Il progetto di moneta virtuale globale di Marck Zuckerberg fa discutere tutta la comunità internazionale, perché il suo potenziale dirompente è enorme (pensiamo ai due miliardi di utenti del social network) e perché, allo stato attuale, i contorni della sua applicazione sono ancora indefiniti e destano preoccupazioni a livello di sistema. Non è un caso, quindi, che sono subito sollevate crociate contro l’idea di questa criptovaluta e che molte delle critiche siano arrivate dall’establishment politico. Il Comitato per le operazioni bancarie e valutarie statunitense, l’House Financial Services Committee, ha per esempio criticato senza mezzi termini la mancanza di una cornice legislativa di riferimento che possa tutelare i cittadini, le aziende e i mercati da eventuali abusi o danni derivati da Libra. In una nota ufficiale la Presidente di questo organismo, Maxine Waters, ha scritto che “Facebook possiede i dati di miliardi di persone e ha più volte mostrato di non rispettare la protezione e l’attento uso di questi dati e ha esposto gli americani ad account malevoli e falsi creati da antagonisti, fra cui l’intelligence russa e trafficanti internazionali”. Poco tenero nei confronti di Libra è stato anche il ministro dell’economia e delle finanze francese, Bruno Le Maire, che in un’intervista all’emittente radiofonica Europe 1 ha ribadito a chiare lettere come la nuova moneta “non può e non deve succedere che possa mai sostituirsi alle valute tradizionali”. Poteri forti schierati contro, dunque, che mirano a destabilizzare una figura, quella di Zuckerberg, che oggettivamente non sembra avere i requisiti per erigersi a paladino globale della privacy. Il lancio di Libra, però, si accompagna a forti interessi economici in gioco, che potrebbero cambiare il giudizio del mercato, e anche della politica.
L’allarme del Garante della Privacy. “I colossi del Web hanno oggi volumi di transazioni paragonabili a quelli di molti Stati, trattano alla pari con i Governi, fanno con loro accordi non solo commerciali, e adesso battono anche moneta. Quote immense di potere stanno via via passando di mano dagli Stati a soggetti privati. Se il settore non sarà vincolato in fretta a principi di governance democratica, rischiamo di consegnare un’ampia fetta dei nostri diritti ad un pugno di monarchie digitali, fondate sul potere dei dati”. Condivisibile o meno, l’allarme lanciato (in un’intervista al quotidiano il “Mattino” da Antonello Soro, il Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, è molto esplicito e punta l’indice sui pericoli che si porta appresso la moneta virtuale di Facebook. Viene quindi scontato chiedersi se è davvero a rischio la democrazia globale ma soprattutto se lo è solo ora, dopo che negli ultimi dieci anni gli stessi colossi del Web (Facebook, Amazon, Google e via dicendo) hanno avuto strada libera per edificare il loro dominio.
Alla ricerca di un’innovazione etica. “Adesso si dirà che i dati delle transazioni finanziarie resteranno separati da quelli che Facebook raccoglie sulla piattaforma social – ha aggiunto Soro –, ma in realtà abbiamo già troppe esperienze di impegni mancati rispetto alla privatezza. La piattaforma americana si impegnò, ad esempio, a tenere distinti i dati social degli utenti da quelli raccolti su Whatsapp ma così non è accaduto. Pensare che non accadrà neanche questa volta è dunque del tutto legittimo e stavolta con conseguenze ancora più preoccupanti anche per la privacy”. Dubbi legittimi, quelli del Garante italiano, ma servirebbero allora soluzioni per ovviare a questi rischi, che spesso gli enti regolatori non hanno contribuito a trovare. E se poi, come dice Soro, “anche il sistema blockchain non è così sicuro come viene presentato, ma evidenzia anzi molte possibili criticità” diventa però difficile credere che l’evoluzione tecnologica possa rendere migliore la vita di cittadini e consumatori. Tutti vorrebbero che l’innovazione fosse etica, non sempre è possibile che accada. Negli ultimi dieci anni il dazio pagato dagli utenti al salto in avanti della tecnologia è stato consistente. E forse si è fatto troppo poco per evitare che così andasse.