Le quotate italiane sono sempre più sostenibili e sempre più interessate a certificare il loro impegno in ambito ESG. È quanto emerge dallo studio “Le Società Benefit come possibile modello di sviluppo anche per le società quotate”, l’indagine, presentata nel corso di un evento organizzato da Deloitte, condotta dall’ESG European Institute che indaga l’orientamento rispetto al modello Società Benefit da parte delle società quotate e degli altri soggetti rilevanti del mercato, come investitori istituzionali, proxy advisors, associazioni di categoria, banche d’affari e società di consulenza strategica. Lo studio, realizzato attraverso un questionario sottoposto a un campione rappresentativo di aziende quotate e a una serie di interviste svolte con i principali player di mercato.
Dallo studio emerge che oltre l’80 per cento delle società ha interesse a essere sostenibile da un punto di vista economico, sociale ed ambientale e a darne visibilità. Inoltre, più di un quarto di queste sta valutando la possibilità di assumere lo status di Società Benefit o di acquisire la certificazione B Corp. Le quotate che, invece, non mostrano interesse in questo senso temono l’insorgenza del diritto di recesso in seguito alla modifica dell’oggetto sociale, l’assenza di benefici o agevolazioni a fronte dell’onerosità delle strutture interne di monitoraggio della finalità Benefit, ma anche le incertezze collegate a una normativa poco chiara. Rispetto alle Società B Corp, preoccupa particolarmente l’obbligo di diventare Società Benefit in seguito all’acquisizione della certificazione e si considera l’assessment complesso e oneroso.
Gli altri soggetti rilevanti del mercato si dividono in tre orientamenti: il primo, maggioritario, vede con favore l’eventuale acquisizione dello status Benefit da parte delle grandi società quotate, anche in virtù di un effetto traino esercitabile sulle PMI; il secondo esprime una posizione neutrale, in attesa delle nuove indicazioni comunitarie contenute nella Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD); il terzo, minoritario, è invece sfavorevole, ritenendo già presenti strumenti adeguati a dimostrare l’impegno di un’azienda in termini di sostenibilità.
“La normativa italiana che ha introdotto le Società Benefit nel nostro ordinamento rappresenta una straordinaria opportunità per le aziende italiane di coniugare in modo virtuoso il proprio scopo di lucro con un beneficio in favore del territorio, delle persone e dell’ambiente in cui operano” commenta Barbara Pontecorvo Head of Deloitte Legal Società Benefit Task Force.
“Questa opportunità è stata colta da Deloitte Italia, la prima delle Big Four che ha trasformato le proprie società in Società Benefit, segnando la strada ad altri grandi gruppi che vorranno seguirne l’esempio” aggiunge Franco Amelio Deloitte Leader Sustainability.
“La qualifica di società benefit arricchisce il nostro essere mutua che è il nostro purpose – ha dichiarato Virginia Antonini, Direttore della Sostenibilità e della Comunicazione Istituzionale di Reale Group – La capacità di generare impatti intenzionali positivi è condicio sine qua non della perennità delle aziende sul mercato, siano esse piccole, grandi o medie, quotate o non”.
“Sempre più società hanno interesse ad approcciare un percorso sostenibile, AGF88 Holding è tra queste” ha dichiarato Afsoon Neginy Coo Business and Sustainability Director di AGF88 Holding. “Nello scorso 2021 siamo infatti diventati Società Benefit, epilogo di un percorso già tracciato nel DNA dell’azienda da anni. Oggi Il mercato è senz’altro pronto ad accogliere le iniziative ESG, la vera sfida quindi è riuscire a mettere in pratica concretamente in azienda il nuovo modo di lavorare e cambiare la cultura aziendale in tutti i suoi reparti”.
Trasversalmente si rileva un orientamento favorevole nel caso di società di piccole e medie dimensioni e la convinzione che la forma Benefit, indipendentemente dalle dimensioni e quotazioni della società, non comporti di per sé il rischio di dividend policy meno appetibili né di risultati meno performanti.