Dopo tre anni di blocco aumentano le aliquote delle imposte e tasse locali. Lo rivela uno studio della Uil secondo il quale, le aliquote Imu sono state quest’anno riviste al rialzo in oltre 215 Comuni, tra cui 4 Città capoluogo.
Secondo la seconda rilevazione del Servizio Politiche Territoriali UIL, aggiornata al 26 Luglio, sulle tre maggiori imposte e tasse dei Comuni (IMU/TASI, IRPEF Comunale e TARI), non sono molti i Municipi che stanno rivedendo le aliquote e le tariffe, ma si tratta comunque di ritocchi di peso. Più contenuti gli aumenti dell’IMU/TASI, mentre si agisce di più sul versante delle Addizionali Comunali IRPEF. Il quadro che riguarda la TARI (Tassa Rifiuti) è più variegato. Oltre ai rincari, fortunatamente si registrano, anche se poche, alcune riduzioni.
IMU. Alla data del 26 luglio, le aliquote sono state quest’anno riviste al rialzo in oltre 215 Comuni, tra cui 4 Città capoluogo (Torino, La Spezia, Pordenone e Avellino). Di segno opposto le scelte fatte a Firenze, Grosseto, Pavia, Lucca, Taranto, Vercelli dove le aliquote scendono. Ci sono, inoltre, moltissimi Comuni, compresi alcuni capoluoghi, che, senza abbassare le aliquote, hanno però semplificato il sistema con l’accorpamento della TASI all’IMU.
Addizionale comunale IRPEF. Più gettonati gli aumenti delle aliquote delle Addizionali Comunali IRPEF, dove esistono maggiori margini di aumento: sempre alla data del 26 Luglio, su 4.078 Comuni, che hanno comunicato le loro scelte sul sito del Ministero dell’Economia, 566 (il 14% del totale) ha scelto di aumentare le aliquote e di rimodulare le esenzioni abbassandone la soglia, tra questi 7 Città capoluogo di provincia (Mantova, Rimini, Barletta, Avellino, Trapani, Lecce e Carrara). Oltre ai rincari ci sono Comuni (122) che hanno scelto di diminuire il carico fiscale tra cui Bologna e Forlì.
TARI. Dalla rilevazione su una famiglia con abitazione di 80 mq e quattro componenti emerge che, nel 2019 la TARI aumenta in 44 Città capoluogo di Provincia (4 Città su 10), tra cui Catania, Torino, Genova, Trieste e Napoli; rimane stabile in 26 città, tra cui Milano, Roma, Bologna; diminuisce in 35 città, tra cui Cagliari, Firenze e Venezia. In particolare, in valori assoluti, il costo maggiore si registra a Trapani con 550 euro medi l’anno a famiglia; a Benevento se ne pagano 492 euro; ad Agrigento 470 euro; a Reggio Calabria e Salerno 461 euro. Per quanto riguarda le grandi Città (Città metropolitane): a Cagliari la tassa sui rifiuti pesa per 447 euro medi a famiglia; a Napoli 442 euro; a Messina 438 euro; a Catania 403 euro; a Bari 380 euro; a Genova 358 euro. Si paga un po’ meno a Bologna (229 euro medi); a Firenze (235 euro); a Palermo (281 euro); a Roma (308 euro); a Torino (326 euro); a Milano (338 euro); a Venezia (342 euro).
In conclusione, “dopo tre anni di blocco delle imposte locali – spiega Ivana Veronese Segretaria Confederale UIL – vi è una ripresa ad aumentare la pressione fiscale a livello locale. Riteniamo fondamentale – a tal proposito – riprendere il cammino delle riforme e completare il percorso del decentramento amministrativo e fiscale (federalismo amministrativo e fiscale), che si è bloccato negli ultimi anni. Va semplificato anche il meccanismo, – continua Veronese – riunendo in un’unica imposta l’IMU e la TASI, tanto più che le due imposte agiscono sulla stessa base imponibile. Occorre dare una “scossa” alla nostra economia e l’unica via è quella di ridare un po’ di fiato ai salari e alle pensioni. La riforma del fisco – conclude Ivana Veronese – di cui tanto si parla in questi giorni, deve partire da un punto chiaro e ben preciso: meno tasse, a tutti i livelli, su salari e pensioni, per rilanciare il potere d’acquisto”.