La sentenza del 5 maggio della Corte Costituzionale (Bundesverfassungsgericht) sul Quantitative Easing si riferiva in particolare al programma di acquisto dei titoli di Stato (Public Secgtor Purchase Programm- PSPP). Nello specifico la Corte ha respinto il ricorso contro il suddetto piano d’acquisto, spiegando che quest’ultimo non finanzia gli Stati ed è quindi in linea con il divieto imposto dal Trattato contro la monetizzazione dei debiti pubblici nazionali. Tuttavia, in contemporanea i giudici hanno accolto i ricorsi di alcuni accademici tedeschi sulla possibilità che lo stesso Qe in fase di acquisto sia andato oltre il mandato della BCE con un mancato rispetto della proporzionalità. La sentenza, che riguarda in parte anche il nuovo piano di acquisti da 750 miliardi in risposta all’emergenza scaturita dalla crisi pandemica, rischia di creare un precedente pericoloso sul piano istituzionale europeo.
Ultimatum. Come detto, in merito alla proporzionalità, intesa come analisi controfattuale che valuta i vantaggi e svantaggi della decisione, la Corte di Karlsruhe ha chiesto al Consiglio Direttivo della BCE di dimostrare “in maniera comprensibile e con argomentazioni” che il piano di acquisti dei titoli di Stato non abbiano ripercussioni fiscali ed economiche non proporzionate, specialmente con una verifica dei piani Qe1, scaduti a gennaio 2019, e del Qe2, iniziato nel novembre 2019. Il chiarimento chiesto dai giudici tedeschi è nella pratica un vero e proprio ultimatum. Infatti, qualora non arrivino tali chiarimenti esaustivi riguardo al programma entro tre mesi, la Bundesbank dovrà ritirarsi dal piano di intervento BCE. Per meglio chiarire il concetto è necessario un esempio: lo stato italiano pesa il 15,6% nel capitale della Banca Centrale europea, ma gli acquisti nel programma attuale di interventi è oltre il 30%. In merito a questo i giudici tedeschi sostengono che non ci siano sufficienti dati che dimostrino che tale sproporzione possa diventare un finanziamento monetario del deficit. Inoltre, la Corte tedesca, senza argomentare la propria posizione, ha accusato la Corte di giustizia europea di aver permesso alla BCE di ampliare le proprie competenze.
Rischi. Nel concreto è estremamente irreale che la sentenza dei giudici di Karlsruhe produca effetti diretti e reali, dato che la BCE, che ha già preso nota del giudizio, non dovrebbe avere problemi a chiarire il proprio modus operandi visto che negli ultimi anni ha pubblicato un numero esorbitate di commenti, approfondimenti e focus specifici volti a chiarire il ragionamento dietro le proprie scelte economiche. Fatto sta che la sentenza della Corte Costituzionale tedesca rappresenta un precedente rischioso e pericoloso, che potrebbe avere conseguenze preoccupanti nel medio e lungo periodo. In particolare, sulle accuse rivolte alla Corte europea, molti osservatori hanno fatto notare come la Germania nella pratica si sia sentita libera di non rispettare la gerarchia giurisprudenziale europea. Ciò rischia che altri paesi emulino l’atteggiamento tedesco, specialmente quelli del centro ed est europeo dove più volte ci sono stati scontri tra la Corte di Giustizia e gli esecutivi locali riguardo la tenuta democratica liberale degli stessi, che hanno adesso un precedente sul quale respingere o interpretare in maniera le sentenze della stessa.
Critiche. Molti ambienti conservatori e della destra tedesca hanno elogiato la sentenza del supremo organo giudiziario tedesco, ma molti economisti e quotidiani specializzati europei hanno fortemente criticato tale scelta. L’ex vicepresidente BCE, Viktor Costacio, in merito alle ripercussioni di tale sentenza sui Pepp, i cosiddetti Coronabond, ha commentato: “Questo è il grande rischio. In Germania arriveranno immediatamente nuovi ricorsi giudiziari contro la Pepp. La Corte insiste nella ridicola distinzione tra politica monetaria e politica economica e vuole la proporzionalità nei suoi effetti. Un economista tedesco può spiegare cosa significa?” Inoltre, diversi commentatori hanno fatto notare come ci sia una evidente contradizione tra i principi della tradizione tedesca, il cui pilastro di stabilità economica si basa sul fatto che le banche centrali debbano essere libere da interferenze politiche, e il dettato dei giudici tedeschi, dove si chiede al governo e al parlamento di intromettersi nell’azione della BCE.
Risposte. La Banca Centrale, come detto, ha già preso nota della sentenza, ma, con un comunicato stringato, ha anche ribadito la sentenza della Corte di Giustizia europea sulla legalità del programma e la determinazione a perseguire l’obiettivo di proteggere la stabilità dei prezzi nell’eurozona e la trasmissione efficace delle politiche monetarie. Più dura la risposta della Commissione che con un comunicato ha riaffermato “la primazia del diritto Ue e il fatto che le sentenze della Corte di Giustizia dell’Ue sono vincolanti per tutte le corti nazionali”, ma anche alcuni commissari europei, tra cui Paolo Gentiloni, hanno criticato la presa di posizione della Corte tedesca. Gli effetti reali di questa sentenza si vedranno solo sul lungo periodo, ma sul piano finanziario gli effetti si sono già fatti sentire con un drastico rialzo dello spread tra BTP e Bund che ha sfiorato i 250 punti. Il rischio più grande è che tale sentenza possa essere un altro drammatico colpo alla tenuta politica dell’Unione Europea.