Con il “Decreto Rilancio” da 55 miliardi l’esecutivo italiano ha deciso di dare una sterzata alla ripartenza di Alitalia, stanziando oltre tre miliardi per la ripartenza della stessa. Il destino della compagnia, però, rimane incerto e solo i prossimi mesi sapranno dirci se la mossa del governo si risolverà in un investimento di successo o in un ennesimo spreco di risorse pubbliche. Al di là della sicurezza da parte dei ministri coinvolti in questa operazione, diverse sono le incognite sul futuro della flotta che in questi anni, nonostante le continue operazioni di salvataggio operata nel corso delle diverse legislature, è andata in costante perdita. Inoltre, lo stanziamento dovrà essere anche valutato dal commissario dell’Unione Europea alla concorrenza, per verificare il rispetto delle regole europee in materia di aiuti di Stato.
Società di stato. Al momento, secondo quanto esplicato dal Decreto Rilancio, il destino di Alitalia sembra quello di diventare una compagnia a partecipazione statale a tutti gli effetti. I tre miliardi stanziati, infatti, saranno finalizzati per “la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Tesoro o da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta, per la quale il ministero dell’Economia può partecipare con complessivi 3 miliardi per il 2020”. La newco avrà anche la possibilità di “acquistare e prendere in affitto rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo, anche in amministrazione straordinaria”, ma la stessa avrà la necessità e il dovere di stilare “un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell’offerta, che include strategie strutturali di prodotto”.
Le posizioni delle istituzioni. Secondo i ministeri coinvolti, i quali hanno spinto in particolar modo per questo esorbitante finanziamento, la “nuova” Alitalia rappresenta una leva fondamentale per il rilancio economico italiano a seguito dell’emergenza dovuta alla pandemia del Covid-19. Il ministro de Trasporti, Paola De Micheli, ha specificato che “Tre miliardi in Alitalia li mettiamo perché è strategica. Lo era prima, oggi lo è più che mai. Alitalia è stata, è, e tornerà ad essere il vettore nazionale, perché abbiamo bisogno di avere uno strumento di attrazione trasportistica internazionale delle persone per farle tornare in Italia”. Secondo il Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, tale passaggio è fondamentale perché “tutte le compagnie di bandiera, in questo momento, chiedono l’ingresso dello Stato nei loro capitali. E un momento storico per Alitalia, che finalmente ripartirà ad armi pari con le altre” e proprio nel Decreto Rilancio è previsto un fondo di duecento milioni di euro per le tre compagnie aeree minori. Infatti, proprio sul passaggio riguardante il poter “acquistare e prendere in affitto rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo”, Alitalia potrebbe procedere all’affitto dei servizi di Air Italy, in liquidazione da febbraio, Blue Panorama del gruppo Uvet, Neos di Alpitour e di Air Dolomiti della potente Lufthansa, le quali sono tutte aviolinee con licenza italiana. La newco, inoltre, potrà “costituire una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri”.
L’ennesimo investimento. Il versamento dei tre miliardi per la ripartenza della “nuova” Alitalia rappresenta una cifra notevole: nella pratica equivale alla fatturazione totale della compagnia stessa nel 2019. Per comprendere l’entità di questo versamento è necessario qualche paragone. Infatti, un colosso Air France-Klm, con un comparto di 546 aerei, dispone di un patrimonio di 2,3 miliardi di euro. La compagnia di bandiera italiana non dispone certo di una simile flotta, senza contare che già prima della crisi pandemica la compagnia versava in una acuta fase di crisi. Altri dubbi vengono sollevati dal fatto che, con quest’ultimo oneroso contributo statale, Alitalia è costata ai contribuenti oltre dodici miliardi di euro negli ultimi 45 anni. Qualora il progetto del governo non prendesse quota, un ennesimo fallimento rappresenterebbe probabilmente il colpo di grazia alla compagnia. Infine, vi è il nodo riguardante la designazione dell’Amministratore Delegato che guiderà la compagnia, fondamentale per la stesura del piano industriale di sviluppo. Diversi sono i nomi che in queste settimane sono stati ipotizzati: da Giancarlo Zeni, direttore responsabile del vettore sotto la gestione commissariale di Alitalia, ad Alfredo Altavilla, responsabile delle attività europee di Fiat-Chrysler fino a luglio 2018. Tuttavia, diverse sono le incertezze a livello istituzionale e dovrà esserci una mediazione importante, anche per accontentare i tecnici del Mef che vorrebbero un altro nome, per giungere ad una nomina univoca.
La Valutazione UE. Un altro esame da superare per la “nuova” Alitalia sarà la valutazione sulla liceità del finanziamento da tre miliardi, che dovrà ottenere l’autorizzazione dal commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager. Infatti, questo ennesimo salvataggio per mezzo di finanze pubbliche sarà difficile da spiegare alle istituzioni europee, specialmente per il fatto che l’Italia è uno dei paesi che con maggior forza ha chiesto aiuti a fondo perduto. Secondo le istituzioni nazionali, la newco a capitale pubblico rappresenta un’operazione di mercato, in questo modo il versamento ad Alitalia non risulterebbe come un aiuto di Stato. Tuttavia, affinché l’UE approvi l’operazione, è necessaria una discontinuità aziendale, come già accaduto nel 2008. Ciò comporterebbe alcune condizioni: ridimensionamento del perimetro della compagnia con riduzione delle rotte, delle macchine e dei dipendenti, che oggi ammontano a poco meno di 12 mila unità. Il ricco versamento per salvare e rilanciare Alitalia rappresenta una scommessa, ma solo il tempo dirà se il suo esito sarà vincente o meno.