Dopo il mese di giugno di fatturati azzerati per le imprese del turismo e luglio con andamento a singhiozzo, si registra un agosto con numeri complessivamente ridotti, permanenze medie più brevi e spesa contratta, mentre le prospettive per settembre sono ridimensionate rispetto a quelle previste solo due mesi fa. E’ questo il quadro che emerge dalla rilevazione dell’Indice di fiducia dei viaggiatori italiani condotta, tra il 23 e il 31 agosto, da Swg per conto di Confturismo-Confcommercio.
Le speranze sul mese di settembre. Innanzitutto scende per la prima volta tra luglio e agosto – da 65 a 63 punti su scala da 0 a 100 – l’indice che rappresenta la propensione degli italiani a viaggiare. Non era mai successo in 5 anni di rilevazioni e il fatto che avvenga quest’anno, quando la misurazione aveva già registrato record catastrofici da marzo in poi, è ancora più grave. Vuole dire, dunque, che andranno per lo più deluse le speranze riposte sul mese di settembre per cercare di recuperare una stagione senza stranieri.
I dati. Ma lasciando perdere le previsioni per il futuro, i dati consuntivi parlano chiaro. Se nella rilevazione di giugno il 69% degli intervistati pensava che avrebbe fatto almeno un periodo di vacanza entro agosto, lo stesso campione, consultato nuovamente a fine mese scorso, dichiara di essere partito solo nel 60% dei casi (-9%) e, del 40% che non si è mosso, solo l’11% sono italiani che normalmente non fanno vacanze in questo periodo dell’anno. Gli altri indicano come motivo della “non partenza” i timori per la pandemia, nel 52% dei casi, ma anche difficoltà di ordine economico e mancanza di ferie, nel 47%. I “pienoni” di agosto, di cui si è parlato molto, sono dunque stati solo un miraggio estivo, nel senso che si sono concentrati in pochi giorni e in poche località.
L’impatto della crisi diventa ancora più forte e registrabile quando si misura la “qualità della vacanza”: solo il 41% degli intervistati ha fatto ferie di lunghezza tradizionale, con almeno 5 pernottamenti a destinazione, mentre il 19% ha fatto viaggi brevi o frazionati in più periodi, ma sempre di breve durata. Se per le tipologie di destinazioni il mare, già vincente nelle previsioni fatte a giugno, va addirittura oltre, raggiungendo un record storico pari al 62% delle preferenze, un altro record, purtroppo in negativo, lo segnano le città e luoghi d’arte che, nel dato consuntivo, registrano complessivamente un 10% delle preferenze. La montagna invece ha fatto registrare un incremento del 20% rispetto agli anni passati.
L’Italia resta la meta preponderante, scelta dal 96% degli intervistati, ben 19 punti percentuali sopra la media normale di questo mese, con ottimi andamenti delle mete in grado di offrire un mix ben calibrato di mare, entroterra, enogastronomia e natura come Puglia, Toscana ed Emilia-Romagna. Per il 4% che ha comunque fatto vacanze all’estero – dato che fa riflettere sulla crisi profonda che stanno attraversando agenzie di viaggio e tour operator – solo mete europee, dove si segnala la scomparsa dalla geografia turistica di destinazioni fondamentali come Spagna e Mar Rosso.
Secondo Luca Patané, Presidente di Confturismo-Confcommercio, “a fine marzo ipotizzavamo una perdita di valore della produzione del turismo nel 2020 nell’ordine dei 100 miliardi di euro: allora sembrava una visione eccessivamente drammatica ma ogni giorno che passa ci avviciniamo sempre più alla sua concretizzazione”. E prosegue: “Se, in parte col decreto Rilancio e poi con il decreto Agosto, il Governo ha finalmente cominciato a dare alcune risposte alle nostre richieste, oggi, alla luce di questi numeri e dell’oggettivo allontanamento del termine della crisi – almeno per il nostro settore – l’ampiezza e l’intensità di queste risposte vanno adeguate per fare un salto di qualità, se non vogliamo perdere un settore centrale e strategico per l’economia nazionale come il turismo. Con le risorse del Recovery Fund si può fare molto, ma bisogna mettere il turismo al centro delle politiche attive per la ripresa”.