Lo scorso 6 giugno gli Stati dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) ha deciso di estendere il taglio alla produzione di petrolio, pari a quasi dieci milioni di barili al giorno, fino alla fine di luglio per aumentare i prezzi del greggio duramente colpiti dalla crisi pandemica. Il Covid-19, infatti, ha portato ad un drastico calo della domanda. Gli accordi di aprile, fortemente voluti da Donald Trump per raddoppiare il prezzo del greggio, hanno evitato il fallimento dell’industria petrolifera statunitense. Nel vertice di sabato tra i paesi dell’OPEC Plus, diverse sono le criticità emerse e l’iniziale entusiasmo dei mercati è velocemente sfumato.
Inversione di rotta. Spinto dalle importazioni record della Cina, il Brent aveva raggiunto quota 43,50 dollari al barile sul finire della scorsa settimana. Come detto, questo iniziale ottimismo è scemato velocemente e nella giornata di lunedì le quotazioni hanno perso oltre il 3%, abbassando il prezzo ad appena 41 dollari al barile. Questo cambio repentino è stato dovuto proprio alla conferenza stampa in streaming dell’OPEC Plus, decantata dal presidente di turno, il ministro algerino Mohamed Arkab, come uno dei principali vertici di successo nella storia dell’organizzazione per la trasparenza mostrata. Tuttavia, gli investitori sono stati attratti e influenzati più dalla notizia dell’interruzione a fine mese del taglio da 1,2 milioni di barili al giorno in aggiunta alla riduzione decisa in seno all’OPEC Plus da parte di Arabia Saudita, Emirati Arabi e Kuwait. Secondo le decisioni prese nel summit del 6 giugno, quest’ultima rimarrà invariata anche a luglio, mentre il taglio extra volontario era valido per un solo mese al fine di “dimostrare buona volontà, per creare un’atmosfera migliore nel gruppo”, come spiegato dal principe saudita Abdulaziz Bin Salman.
Chiarimenti. Il ripristino della produzione da parte di Riad non significa che quest’ultima lo riverserà sul mercato. Abdulaziz ha specificato che tale ripristino “in buona parte andrà a soddisfare i consumi interni, che d’estate aumentano”. A favore delle affermazioni saudite vi è il notevole aumento dei prezzi di listino della Saudi Aramco, i quali hanno visto un rialzo che dovrebbe scoraggiare l’accumulo ulteriore di scorte e per i quali il principe saudita suggerisce una lettura precisa: “un’indicazione che la domanda è buona”. Infatti, la domanda in Cina è tornata a ottimi livelli. Le importazioni cinesi di greggio nel mese di maggio hanno raggiunto ha toccato la quota di 11,34 milioni di barili al giorno, che rappresenta un record storico. Tuttavia, è probabile che con l’aumento dei prezzi tale situazione non durerà a lungo. Lo stesso Abdulaziz ha spiegato che l’Opec Plus “deve restare vigile perché siamo ancora in regime di crisi”.
L’imprevisto della Libia. A complicare il quadro è la ripartenza del petrolio libico. Nonostante la tensione nel paese e le poche rassicurazioni date da un cessate il fuoco difficile da mantenere, è ufficiale la ripresa della produzione petrolifera da parte libica. La National Oli Company (Noc) ha difatti confermato la ripresa delle attività del giacimento Sharara, il maggiore del martoriato stato libico, oltre a quello di El Feel, di cui l’Eni è socia. Si tratta di circa 400 mila barili al giorno che torneranno gradualmente sul mercato. Lo stato di forza maggiore sulle esportazioni è stato già revocato da parte della Libia, che il CEO del Noc auspica possano riprendere il prima possibile. Tuttavia, la questione libica rappresenta una questione delicata per l’OPEC Plu e secondo il ministro russo, Alexander Novak, quest’ultima “dovrà essere considerata nel dettaglio”.
I disobbedienti e i potenziali rischi. Il summit di sabato ha chiarito, inoltre, che non ci sarà nessuno strumento, eccezion fatta per la moral suasion, per poter imporre il rispetto degli accordi sui tagli di produzione, che in questo momento rappresenta un tassello fondamentale. Infatti, le intese del 6 giugno verranno meno qualora non si raggiunga l’adesione piena alle quote da parte dei paesi contraenti. Gli stati che non hanno rispettato, in particolare Iraq, Nigeria e Kazakhistan, dovranno recuperare gli arretrati entro settembre, che nei fatti è un’impresa difficile da realizzare. La possibilità che qualche stato venga meno non è improbabile, lo stesso Abdulaziz ha spiegato come questo “è un evento puramente ipotetico, l’Opec Plus si fonda su una discipina auto imposta”. Al di là dei rischi e del quadro di crisi causato dalla pandemia, non manca ottimismo nel futuro. Secondo Rystad Energy, il calo di produzione causato dalle difficoltà finanziarie delle compagnie in aggiunta all’estensione dei tagli operati dall’OPEC Plus sposteranno il mercato in deficit di offerta da questo mese alla fine prossimo anno. Ovviamente, tale condizione si avrà solo se la disciplina dell’organizzazione resterà forte e non ci saranno radicali alterazioni della traiettoria di recupero della domanda.