L’Istat ha presentato la nona edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes). Il volume fornisce un quadro complessivo dei 12 domini in cui è articolato il benessere analizzati nella loro evoluzione nel corso dei due anni di pandemia. Il 2020, anno dello shock dell’emergenza sanitaria, e il 2021, anno della ripresa economica e dell’occupazione, esaminando le differenze tra i vari gruppi di popolazione e tra i territori. Di seguito riporteremo con cadenza giornaliera i risultati di ciascun quadro analizzato.
Analisi dell’Italia nel contesto europeo
Nel 2020 l’Italia è tra i paesi con il maggior numero di morti per abitanti (1.236 decessi per 100mila abitanti rispetto alla media europea di 1.161 decessi). Questo dipende anche dal fatto che l’Italia è il paese più vecchio d’Europa; infatti, eliminando le differenze tra paesi nella struttura per età, l’Italia scende agli ultimi posti della graduatoria europea (tasso standardizzato di mortalità pari a 933 decessi ogni 100mila abitanti contro una media Ue27 di 1.040).
L’Italia ha sofferto di più durante la prima ondata della pandemia nel 2020. La seconda ondata (tra settembre 2020 e gennaio 2021) è stata particolarmente forte per i Paesi dell’Est Europa: Polonia, Bulgaria, Slovenia e Repubblica Ceca hanno più che raddoppiato (nel mese di novembre) il tasso standardizzato medio 2015-2019 delle stesse settimane.
Nel 2021 l’eccesso di mortalità segue un andamento analogo, con un picco tra marzo e maggio e uno da
ottobre, si tratta di picchi meno pronunciati rispetto al 2020. Il terzo picco pandemico è stato raggiunto in media ad aprile 2021 (+12,4% in media Ue27), quando in Italia la variazione dei tassi standardizzati di mortalità rispetto al 2015-2019 si attesta su valori non trascurabili (+17,9%) ma decisamente più contenuti rispetto a quanto osservato nel 2020. Il quarto picco pandemico si raggiunge a inizio dicembre 2021 (+24,1%), con eccessi di mortalità più pronunciati nei paesi dell’Est Europa.
In tutti i paesi europei l’eccesso di mortalità rispetto al 2015-2019 calcolato sul tasso standardizzato è più elevato nella classe di età 65 anni e più rispetto alla classe di età 0-64. Tuttavia si registra un aumento percentuale nel tasso standardizzato rispetto al 2015-2019 anche tra i più giovani. L’Italia, pur mantenendo tassi di mortalità particolarmente contenuti rispetto alla media europea nella fascia di età 0-64, registra nell’ultima settimana di marzo 2020 una variazione positiva del tasso standardizzato del +42% rispetto al 2015-2019 tra 0-64 anni, mentre è del +80% tra gli anziani.
In Italia la variazione percentuale del tasso standardizzato nel 2020 rispetto al quinquennio 2015-2019 è stata di +9,3%, mentre nel 2021 l’eccesso è sceso a +2,7%. Nella Ue27 l’incremento medio è stato di +5,4% nel 2020, salito a +6,6% nel 2021, per effetto principalmente dell’incremento nei paesi dell’Est europeo. In Polonia, la variazione del tasso standardizzato di mortalità passa da +12,7% nel 2020 a +21,1% nel 2021. In Spagna e in Francia la situazione è più simile a quella sperimentata nel nostro Paese: in Spagna la variazione del tasso standardizzato di mortalità è rispettivamente +10,3% nel 2020 e +0,6% nel 2021, mentre in Francia è +3,9% nel 2020 e +2,2% nel 2021.
Alle soglie della crisi pandemica, il mercato del lavoro in Italia si presenta debole, con un recupero, rispetto al 2008, molto contenuto e una distanza più ampia con tutti i maggiori paesi europei (-10 punti nel 2019). La pandemia ha comportato un peggioramento dei livelli occupazionali del nostro Paese e un ulteriore aumento della distanza con la media Ue27.
Il ritorno ai livelli del 2008 del tasso di occupazione 20-64 anni avviene nel 2018 per l’Italia, due anni più tardi dell’Ue27 e un anno dopo la Francia, mentre la Spagna, nel 2019, non aveva ancora recuperato il livello del 2008. I tempi di ripresa sono stati diversi per uomini e donne; il ritorno ai livelli del 2008 avviene prima per le donne e più tardi per gli uomini (rispettivamente nel 2014 e nel 2017 nella media europea). In Italia il recupero è avvenuto nel 2015 ma solo per il tasso di occupazione femminile, che è comunque il più basso tra i grandi paesi europei.
Con la pandemia nel II trimestre del 2020 il tasso di occupazione 20-64 anni ha un brusco calo: in media europea -1,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, ma in Italia si arriva a -3 punti percentuali e, ancor di più, in Spagna (-4,5 punti percentuali). La Ue27 torna ai livelli occupazionali pre-pandemia (ultimo trimestre 2019) nel secondo trimestre 2021, mentre in Italia ciò avviene nel quarto trimestre. Lo svantaggio tra Italia e media Ue27, già massimo rispetto a tutti i paesi prima della pandemia, si amplifica ulteriormente passando da -9 punti percentuali nel quarto trimestre 2019 a -11 punti nella prima metà del 2021.
Durante la pandemia si riduce il tasso di occupazione 20-64 anni di -2 punti percentuali nel secondo trimestre 2020 rispetto al primo trimestre 2020 per entrambi i generi, ma in Italia e in Spagna le perdite sono state più ampie per le donne (rispettivamente -3,1 e -4,7 punti percentuali contro -3,0 e -4,4 per gli uomini). In Francia e in Germania lo svantaggio degli uomini è stato, invece, maggiore (rispettivamente -2,3 e -0,5 contro -1,2 e 0 per le donne).
In Italia il gap rispetto al 2008 del tasso di occupazione dei giovani di 25-34 anni è di -7,5 punti percentuali nel 2019 (-0,3 tra i coetanei europei). Con la pandemia i giovani in Italia sono tra i più colpiti: -3,5 punti percentuali nel secondo trimestre 2020 rispetto al secondo trimestre 2019, superati solo in Spagna (-8,3 punti percentuali), contro -2,3 punti percentuali nella media europea. Le giovani perdono più dei giovani maschi (rispettivamente -4,8 punti percentuali e -2,2 punti percentuali tra secondo trimestre 2019 e secondo trimestre 2020) contrariamente a quanto registrato nel resto dell’Ue27, questi ultimi perdono di più (-2,7 punti rispetto a -1,9 delle giovani), anche in Spagna (-8,8 punti rispetto a -7,8 delle giovani).
Durante la pandemia aumentano i NEET, giovani di 15-29 anni non occupati né inseriti in un percorso di istruzione e formazione. Infatti nel secondo trimestre 2020, l’incidenza dei NEET cresce in media europea di +1,7 punti rispetto al trimestre precedente, incremento trainato da paesi come Spagna (+4,2) ma anche Francia (+2,8) e che, tuttavia, nel nostro Paese è più modesto e leggermente al di sotto della media europea (+1,6) ma su livelli strutturalmente molto più elevati.