Sono ore calde per l’Unione europea. Nell’arco di pochi giorni c’è stata la sentenza della Corte costituzionale tedesca che mette in discussione i programmi di Quantitative Easing della Bce e per certi aspetti lo stesso ruolo della Corte di Giustizia europea, la dura reazione della Presidente della Commissione europea, e l’approvazione da parte dell’Eurogruppo delle nuove linee di credito del Mes, senza condizionalità, a sostegno del “Pandemic Crisis Support” che prevede 240 miliardi di euro, per l’Italia 36 miliardi, destinati alla sola spesa sanitaria diretta e indiretta legata all’emergenza Covid 19. Sullo sfondo, poi, la trattativa sui Recovery Bond. Tutte vicende tanto importanti quanto divisive, fuori e dentro i Paesi membri. Per completezza a giugno partiranno anche il fondo di emergenza della Banca Europea d’Investimenti (Bei) per 200 miliardi di euro a favore delle Pmi e il programma Sure di 100 miliardi a sostegno dell’occupazione. Abbiamo intervistato su questi temi il professor Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano e docente ad un corso di Fiscal Macroeconomics presso l’Università Bocconi. Tra i tanti incarichi di prestigio è stato Direttore Esecutivo al Fondo Monetario Internazionale per Italia, Albania, Grecia, Malta, Portogallo e San Marino da novembre 2014 a ottobre 2017.
Professore, ci risiamo. La Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe, con la sentenza di questi giorni di fatto ha parzialmente messo in discussione i programmi di Quantitative easing, cioè il programma di acquisto da parte della Bce dei titoli sovrani, se non verrà dimostrato nei prossimi tre mesi che questo sia “proporzionato”, ossia se la Bce con tale programma non sia andata oltre i suoi compiti. C’è in atto anche uno scontro istituzionale di fondamentale importanza, a giudicare anche dalla dura replica della Corte di Giustizia alla Corte Costituzionale tedesca. Se l’esito sarà negativo la Germania non potrà più partecipare al Qe. Ci spiega le conseguenze della sentenza?
Dal punto di vista legale e formale non ci saranno conseguenze sui programmi attuali. Le conseguenze, semmai potranno esserci per il futuro. La Bce continuerà ad andare avanti con i sui programmi e la Banca Centrale tedesca “semplicemente” smetterà di comprare i titoli emessi dalla Bce, ma per il resto non cambierà nulla per noi e per la Bce nell’immediato. Mentre l’impatto dal punto di vista legale è basso, al contrario le conseguenze e le ricadute sul piano politico sono quelle più rilevanti. In sostanza la sentenza della Corte Costituzionale tedesca sull’immediato lascia le cose invariate. In altre parole la Bundesbank compra fondamentalmente titoli di stato tedeschi e quindi non ci sarebbero dirette conseguenze per l’Italia. I titoli acquistati con i programmi di Qe da parte della Bce, per ciò che riguarda i titoli italiani, sono acquistati dalla Banca d’Italia che potrà continuare a farlo. Come detto, le conseguenze della sentenza, invece, potrebebro pesare sulle scelte future. E’ questo sarebbe certamente un problema per l’Unione e per l’Italia. In sostanza questa sentenza potrebbe rallentare e condizione le scelte della Bce ridimensionando i programmi di acquisto dei titoli futuri e indebolendo così quella indispensabile rete di protezione per l’Unione nei casi di grave crisi come quella che stiamo vivendo a causa dell’epidemia.
E adesso la Bce cosa farà? Dovrà darsi da fare e dimostrare la propria “innocenza” legittimando, diciamo così, il fatto che la Corte di Karlsruhe l’abbia messa sotto accusa contestando, fatto un po’ curioso, una sentenza della Corte di Giustizia? La presidente della Bce Christine Lagarde ha detto che la giustizia tedesca non è la giustizia d’Europa.
C’è un tema evidente di tipo giuridico. Mi pare abbastanza curioso che una sentenza di una Corte costituzionale di un paese membro posso mettere in discussione la sentenza della corte di giustizia europea. Inoltre quando la corte tedesca dice che in linea di principio è lei quella competente e tra l’altro usa anche un linguaggio abbastanza inconsueto e offensivo nella critica alla sentenza della Corte di Giustizia, evidentemente c’è qualcosa che non torna. Mi pare che la replica della Corte europea non si sia fatta attendere è abbia riaffermato nettamente il suo ruolo ribadendo che “solo la Corte di giustizia europea, istituita a tal fine dagli Stati membri, è competente a constatare che un atto di un’istituzione dell’Unione è contrario al diritto dell’Unione”. Ammonisce poi la Corte sui rischi di corto circuito che questa situazione potrebbe comportare quando afferma che “eventuali divergenze tra i giudici degli Stati membri in merito alla validità di atti del genere potrebbero compromettere l’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e pregiudicare la certezza del diritto”. Mi sembra che da questi passaggi si evincano chiaramente tutti i pericoli e contestualmente gli aspetti curiosi, per usare un eufemismo, della sentenza della Corte tedesca. Inoltre trovo anche curiosa l’argomentazione usata dai supremi giudici tedesca per motivare la loro contrarietà, quando si afferma che la politica monetaria, attraverso la leva dei tassi di interesse, abbia ricadute sul funzionamento dell’economia. E’ un tema ovvio. Aggiungo, però, che il Presidente della Corte Costituzionale tedesca sta per cambiare e questo potrebbe avere degli effetti futuri.
