“La crisi demografica è, forse, il più importante problema strutturale dell’Italia che presenta da anni un tasso di fecondità totale (1.32 figli per donna nel 2018) al di sotto del livello di sostituzione e fra i più bassi in Europa. Con questi presupposti, il nostro Paese va verso un calo drammatico sia della popolazione in generale (da 60 milioni odierno a 56.5 nel 2050) sia ancor più della popolazione attiva. Nel 2050, infatti, è prevista una riduzione del 23% che equivale a una perdita di 3.5 milioni nei prossimi 20 anni”.
Lo ha affermato il presidente del Cnel Tiziano Treu aprendo i lavori di “L’Italia nella trappola demografica”, tenutosi a Villa Lubin al quale hanno partecipato rappresentanti di associazioni, politici e numerosi esperti di demografia, tra cui Letizia Mencarini e Daniele Vignoli, autori del libro “Genitori Cercasi: L’Italia nella trappola demografica”. Con loro a discutere del fenomeno, moderati dalla giornalista de La Stampa, Francesca Sforza, anche Massimo Livi Bacci, professore emerito di Demografia e accademico dei Lincei, Romina Fraboni dell’Istat, Francesca Galizia.
“Affrontare il tema della denatalità significa in primo luogo mettere in campo politiche strutturali e non singoli bonus. Servono interventi sull’occupazione femminile, investimenti sulle politiche sociali e servizi all’infanzia all’istruzione e occorre favorire le politiche di conciliazione. In particolare, il lavoro stabile è il primo antidoto per contrastare le incertezze che impediscono ai giovani di costruire il proprio futuro”, ha sottolineato Gianna Fracassi, vicepresidente CNEL.
“Il trend drammatico che esce dall’analisi della natalità italiana può essere rallentato solo in presenza di azioni politiche condivise e durature, che mettano al centro la fecondità come un investimento pubblico e non come un bene privato”, ha aggiunto la professoressa Cecilia Tomassini, consigliere CNEL e professoressa di demografia all’Università degli Studi del Molise.