Il settore dei servizi professionali alle imprese, costituito prevalentemente dalla consulenza aziendale e dalle attività finanziarie, a causa della crisi da Covid-19 e del conseguente lockdown di questi mesi, rischia di perdere nel 2020 quasi 4 miliardi di euro di valore aggiunto con la scomparsa di circa 30 mila imprese e quasi 90 mila posti di lavoro.
I risultati. Questo sia per gli effetti diretti derivanti dall’obbligo di sospensione dell’attività, sia per quelli indiretti, ovvero il crollo – in alcuni casi un vero e proprio azzeramento – del volume di affari patito dalle imprese che hanno potuto proseguire l’attività. Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un focus di approfondimento sugli effetti del Covid-19 realizzato da Asseprim–Confcommercio, Federazione dei servizi professionali, in collaborazione con Format Research.
“Come dimostrano i numeri, questa crisi ha colpito molto duro anche il nostro comparto. Abbiamo indirizzato una lettera aperta al Governo e ai media per richiamare l’attenzione sulle conseguenze che possono derivare dalla crisi di un settore che assicura oltre 2,5 milioni di posti di lavoro. Il rischio, serio e più che concreto, è quello – dichiara il presidente di Asseprim-Confcommercio Umberto Bellini – di un impoverimento del mercato, nei prezzi e nei contenuti. Per questo servono misure immediate ed efficaci per sostenere la liquidità delle imprese del settore, e garantirne la continuità aziendale, e per limitare il peso delle imposte, attraverso differimenti di scadenze e rateizzazioni. Ma per ripartire veramente servono misure per chi utilizza i servizi professionali sotto forma di incentivi a fondo perduto o crediti d’imposta”.
I dati. In Italia – secondo l’indagine – su 3,3 milioni di imprese del terziario, 767mila (il 23%) operano nei servizi professionali alle imprese. La consulenza aziendale (567mila imprese) è l’ambito più rappresentato. Importante anche la rappresentanza delle attività finanziarie (oltre 100mila) e delle imprese di comunicazione e marketing (74mila). Completano il comparto le imprese del settore audiovisivo, delle risorse umane, delle ricerche di mercato.
Le imprese che operano nelle ricerche di mercato, attività di pubblicità, comunicazione ed eventi, produzione audiovisiva sono state costrette a chiudere, ripiegando solo quando possibile a canali alternativi quali lo smart working. Molte altre hanno potuto proseguire la propria attività (imprese finanziarie, editoria, gran parte della consulenza aziendale). Nonostante questo, tutte le imprese del settore hanno patito in ogni caso gli effetti del periodo di stop comandato nei mesi di marzo e aprile.