“Se non verrà mantenuto un adeguato livello di investimenti pubblici nel Mezzogiorno, l’Italia rischia un taglio dei fondi strutturali”. Non lascia spazio a fraintendimenti l’ultimatum inviato la settimana scorsa al governo italiano da Marc Lemaitre, direttore generale della Dg Politiche regionali. Il preoccupante annuncio è stato ribadito dallo stesso direttore lo scorso lunedì a Bruxelles, a margine della conferenza stampa al Comitato delle Regioni, che ha dato inizio alla Settimana europea per le Regioni e le città.
“Cifre più che preoccupanti sugli investimenti al Sud”. Sarebbe questa, a detta della Commissione europea, la zona più critica della politica di coesione portata avanti dal governo italiano, il quale non avrebbe rispettato – si legge sul sito Ansa – “l’impegno contenuto nell’accordo di partenariato siglato dall’Italia e da Bruxelles per il 2014-2016” e consistente per l’Italia in un investimento nelle regioni del Sud in termini di risorse pubbliche pari allo 0,47% del Pil del Mezzogiorno. Tuttavia, come ha fatto notare Lemaitre nella lettera in questione, tali risorse non hanno superato lo 0,4%, con una differenza in negativo quindi dello 0,7%. Sembrerebbe una cifra irrisoria, eppure essa corrisponde al 20% in meno di risorse pubbliche. Inoltre, stando ai dati registrati negli ultimi anni sembrerebbe un fenomeno incline a peggiorare nel tempo: “se consideriamo anche il 2017 – ha infatti sottolineato Lemaitre – la percentuale scende ulteriormente allo 0,38%”.
L’ultimatum della Commissione Ue appare quindi tutt’altro che ingiustificato. Se infatti l’Italia non modifica la propria politica nel Meridione e non rispetterà dunque gli obiettivi prestabiliti per il 2014-2020 – ovvero garantire in queste regioni una spesa pubblica complessiva pari allo 0,43% – molto verisimilmente potrebbe subire quella che Lemaitre ha definito una “correzione finanziaria sull’intero porto”. In concreto dunque l’Italia rischia di assistere ad un consistente taglio dei fondi destinati dalla Commissione europea alle politiche regionali, che diventerebbe realtà a partire tuttavia solo dal 2022.
La prova dell’Eurobarometro. Durante la conferenza di apertura della Settimana europea per le regioni e le città, Lemaitre non ha fatto sconti all’Italia, anzi – come riporta il Sole 24 Ore – ha approfittato dei dati dell’Eurobarometro per rincarare la dose. Cifre alla mano, il direttore generale della Dg Politiche regionali ha voluto “richiamare l’attenzione sulla consistente riduzione degli investimenti nazionali al Sud – tali – da neutralizzare e rendere vano lo sforzo europeo nelle politiche regionali nel Mezzogiorno”. Queste le dure parole di commento della situazione in Italia, che, non a caso, è il paese in Europa dove meno si percepisce l’impatto positivo sul territorio dei progetti finanziati dai fondi europei: se infatti negli altri paesi europei la media di abitanti in grado di riscontrare i miglioramenti prodotti da tali fondi è pari al 81%, in Italia la percentuale non supera il 51%.
Le regioni del Sud Italia, secondo l’Eurobarometro, sono infatti tra le meno competitive in Europa (i dati più preoccupanti riguardano Calabria e Sicilia), sebbene l’Italia sia nell’intera Ue tra i massimi beneficiari, seconda solo alla Polonia, in termini di fondi destinati alle politiche regionali. Ciò mostra dunque come sia più che motivata l’accusa mossa dalla Commissione europea secondo la quale gli investimenti in calo da parte del governo italiano nel Mezzogiorno non rispetterebbero “i livelli previsti per non violare la regola Ue dell’addizionalità”. “Il principio di ‘addizionalità’ – riporta l’Ansa – garantisce che i fondi strutturali non sostituiscano la spesa pubblica, ma che rappresentino un ‘valore aggiunto’”. È questa la condizione imprescindibile che l’Italia non deve violare per non perdere parte dei fondi europei, ma il tempo a disposizione per “aggiustare il tiro” stringe sempre di più e la scadenza del 2020 si avvicina minacciosamente.