L’Italia è al primo posto in Europa per quota di esercizi ricettivi, con più del 30% (2018, Istat). Nel 2019 il turismo ha fatto registrare 130,2 milioni di arrivi con un aumento di 42 milioni rispetto al 2015. Dal 2017 i clienti stranieri rappresentano la componente di maggior peso nelle strutture ricettive: 50,6% nel 2019 con una crescita del doppio rispetto agli ultimi 3 anni. Il settore della ricezione impiega 283mila addetti di cui 220 mila dipendenti, con un fatturato di 25,6 miliardi. Nel 2019 la spesa complessiva dei viaggiatori stranieri in Italia ammonta a circa 44,3 miliardi, di cui la metà spesa per gli alloggi, segue la ristorazione con un quinto. Il periodo di maggior presenza di turisti stranieri in Italia è proprio la stagione primaverile (con oltre il 56% delle presenze), più che nel resto dell’anno. Quest’anno, nello stesso periodo di riferimento, la quasi totalità del normale flusso di spesa effettuato da viaggiatori stranieri è destinato a restare nullo. Una perdita di circa 9,4 miliardi di euro, ossia l’ammontare della spesa del trimestre marzo-maggio del 2019.
Ne parliamo con Vito Cinque, proprietario e General Manager dell’hotel San Pietro di Positano, sulla splendida costiera amalfitana. Un cinque stelle ambitissimo da un turismo di livello e internazionale. Cinque rappresenta la terza generazione della famiglia di imprenditori che fondarono l’Hotel nel 1970 e che quest’anno avrebbe dovuto festeggiare i suoi 50 anni. Parliamo di una struttura che impiega 158 dipendenti che sarebbero dovuti crescere quest’anno fino a 165.
Il turismo pesa sul Pil italiano per circa il 13 per cento per un valore di oltre 232 miliardi di euro. E’ tra i settori economici più importanti del nostro Paese e, allo stesso tempo, tra i più colpiti dall’emergenza Covid 19. Il peso del settore della ricezione è il più rilevante. Come siamo messi?
Siamo messi molto male. Praticamente questa stagione è andata, tenendo conto che sarebbe dovuta partire a marzo-aprile, e pensare di riaprire tra qualche settimana è una scommessa al buio. A queste condizioni è difficile riaprire. Ovviamente tutto questo ha ricadute pesantissime sui collaboratori e i lavoratori del settore. Vorrei dire con vigore che è quasi utopico pensare che un certo tipo di turismo, come quello che si fa in costiera amalfitana per intenderci, possa essere sostenuto da un turismo italiano. Gli italiani che vanno in vacanza hanno una capacità di spesa che si aggira intorno ai 2.500 euro. Per intenderci meglio: un dirigente italiano ha la stessa capacità di spesa di un operaio americano. E’ quindi fuori dal senso della realtà pensare di poter sostenere la ripresa del turismo italiano lanciando slogan quali il “turismo a kilometro zero”. E’ una aberrazione che denota una scarsa conoscenza dell’economia del turismo e trovo inutile misure come il modesto bonus vacanza per le famiglie che in questo momento hanno altre priorità, come arrivare alla fine del mese. Siamo tutti consapevoli che dobbiamo arginare i danni pesanti che abbiamo subito in questa emergenza il più possibile con le nostre forze. Tutto grava sulle spalle dell’imprenditore e la mia speranza è che tutti riescano a riprendersi, prospettiva tutt’altro che scontata.
Il turismo straniero ha un grande peso per il nostro settore ricettivo che preferisce soprattutto la stagione primaverile. Le aspettative sembrano compromesse anche perché le frontiere, a quanto pare, non riapriranno subito per l’Italia. Cosa vi aspettate?
