Nel 2018 l’attività economica umbra ha continuato a crescere a un ritmo modesto, ancora inferiore a quello dell’Italia. A rivelarlo è il rapporto annuale di Banca d’Italia che spiega anche come all’ulteriore espansione delle esportazioni si sia contrapposto l’indebolimento di consumi e investimenti. Sulle prospettive per l’anno in corso, invece, grava l’accresciuta incertezza sull’evoluzione della situazione economica italiana e internazionale. L’Umbria, infatti, è stata una tra le regioni più pesantemente colpite dalla crisi economica e finanziaria e mostra difficoltà anche nella fase di ripresa. Le analisi di Banca d’Italia evidenziano come tra i fattori strutturali che ancora frenano lo sviluppo dell’economia locale vi siano la bassa produttività del lavoro e il contenuto grado di innovazione delle imprese.
Le imprese. La produzione agricola si è stabilizzata, dopo la flessione del biennio precedente. Quella industriale ha mostrato un progressivo rallentamento; vi ha influito il calo degli ordini registrato nella seconda parte del 2018. L’andamento del fatturato è rimasto vivace nei comparti dell’alimentare, dell’abbigliamento e della siderurgia, che hanno beneficiato dell’accelerazione delle esportazioni. Si è interrotta la crescita degli investimenti industriali; il ricorso agli incentivi fiscali, seppure in aumento, è rimasto contenuto. Nell’edilizia sono emersi, dopo lungo tempo, lievi segnali di recupero sia nel segmento residenziale sia in quello delle opere pubbliche; vi ha contribuito, anche se in misura ridotta, l’avvio della ricostruzione post-terremoto. La modesta dinamica dei consumi delle famiglie si è riflessa in un calo delle vendite commerciali. Nel turismo il numero di pernottamenti, pur recuperando appieno la perdita registrata in seguito agli eventi sismici, è risultato pressoché invariato rispetto ai livelli di inizio anni Duemila, segnale di una ridotta capacità della regione di intercettare lo sviluppo dei flussi turistici mondiali. Sullo sviluppo del settore pesano le difficoltà nel valorizzare e rendere accessibili le ricchezze del territorio, rispetto alle quali il gradimento dei turisti è comunque tra i più elevati in Italia. La redditività delle imprese si è ulteriormente rafforzata, riportandosi su livelli prossimi a quelli pre-crisi; ne hanno beneficiato la liquidità e la capacità di autofinanziamento. Dopo un triennio di espansione i prestiti al settore produttivo sono tornati a diminuire anche per le minori richieste dirette a sostenere gli investimenti. L’andamento si è confermato peggiore per le aziende più rischiose.
Il mercato del lavoro. Alla debole fase di ripresa si sono associati livelli occupazionali ancora stazionari. Le ore lavorate hanno invece continuato a crescere, anche per la forte riduzione del ricorso alla Cassa integrazione. Tra i lavoratori dipendenti sono tornate ad aumentare le assunzioni stabili, grazie all’elevato numero di trasformazioni di contratti a tempo determinato precedentemente avviati. Il tasso di disoccupazione si è ridotto per la minore offerta di lavoro connessa anche con un’accresciuta partecipazione dei giovani ad attività di studio e formazione. Tra i disoccupati la quota di coloro che percepiscono un sussidio è aumentata e risulta superiore alla media nazionale.
Le famiglie. La valutazione delle famiglie umbre sulla propria situazione economica è migliorata. Il reddito disponibile si è lievemente incrementato. L’incidenza delle situazioni di povertà assoluta è rimasta elevata; la distribuzione del reddito da lavoro si mantiene tuttavia più equilibrata rispetto all’Italia. I finanziamenti alle famiglie hanno continuato a crescere, soprattutto per il credito al consumo. Anche la domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni si è ripresa, beneficiando di tassi di interesse in ulteriore calo. Il livello storicamente ridotto di questi ha stimolato negli ultimi anni un ampio ricorso a operazioni di surroga e di sostituzione realizzate soprattutto dagli intermediari di maggiori dimensioni.
Il mercato del credito. Il ridimensionamento della rete territoriale delle banche presenti in regione è proseguito; vi è corrisposto lo sviluppo dei canali innovativi di contatto con la clientela e degli strumenti di pagamento alternativi al contante, la cui diffusione in Umbria è comunque inferiore rispetto al resto del Paese. La crescita dei prestiti erogati in regione ha rallentato fino ad annullarsi nei primi mesi dell’anno corrente, risentendo soprattutto della minore domanda di finanziamenti delle imprese. I criteri di offerta adottati dagli intermediari si sono mantenuti nel complesso favorevoli pur evidenziando primi segnali di irrigidimento. La qualità del credito è ulteriormente migliorata; l’incidenza dello stock di partite anomale ha continuato a diminuire a ritmi sostenuti per l’intensificarsi delle operazioni di cessione delle sofferenze.
La finanza pubblica. Nel 2018 la spesa corrente degli enti territoriali è cresciuta moderatamente. Oltre ai costi per l’acquisto di beni e servizi sono aumentati quelli per il personale anche a seguito dei rinnovi contrattuali. Nel settore sanitario tale incremento segue una lunga fase di stabilità; in prospettiva l’elevata età media e l’applicazione dei recenti provvedimenti legislativi in materia pensionistica potrebbero riflettersi negativamente sulla dotazione di personale sanitario. La spesa in conto capitale è aumentata sensibilmente; vi ha contribuito la forte accelerazione nell’attuazione dei programmi comunitari, il cui stato di avanzamento rimane tuttavia inferiore a quello del resto del Paese e ai livelli raggiunti nel precedente ciclo di programmazione. Gli investimenti degli enti territoriali hanno invece continuato a diminuire. Le entrate correnti sono cresciute; il calo dei proventi tributari è stato compensato dai maggiori trasferimenti. È proseguita la riduzione del debito delle amministrazioni locali.