Scritto da Mariateresa Gasbarrone