Solo nel nostro caso l’88 per cento della clientela è straniera e solo il 12 per cento italiano. In altre strutture alberghiere similari si scende in molti casi all’1 per cento di clientela italiana. Questi numeri spiegano in maniera inequivocabile la situazione. Ci sono molti fattori che fanno pensare che il turista straniero quest’anno non verrà in Italia. Non solo per i disagi che vivrebbero all’interno delle strutture rispetto alla osservanza delle norme di sicurezza, che ovviamente rispetto e considero giuste, ma che renderebbero la vacanza fonte di stress e non una emozione indimenticabile. Come si fa ad obbligare tutti i clienti ad indossare la mascherina nelle aree comuni? Dopo un lungo periodo di inattività, inoltre, molte persone preferiranno rimanere vicino al loro luogo di lavoro. E poi ci sono segnali inequivocabili di disincentivo dei governi a non venire in Italia. Non solo a livello europeo la situazione è caotica, ma anche il turismo americano è fortemente in dubbio. Intanto le loro assicurazioni sanitarie statunitensi non coprono il rischio Covid 19 e poi cito il caso dell’Ambasciata Americana a Roma che ha diramato un documento ufficiale in cui si dice chiaramente ai cittadini americani di non venire in Italia e che l’ambasciata non sosterrà chi eventualmente dovesse avere problemi legati al virus. Se queste sono le premesse è evidente che le conseguenze per il settore sono e saranno molto pesanti.
Come giudica le misure messe in campo dal Governo per fronteggiare l’emergenza del settore e la crisi di liquidità delle imprese?
Le imprese in questo momento hanno bisogno di concrete forme di sostegno. Tra le prime cosa da mettere in atto dovrebbe esserci un alleggerimento notevole dei costi di gestione delle attività, tenendo conto sia dei costi fissi che rimangono più o meno gli stessi e sia del forte calo del fatturato. Un corto circuito che bisogna affrontare facendo leva soprattutto sul fronte dei costi, l’unico su cui si può intervenire davvero. In questo senso mi aspetto dal Governo misure e provvedimenti di alleggerimento della pressione fiscale e contributiva di forte impatto. Mi auguro che si rafforzi il più possibile questa ipotesi di intervento insieme a misure efficaci di sostegno alla liquidità.
Quali sono le sue proposte?
La nostra struttura conta 158 collaboratori, che sarebbero saliti quest’anno a 165 se non ci fosse stata l’emergenza del coronavirus. Il peso del costo del lavoro sui costi generali è fondamentale. Perché non pensare in questo periodo straordinario di ridurre almeno del 50 per cento il cuneo fiscale tenuto conto che comunque abbiamo dei costi fissi che dobbiamo sostenere a prescindere dalla riapertura o meno dell’attività? Abbiamo, per di più, assistito ad una triplicazione della burocrazia, un vero fardello. Lo dico con forza: semplifichiamo il più possibile le procedure. Questa è una vera necessità. E poi c’è un tema di fondo, la fiducia. Chiedo allo Stato di dare fiducia agli imprenditori che hanno tutto l’interesse a far funzionare al meglio le loro attività nel rispetto delle regole. Serve un piano di rilancio del nostro turismo che al momento non vedo. Segnalo, mio malgrado, che purtroppo in questo periodo si è alimentato in modo irresponsabile un sentimento anti-impresa, ideologico e illogico, che fa male a tutti, all’economia, al lavoro e alle stesse istituzioni. Mi auguro che anche da questo punto di vista si ristabiliscano i giusti valori.
La riapertura delle attività è fortemente condizionata anche dalle misure di “sicurezza” che sono state emanate che incidono profondamente sulle abitudini dei turisti e che potrebbero avere un ulteriore effetto disincentivo Si può lavorare in questa condizione?
Considero giuste e necessarie le misure e le norme di tutela della salute e della sicurezza delle persone, tuttavia mi pongo diversi interrogativi e dubbi. Penso ai disagi che i clienti vivrebbero all’interno delle strutture rispetto alla osservanza delle norme di sicurezza che renderebbero di fatto la vacanza fonte di stress e non una emozione indimenticabile. Come si fa ad obbligare tutti i clienti ad indossare la mascherina nelle aree comuni?