Quale via d’uscita immagina dalla di crisi epocale dell’economia europea di questa fase?
La via migliore sarebbe quella di rafforzare il bilancio europeo come si sta tendando di fare con i Recovery Bond. Dovremmo tendere al modello statunitense dove c’è un bilancio centrale, ossia il bilancio federale. La soluzione nell’immediato più auspicabile sono proprio i Recovery Bond. Diventa ancora più importanti a questo punto e in tempi relativamente breve, definire i programmi di obbligazioni per la ricostruzione come appunto i Recovery Bond, finalizzati al finanziamento del fondo per la ricostruzione (i Recovery Found), che comporterebbe la disponibilità di finanziamenti con soldi presi a prestito dai mercati finanziari e che non coinvolgerebbero direttamente la Banca Centrale europea. E’ la soluzione che auspico.
Quali le conseguenze per l’Italia e i nostri conti pubblici? Non è in discussione il programma di Qe di quest’anno di 750 miliardi per il“Pandemic Emergency Purchase Program” vincolato all’emergenza Coronavirus, ma una sua eventuale estensione al 2021?
Il messaggio che la sentenza della Corte Costituzionale tedesca lancia alla Bce è ben chiaro, e potrebbe essere conseguito anche da altre corti costituzionali, ossia non andate oltre certi limiti. Questo renderebbe più difficile per esempio quest’anno ampliare per la Bce l’aumento dei programmi di acquisto già messi in campo per contrastare la crisi economica generata dalla pandemia. La sentenza però non ha nessuna influenza sul programma approvato dalla Bce per quest’anno, i famosi 750 miliardi citati. La sentenza tedesca introduce anche un altro paletto come quello di limitare gli acquisti a quelle che sono le “capital Key” dei vari Paesi, cioè gli acquisti vanno in proporzione alla quota del capitale della Banca Centrale Europea dei vari paesi membri. Queste limitazioni, ricordo, sono state eliminate o attenuate dall’ultima decisione presa dalla Bce riguardo i programmi di intervento di Qe per la parte che riguarda il Pandemic Programme. E’ evidente, come spiegato, che questa sentenza non include questo programma e si riferisce solo ai vecchi programma di Qe, ma è chiaro come lo spirito della sentenza tedesca sia in contrasto con le decisioni della Bce prese anche in queste circostanze straordinarie. I paletti posti dalla sentenza, potrebbero quindi indebolire l’azione della Bce e far emergere un suo ruolo ridimensionato per il futuro prossimo.
Conte ha confermato che i Recovery Bond sono lo strumento più atteso e di non considerare, al momento, significativa l’opportunità del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) mentre il commissario all’economia Gentiloni sembra consigliarlo caldamente. Qual è la sua posizione?
Così come è stata delineata la nuova linea di credito del Mes, ossia senza condizionalità, rappresenta un significativo vantaggio economico e finanziario per l’Italia. Parliamo di 36 miliardi da rimborsare ad un tasso dello 0,13 per cento, quindi di grande convenienza e rimborsabile in dieci anni. Avremmo sugli interessi un risparmio di circa 6 miliardi rispetto ad uno stesso prestito fatto con l’emissione di Btp. Mi sembra una buona argomentazione a favore di questa versione del Mes e dell’utilizzo di queste risorse. Sono state date ampie rassicurazioni dalle quali si evince chiaramente che non ci sono gli spazi per attivate una richiesta di aggiustamento macro-economico da parte della Commissione europea. Così come confermato dalla lettera del commissario all’economia Paolo Gentiloni e del vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis inviata al presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno in cui si dice che “l’unico requisito per accedere alla linea di credito sarà che gli Stati membri dell’area euro che richiedono assistenza si impegnano a utilizzare questa linea di credito per sostenere il finanziamento interno dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, i costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti alla crisi Covid 19”. La Commissione quindi limiterà il suo ruolo al solo controllo standard e non sarà previsto nessun intervento per affrontare le difficoltà strutturali interne e di aggiustamento. Quindi, nessuna condizionalità macro-economica. Il tema vero sembra essere più di fiducia che altro. Se il tema è la fiducia (ossia, per assurdo, chi ci garantisce che dopo qualcuno non cambi le carte in tavola?) allora il Mes a queste condizioni converrebbe comunque perché la Commissione Ue ci potrebbe mettere in sorveglianza rafforzata a prescindere dal Mes.