Trentuno miliardi di euro all’anno, 520 euro a residente. E’ questo l’impatto socio-economico delle apnee ostruttive del sonno (Osas) in Italia, che emerge da uno studio condotto dal Cergas (Centre for Research on Health and Social Care Management) dell’università Bocconi di Milano con il contributo non condizionante di Philips, presentato alla Sda Bocconi School of Management. Dallo studio emerge che il 60% sia costituito da costi sanitari diretti, il 36% da costi indiretti dovuti a morbilità e il 4% da costi diretti non sanitari. Un peso significativo delle Osas, valutabile in circa 9 mld, è legato al sotto-trattamento considerando che, su 12 milioni di italiani che ne soffrono in modo medio-grave, meno di 500 mila hanno ricevuto una diagnosi e poco più di 200 mila sono in cura.
Secondo i dati epidemiologici riportati nella ricerca, in Italia sono 24 milioni le persone tra i 15 e i 74 anni (il 54% della popolazione adulta) a soffrire di apnee del sonno di vario grado. Di questa percentuale circa 12 milioni sono affetti in forma moderata-grave (il 27% degli adulti, per il 65% maschi). Inoltre, attraverso confronti di esperti e dati forniti dall’Associazione apnoici italiani, si evidenzia che solamente 460 mila pazienti con sindrome Osas moderata-severa siano diagnosticati (4% della prevalenza stimata) e appena 230 mila trattati (2%). “Un gap sostanziale in termini sia diagnostici sia terapeutici – spiegano i promotori della ricerca – le apnee del sonno, oltre a essere un rilevante fattore di rischio per altre malattie, sono correlate anche a conseguenze non mediche (ad esempio incidentalità stradale) che contribuiscono ad aumentarne l’impatto in termini economici e sanitari”.
Gli autori hanno anche simulato le conseguenze di scenari migliorativi come un incremento dei pazienti diagnosticati e trattati, in particolare con ventilazione meccanica a pressione positiva continua (Continuous Positive Airway Pressure, Cpap). Il trattamento è “supportato da un’ampia letteratura che ne dimostra l’impatto positivo e significativo su mortalità, rischio ictus, incidenti automobilistici e infortuni sul lavoro”, si legge in una nota. Dai risultati dello studio emerge che sebbene si osservi un aumento dei costi diretti sanitari a causa dell’incremento di diagnosi e trattamenti, grazie alla Cpap sarebbe possibile ridurre i costi generati dalle condizioni associate all’Osas come conseguenza di un minor rischio di esordio delle condizioni stesse, soprattutto se il trattamento è precoce. Considerando anche la qualità di vita recuperata, il valore del beneficio complessivamente realizzabile supera i costi sanitari incrementali, rappresentando anche dal punto di vista economico un investimento di valore per la società.
“Questo studio – spiega Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di medicina del sonno del San Raffaele di Milano – evidenzia la necessità di semplificare il processo di diagnosi dell’Osas, partendo magari anche da valutazioni di tipo clinico che possano meglio suggerire al medico quali pazienti indirizzare al percorso diagnostico. Dato che non è possibile studiare tutti i soggetti con un’ipotesi diagnostica della sindrome, è importante cercare di caratterizzarli al meglio dal punto di vista clinico, limitando così il numero degli esami specifici da eseguire. Da un lato le conseguenze di questa patologia sono legate alla frammentazione del sonno – aggiunge l’esperto – dall’altro all’ipossia intermittente nel corso della notte che ha ripercussioni a carico di cuore e cervello, due organi che hanno costantemente bisogno di ossigeno. Da un punto di vista terapeutico, sono diversi i possibili trattamenti e attenzione: vanno personalizzati in base alle caratteristiche dell’individuo e al grado di gravità della patologia”.
“Diagnosi e prevenzione rappresentano due parole chiave per la sanità lombarda – osserva Emanuele Monti, presidente della Commissione Sanità e Politiche sociali della Regione Lombardia – soprattutto quando ci troviamo davanti a patologie, come l’apnea ostruttiva del sonno, dove su circa 12 milioni di casi ne viene accertato solo il 4%. Un numero troppo esiguo. Come Regione Lombardia, allo stesso modo in cui ci stiamo muovendo per quanto riguarda altre patologie, lavoreremo affinché la cultura della prevenzione, e quindi dei controlli approfonditi e realizzati in maniera costante nel tempo, si diffonda sempre di più e diventi un pilastro della nostra società”.
“Definire i confini di un problema, comprenderne la portata e le conseguenze è un passo indispensabile per trovarne la soluzione – afferma Patrizio Armeni, Associate Professor of Practice di Government, Health and Not for Profit Sda Bocconi – lo studio, fornendo stime attendibili in merito all’entità delle conseguenze dell’Osas ed evidenziando il peso economico e sociale della malattia in Italia, risponde proprio a questa esigenza e costituisce una base sulla quale costruire politiche in grado di alleviare questo peso, garantendo percorsi terapeutici appropriati e sostenibili per i pazienti e indubbi vantaggi per l’intera collettività.”
“I risultati dello studio evidenziano l’ampiezza del gap diagnostico/terapeutico dell’Osas, sottolineandone l’elevato peso economico e sociale – dichiara Simona Comandè, General Manager Philips Italia, Israele e Grecia – Philips è impegnata a promuovere un modello virtuoso di collaborazione tra i diversi attori del sistema sanitario, pubblici e privati, per assicurare ai cittadini le risposte più adeguate a garantirne benessere e qualità della vita. Quella per l’Osas è una sfida che ci vede in prima fila sia sul fronte della ricerca di soluzioni all’avanguardia sia su quello della sensibilizzazione sull’importanza di riconoscere e curare questa patologia che, se non correttamente diagnosticata e trattata, può avere conseguenze gravi per la nostra salute.”