Dopo 18 mesi di trade war, gli Usa hanno finalmente firmato una pace commerciale con la Cina, secondo la quale gli Stati Uniti non aumenteranno i dazi sui prodotti cinesi, in cambio dell’impegno da parte della Cina ad acquistare nei prossimi due anni prodotti americani per l’ammontare di 200 miliardi di dollari. L’accordo – almeno stando alle parole del presidente degli Usa Donald Trump – dovrebbe portare benefici all’intera economia mondiale. Ma è davvero così? Quali saranno le conseguenze per l’export italiano? Lo abbiamo chiesto al senatore Patrizio La Pietra (FdI), membro della commissione “Agricoltura e produzione agroalimentare”.
Quali potrebbero essere le conseguenze del nuovo accordo Usa-Cina in materia di dazi commerciali per l’export italiano? “Purtroppo pessime. L’accordo prevede che alcuni prodotti siano importati direttamente dai due paesi a spese delle altre economie nazionali e questo per noi non è bene soprattutto riguardo i prodotti di alta tecnologia”.
In seguito alla vicenda Boeing-Airbus, il Wto ha autorizzato gli Usa ad inasprire i dazi sui prodotti importanti dall’Ue. Era prevedibile questa decisione? La ritiene giustamente motivata? “Quando si sta in un sistema se ne accettano le regole. Era prevedibile che la vicenda Boeing-AirBus avrebbe prodotto una reazione da parte degli Stati Uniti. Ma ritengo ingiusto che, a fronte di un’azione a favore dell’aeronautica francese, ne debba pagare le conseguenze l’intero settore agroalimentare europeo e in particolare quello italiano”.
Sembrerebbe in arrivo dagli Usa una nuova black list di prodotti tassati, comprendente anche alcuni alimenti protagonisti dell’export italiano come olio e vino. Se entrerà in vigore, quale sarà l’impatto sul nostro settore agroalimentare? “Il nostro olio extra vergine d’oliva è ormai sotto attacco da anni. La Xylella in Puglia ha indebolito maggiormente il nostro sistema produttivo e nonostante tutto questo l’Europa ha sempre permesso la libera circolazione di olii che di extra vergine avevano poco o nulla, facendo pochi controlli. Però non soltanto l’olio extra vergine di oliva, ma anche il vino ed altri prodotti, come formaggi e insaccati, con l’entrata in vigore dei dazi potrebbero essere penalizzati”.
Lei ha suggerito di avviare un accordo commerciale bilaterale con gli Usa, ma che conseguenze potrebbe avere questa scelta nelle relazioni con gli altri paesi Ue? “Noi dobbiamo difendere il nostro interesse nazionale. Se l’Europa non lo fa, non solo abbiamo il diritto, ma anche il dovere di farlo. Soprattutto verso le nostre aziende agricole e agroalimentari. Poi, potremmo invitare anche altri Paesi a seguire il nostro esempio. Ma, francamente, non vedo come queste nostre iniziative potrebbero turbare le altre Nazioni dell’Ue”.
Ha dischiarato che “occorre una presa di posizione forte da parte del governo italiano, che non può seguire passivamente un’Europa che ha sicuramente altri interessi” (La voce del Patriota). Quali sono secondo lei questi altri interessi e soprattutto ritiene che tra questi non ci sia abbastanza spazio per quelli italiani? “Veramente non lo dico io ma piuttosto i fatti. Guardi l’attuale situazione in Libia. Mi chiedo, dove e come sono difesi i nostri interessi nazionali? E non dimentichiamo la vera ragione per cui Francia e Germania decisero di bombardare la Libia di Gheddafi. Non certo per la libertà dei popoli africani, su cui la Francia farebbe meglio a tacere; e basterebbe citare una per tutte la questione del Franco CFA. La verità è che i francesi hanno cercato di spezzare la prevalenza economica dell’Italia in quella regione ed oggi si raccolgono i frutti di quelle scelte scellerate. Deve essere chiaro che l’Italia non può più essere succube di un’Europa in cui prevalgono gli interessi franco-tedeschi. Ma soprattutto dobbiamo farci portatore di una visione della competizione economica a livello mondiale basata sulla qualità delle produzioni. Mangiare sano e bere sano è un bene per tutti. E soprattutto deve essere sostenibile con l’ambiente. La proposta di FdI da tempo è quella di “Dazi di Civiltà”, nel senso di dazi posti su prodotti che non ottemperino alle norme in tema di tutele salariali, sicurezza e ambiente. Soltanto così possiamo fare un buon lavoro per l’economia mondiale e per il pianeta, salvaguardando al contempo il nostro interesse nazionale”.