Saldi di fine estate senza slancio. Le vendite a prezzi scontati, ormai agli sgoccioli in quasi tutta Italia, secondo un primo monitoraggio sono pressoché stabili rispetto allo scorso anno. E non bastano così a recuperare il flop delle vendite di primavera. Ma a preoccupare maggiormente i commercianti è il rischio di un aumento dell’Iva che potrebbe tradursi in un nuovo crollo dei consumi.
Le vendite in aumento. A dare una prima indicazione dell’andamento di questi saldi (nella maggior parte delle regioni si concludono tra fine agosto e i primi di settembre; in Liguria e nel Lazio sono già terminati; in Puglia e Sicilia terminano il 15 settembre e in Friuli il 30), è la Federazione Moda Italia, che ha fatto un monitoraggio su un panel di imprese commerciali associate: l’indagine evidenzia che per il 55% degli operatori le vendite sono stabili o in leggero aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
I capi più venduti. Ad essere maggiormente acquistati nell’abbigliamento sono bermuda, t-shirt, abitini e camicie. Nelle scelte delle calzature prevalgono sandali sneakers e scarpe sportive. “Soddisfacente, nonostante la concorrenza sleale del web, anche l’afflusso nei nostri negozi” – commenta il presidente di Federazione Moda Italia, Renato Borghi, che tuttavia, “nonostante questi positivi segnali di attenzione ai negozi di prossimità”, chiede di “non abbassare la guardia e pretendere che i grandi colossi del web siano assoggettati alle stesse imposte che gravano sul commercio tradizionale”.
Il commento di Confcommercio. Per avere un esito attendibile sull’andamento dei saldi, comunque, bisognerà aspettare settembre, anche se “un dato è già certo, purtroppo – evidenzia Borghi -: la stagione primavera/estate, meteorologicamente disastrosa per non dire addirittura drammatica dal punto di vista delle vendite, non sarà recuperata”. All’avvio delle svendite estive, la stima dell’Ufficio Studi di Confcommercio, era di una spesa in media poco meno di 230 euro a famiglia, circa 100 euro pro capite, per un valore complessivo intorno ai 3,5 miliardi di euro. Intanto la vera preoccupazione dei commercianti è ora rappresentata dall’Iva, che rischia di aumentare di tre punti percentuali da gennaio se non saranno bloccate le clausole di salvaguardia nella prossima manovra. “L’aumento dell’Iva graverebbe sulle tasche degli italiani e comporterebbe un ulteriore crollo dei consumi. Un incremento che – conclude Borghi – va assolutamente evitato.”