Gli stipendi degli italiani sono ancora troppo bassi rispetto al costo della vita. È quanto ha rivelato l’Istat in uno dei suoi recenti studi. Secondo il rapporto, pubblicato il 9 dicembre scorso, infatti nel 2017 la metà delle posizioni lavorative ha percepito una retribuzione oraria mediana pari o inferiore a 11,25 euro. Un dato in aumento rispetto agli anni precedenti, ma comunque non ancora sufficiente rispetto al ritmo con cui è cresciuta l’inflazione. Preoccupa inoltre il persistente gap di genere e le evidenti differenze in termini di retribuzione percepita tra il Nord e il Sud d’Italia.
Retribuzione e costo della vita non crescono dunque con lo stesso ritmo, al contrario il ritmo con cui negli ultimi anni è cresciuta l’inflazione rende minimo se non nullo l’aumento in termini di retribuzione oraria registrato nel 2017. Se è infatti vero che in questo anno gli italiani hanno guadagnato all’ora in media 11,25 euro, ovvero lo 0,4% in più rispetto al 2016 e l’1,7% in più rispetto al 2014, “a conti fatti – riporta Il Sole 24 Ore – oggi le retribuzioni hanno un potere d’acquisto leggermente inferiore rispetto al passato”. Confrontando quindi costo della vita e andamento di crescita degli stipendi è evidente come quest’ultimo sia nella pratica inferiore rispetto a quanto possa sembrare in teoria.
Gli uomini guadagnano di più delle donne. Continua ad essere consistente il gap di genere a svantaggio delle donne. Nonostante infatti negli ultimi anni ci sia stato qualche accenno di miglioramento, nel 2017 gli uomini hanno guadagnato all’ora in media 11,61 euro, ovvero il l 7,4% in più rispetto alle donne (10,81 euro all’ora). Si tratta di una differenza allarmante, per quanto in calo rispetto agli anni precedenti: nel 2014 il gap era pari all’8,4% in più a favore del genere maschile, in seguito ridottosi “per effetto – si legge nello studio Istat – di una maggiore crescita della retribuzione oraria mediana delle donne (+2,4%) rispetto a quella degli uomini (+1%)”.
Nord e Sud a confronto. Purtroppo, anche in termini di differenze territoriali lo studio Istat conferma uno dei tratti più amari dell’economia italiana: al Sud si guadagna meno che al Nord. In particolare, “le retribuzioni orarie mediane più basse si osservano – riporta la ricerca – per i rapporti di lavoro di imprese localizzate nelle regioni del Sud (10,25 euro), il valore più elevato in quelle del Nord-ovest (11,91 euro)”. Si tratta di un differenziale retributivo pari al 16,2% a favore delle regioni del Nord-ovest.
La laurea paga, ma la retribuzione dei laureati cresce a ritmo inferiore rispetto a quella dei non laureati. Difatti nel 2017 i dipendenti diplomati ma non laureati hanno guadagnato in media all’ora 11,54 euro, ovvero il 20% in meno rispetto alla retribuzione oraria dei dipendenti che possiedono almeno una laurea triennale (13,85 euro). Tuttavia, lo stipendio dei laureati in questi anni è rimasto pressoché invariato, passando dai 13,83 euro all’ora del 2014 a1 13,85 euro registrati nel 2017, a fronte degli 11,54 euro guadagnati all’ora dai diplomati nel 2014 agli 11,54 euro dei non laureati. In definitiva quindi “il premio retributivo dei laureati – conclude lo studio Istat – risulta inferiore rispetto a quello osservato nel 2014 (21,2%)”.
Le retribuzioni più basse, infine, interessano i giovani, mentre esse tendono ad aumentare con l’avanzare dell’età: nel 2017 infatti la retribuzione oraria mediana è passata “dai 10,03 euro dei giovani (classe di età 15-29 anni) – riporta l’Istat – ai 12,46 euro dei lavoratori più anziani (età maggiore o uguale a 50 anni).” Un’altra categoria penalizzata in termini di retribuzione è quella rappresentata dai dipendenti nati all’estero; in particolare i dati più negativi interessano i nati al di fuori i confini europei. Se infatti per i primi il differenziale retributivo rispetto ai lavoratori nati in Italia è pari al -9,4%, per i secondi la differenza è significativamente più ampia (-13,4%).