Dal recente Rapporto sulle economie regionali svolto dalla Banca d’Italia, emerge che per l’economia campana, la ripresa dalla grande crisi, avviatasi nel 2014, si è indebolita. Il peggioramento che ha interessato la regione si è esteso a tutte le principali componenti dell’economia. A tal proposito abbiamo intervistato il presidente di Confindustria Campania Vito Grassi che ci ha spiegato meglio le dinamiche dell’economia campana, i punti di forza e le leve su cui puntare.
Dalla fotografia fatta dalla Banca d’Italia, l’economia campana nel 2018, è stata investita da un peggioramento che si è esteso a tutte le principali componenti dell’economia regionale. Anche le previsioni per i prossimi mesi non sembrano mostrare grandi segni di ripresa. Come commenta questi dati? L’economia campana è attualmente impegnata ancora a recuperare i livelli pre crisi. Gli indicatori congiunturali sono spesso oscillanti. Quello che è rilevante è il perdurante insufficiente livello di infrastrutturazione a sostegno delle attività produttive, che impone la definizione e l’attuazione concreta di politiche di sviluppo finalizzate a ridurre il divario economico e sociale della regione e del Sud nei confronti di altre aree d’Italia e d’Europa.
L’attività turistica campana ha beneficiato del positivo afflusso di turisti e visitatori. A tal proposito, qual è la strada da seguire per consolidare e potenziare questo trend positivo nel settore turistico? L’impegno costante resta quello di rendere sempre più accogliente il territorio, dotandolo di infrastrutture e di servizi adeguati. I flussi turistici si consolidano e si accrescono se l’esperienza vissuta dai visitatori è soddisfacente e se l’offerta turistica è risultata all’altezza degli standard espressi dai territori competitors. Occorre naturalmente saper anche gestire un trend positivo, evitando fenomeni degenerativi come quelli originati dalla cosiddetta massificazione del turismo. E’ giusto ‘vendere’ il prodotto Napoli o quello Campania, ma bisogna farlo senza snaturare luoghi e identità locali.
Il lavoro. Nel 2018 l’occupazione in Campania è calata, interrompendo la fase di crescita avviata a partire dal 2015. I livelli occupazionali si sono tuttavia mantenuti su valori analoghi a quelli pre-crisi. Il tasso di disoccupazione è ancora elevato, nonostante il calo del 2018. Quali politiche e quali provvedimenti bisognerebbe mettere in campo per favorire l’occupazione? Serve una strategia di crescita del Paese che recuperi un ruolo centrale per il Mezzogiorno. Che abbia come leve strategiche prioritarie le infrastrutture e l’innovazione. Che assuma l’impresa e la cultura d’impresa come punti di riferimento fondamentali per le azioni da porre in essere. Napoli in particolare, partendo dal Polo di San Giovanni a Teduccio, esperienza d’eccellenza ampiamente riconosciuta a livello non solo europeo, si candida a diventare una capitale mondiale dell’innovazione, della creatività e della digitalizzazione. Non è utopia. E’ lo sbocco possibile di un territorio che, tra cittadella universitaria dell’area orientale e l’area di Città della Scienza, concentra realtà come: Apple, Cisco, Deloitte Academy, Tim Wcap Napoli, Fs Mobility Academy, Innovation Center di Intesa Sanpaolo, Scuola Politecnica e delle Scienze di Base, l’Incubatore Campania New Steel. Una concentrazione così elevata di attività di alta formazione non può, non tradursi, in una contaminazione virtuosa con il mondo della produzione e dell’impresa, pubblica e privata.
Il peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro, di riflesso, ha inciso sui consumi delle famiglie che sono calati. La Campania, inoltre, presenta una diffusione della povertà superiore alla media italiana e una maggiore diseguaglianza dei redditi. A pesare sono anche la bassa qualità dei servizi pubblici nonché le cattive condizioni di salute rispetto ad altre aree del Paese. Come e in che misura tutto ciò incide negativamente a livello generale sulla regione Campania e, più nello specifico, sull’economia campana? E’ evidente che la mancanza o la scarsa qualità dei servizi pubblici condiziona l’economia, è un disvalore che rende meno competitivo il sistema. Se non vi sono asili nido, ad esempio, diventa più difficile e oneroso il lavoro di chi opera in un’azienda, uomo o donna che sia; una situazione che può finire, alla lunga, per gravare sulla produttività dell’impresa. Vi è in tal senso una discriminazione tra le diverse aree del Paese. C’è bisogno, come accennato, di colmare il gap infrastrutturale e di servizi che il Mezzogiorno ancora sconta nei confronti del Centro-Nord.
Tenendo presente il quadro generale dell’economia campana, quali sono le vostre proposte per sostenere lo sviluppo e la crescita dell’economia regionale? Servono reti e connessioni materiali e immateriali, che colleghino le città nel Mezzogiorno, e con il resto del Paese e dell’Europa. Piattaforme tecnologiche per consentire lo sviluppo dei traffici e del business su scala globale. Una efficiente e completa rete dei trasporti e della logistica. Dobbiamo efficientare il sistema, puntare sul risparmio energetico e sulle fonti rinnovabili valorizzando il ruolo del Sud, che attualmente già produce il 50% circa del totale dell’elettricità ricavata da eolico, solare, bioenergie e geotermia. Dobbiamo valorizzare le grandi aree metropolitane, Napoli in testa, realizzando processi di rigenerazione urbana, valorizzando il ruolo del partenariato pubblico-privato. E, proprio per dare impulso e accelerazione all’innovazione digitale, che può rappresentare la nuova frontiera per il nostro territorio, vanno rapidamente completate le piattaforme tecnologiche, assicurando ad esempio la disponibilità di banda ultralarga per le aree industriali.