Il Covid-19 rappresenta una crisi senza precedenti nella storia del mondo contemporaneo. Una guerra lunga, composta da diverse fasi e battaglie ancora da vincere. Anzitutto quella sanitaria, la prima e più importante, una corsa contro il tempo per limitare il più possibile il numero dei contagi e delle vittime, oltre che la corsa al vaccino in grado di abbattere il nemico invisibile. Poi, arriverà quella sociale: un lento ritorno al vivere quotidiano, che risulterà inesorabilmente essere cambiato rispetto a quello stile di vita che solo due mesi orsono sembrava immodificabile. Infine, ma non per ultima, arriverà la fase della ricostruzione economica, che sarà la più difficile da affrontare. Molte sono le riflessioni in merito che governi e organizzazioni internazionali stanno facendo in merito, nonostante si potrà agire solo una volta superato l’occhio del ciclone di questa tempesta dalle dimensioni bibliche. L’Italia, primo paese europeo ad aver affrontato il flagello causato dal nuovo virus, inizia ad avviare le prime riflessioni a tutti i livelli in merito alla ricostruzione economica del paese. Un rilancio che sarà difficile e condizionato da diversi fattori. Un rapporto realizzato dal centro studi di Confindustria analizza fattori e prospettive, che condizioneranno le prospettive per la ripartenza economica dello stato italiano una volta superata la crisi.
Prospettive compromesse. Il necessario blocco della grande maggioranza delle attività economiche del paese ha portato inevitabilmente ad una caduta verticale della domanda di servizi e beni interna ed estera. Dunque, un crollo congiunto di offerta e domanda dovuta all’emergenza sanitaria, che ha compromesso gravemente le prospettive di crescita economica. Inoltre, ad aggravare il quadro c’è il fattore tempo, poiché rimane un’incognita il quando potranno essere ristabilite. Facendo un’ipotesi, fin troppo ottimistica, proprio sulle tempistiche della fine dell’emergenza, lo studio prevede che, qualora l’industria manifatturiera torni alla piena operatività alla fine del mese di giugno, la caduta stimata del PIL nel secondo trimestre, rispetto alla fine del 2019, sarebbe comunque del 10%. Naturalmente, tale previsione è strettamente legata con l’andamento della situazione sanitaria, ma in ogni caso il Prodotto Interno Lordo è comunque previsto al ribasso, stimato attorno al 6%, aggravato di circa lo 0,75% per ogni settimana ulteriore di blocco produttivo.
I consumi delle famiglie. L’obiettivo della politica economica dello Stato italiano, continua il rapporto, deve puntare ad evitare che il tessuto produttivo venga compromesso, in modo da evitare che il potenziale italiano venga portato ad un collasso che porterebbe inevitabilmente ad una depressione prolungata con conseguenze drammatiche a livello occupazionale e di benessere sociale. Naturalmente, un coordinamento a livello europeo sarebbe ideale, ma qualora questo non fosse possibile, dato lo scenario incerto e imprevedibile fornito dalle istituzioni europee, nonostante le dichiarazioni di rassicurazione del Presidente della Commissione europea, è necessaria una risposta “tempestiva ed efficace” da parte dello stato e della sua politica economica. Il rapporto, inoltre, specifica l’eccezionalità e atipicità della crisi, non dovuta ai tipici inceppi dei mercati finanziari o dal sistema economico italiano o estero. Gli effetti della crisi causata dalla pandemia andranno ad impattare specialmente sulla spesa privata delle famiglie, che vedranno un ribasso del 6,8% rispetto allo scorso anno.
Gli effetti su aziende ed export. Un quadro che rende difficile per le aziende realizzare nuovi progetti produttivi, data la compromissione della stessa attività corrente, ampiamente testimoniata dal crollo della produzione industriale e che conseguentemente porterà ad una caduta degli investimenti privati nella prima metà dell’anno. Naturalmente, a causa della riduzione degli scambi a livello globale e nelle catene di produzione europee, anche l’export subirà una brusca frenata (con un ribasso circa del 5,1% nel 2020), data il carattere globale della crisi pandemica. I mercati di destinazione dei prodotti italiani saranno caratterizzati da un forte calo delle attività, con prevedibili difficoltà produttive e logistiche degli esportatori, che porteranno ad una caduta dell’export maggiore rispetto alla media mondiale. Senza contare, avverte lo studio, che alcuni concorrenti potrebbero approfittare delle difficoltà italiane per sottrarre quote di mercato.
L’invito di Confindustria al Governo è quello di rafforzare anche con l’ausilio di strumenti innovativi le misure in difesa dell’economia nazionale, che salvaguardino il sistema produttivo e vadano a restituire fiducia a famiglie ed imprese. Azioni che garantiscano liquidità che mitighi l’impatto della crisi sul lungo periodo, ma che non vadano allo stesso tempo ad appesantire eccessivamente il debito pubblico. Infine, il rapporto invita ad un ripensamento della “gestione multilaterale delle politiche, che dovrebbe essere coordinata a livello europeo e mondiale”, oltre che a rivedere gli strumenti di policy a disposizione in ottica sovrannazionale e di lungo periodo.