E’ di 3 miliardi e 238 milioni di euro dei programmi operativi regionali e nazionali la somma che entro fine anno l’Italia deve spendere per non perdere la quota di risorse comunitarie (Fondo di sviluppo regionale e Fondo sociale).
I dati. In termini di distanza dall’obiettivo a fine 2019 fissato dalla clausola “N+3” (che prevede il disimpegno automatico delle risorse non spese entro tre anni dall’iscrizione sul bilancio comunitario) è poco meno di un quarto del totale (24,3%). Oltre al Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr) e al Fondo sociale (Fse), l’importo comprende il cofinanziamento nazionale assicurato dal Fondo di rotazione. Una situazione delineata dall’Agenzia per la coesione territoriale e illustrata a Roma recentemente in occasione di una riunione del Comitato sull’Accordo di partenariato per il periodo 2021-2027, con i rappresentanti delle regioni, l’Agenzia per la Coesione territoriale e la Commissione europea.
La media di spesa. Dei 53,2 miliardi complessivi messi a disposizione dal Fesr e dal Fse nella programmazione 2014-2020, compreso il cofinanziamento nazionale, al 30 giugno scorso erano stati spesi poco più di 10,5 miliardi, quasi il 20%. Il Fondo europeo per lo sviluppo delle aree rurali (Feasr), che vale altri 20 miliardi tra contributo europeo e fondi nazionali, è nettamente in avanti. Secondo i dati pubblicati sul portale della Commissione Ue, ha certificato spese pari al 29% delle risorse a disposizione. La media di spesa dei tre fondi principali è pari al 23%, un punto sopra la Spagna e quattro dietro la Polonia, Paesi con cui ha senso fare un confronto per dimensione degli aiuti.
I progetti che hanno raggiunto l’obiettivo. Secondo un progetto realizzato con il contributo finanziario della Commissione europea, in collaborazione con il Sole24Ore, nel dettaglio dei 51 programmi italiani in cui si articola la spesa 2014-2020, 14 hanno già raggiunto l’obiettivo. Dodici sono regionali (Por) tra cui anche uno del Sud (Fesr Basilicata) e due nazionali (Garanzia Giovani e Iniziativa Pmi gestiti rispettivamente dal ministero del Lavoro e dal Mise). Il Pon Inclusione e quello Ricerca sono i più lontani dall’obiettivo: devono spendere rispettivamente ancora il 65 e il 55% dell’importo previsto.
La verifica. “Come tutte le stime – afferma il direttore generale dell’Agenzia, Antonio Caponetto – sono soggette a verifica concreta. Faremo un punto più preciso tra settembre e ottobre quando cominceranno ad affluire i dati sulla certificazione della spesa ufficiali su cui si calcola il raggiungimento dell’N+3. In quanto stime, non si prestano ovviamente a dare giudizi di efficienza, anche perché risentono dei criteri di previsione che segue ciascuna Autorità di gestione e che rientra nel monitoraggio condotto dalle autorità nazionali ed europee.”