Dal grano al pane il prezzo aumenta di oltre 17 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito, con una forbice che non è mai stata così ampia. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sull’inflazione media nei primi otto mesi dell’anno dell’Istat, diffusa al Villaggio contadino di Roma in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione che si celebra il 16 ottobre, alla presenza, tra gli altri, del presidente di Coldiretti Ettore Prandini, del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida e del governatore della Regione Lazio, Francesco Rocca.
Un chilo di grano viene pagato oggi agli agricoltori circa 24 centesimi, il 32% in meno rispetto allo scorso anno, mentre – spiega Coldiretti nella nota – la stessa quantità di pane viene venduta ai consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città, con un rincaro che arriva fino al +20%, secondo l’analisi Coldiretti su dati dell’Ismea e dell’Istat sull’inflazione media nei primi otto mesi del 2023 in confronto con lo stesso periodo del 2022.
L’incidenza del costo del grano sul prezzo del pane diventa dunque sempre più marginale tanto da essere scesa ampiamente sotto il 10% in media, come dimostra anche l’estrema variabilità delle quotazioni al dettaglio lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali. Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,33 euro, a Roma si viaggia sui 3,25 euro, a Bologna siamo a 5,14 euro, a mentre a Palermo costa in media 4,14 euro al chilo, a Napoli 2,26 euro, secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico ad agosto. Peraltro i prezzi al consumo – continua la Coldiretti – non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano.
La realtà è che, – prosegue Coldiretti – nonostante il calo dei raccolti del 10% a causa dei cambiamenti climatici abbia limitato la disponibilità di prodotto in Italia, il grano viene oggi sottopagato agli agricoltori, che spesso non riescono neppure a coprire i costi di produzione. Un crack senza precedenti – denuncia Coldiretti – con i compensi dei coltivatori che sono tornati ai livelli di 30 anni fa, a causa delle manovre di chi fa acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pane Made in Italy, mettendo a rischio il futuro di questa coltivazione e la sovranità alimentare del Paese con l’abbandono di buona parte del territorio nazionale, soprattutto le aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione. Una situazione tanto più grave se si considera che il nostro Paese è dipendente dalle importazioni straniere già per il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci.
Da qui la richiesta di Coldiretti di introdurre anche per pagnotte e panini l’obbligo dell’indicazione in etichetta, se confezionato, o sul libro degli ingredienti, se non confezionato, dell’origine del grano impiegato, proprio come accade per la pasta. Oggi il pane non confezionato non ha etichetta, ma nel punto vendita deve essere presente il libro degli ingredienti, a disposizione dei clienti. Il pane viene commercializzato – pronuncia Coldiretti – con la denominazione di vendita che fa riferimento al tipo di pane (00, 0, 1, 2, integrale, se di grano tenero, oppure di grano duro, etc.). Nel libro degli ingredienti troveremo in ordine decrescente gli ingredienti utilizzati, ovvero il tipo di farina, acqua, lievito, sale. Per pani particolari ci possono essere altri ingredienti. Nel caso di pane preconfezionato o confezionato, sulle etichette, ci devono essere, oltre agli ingredienti, anche il termine di conservazione e le condizioni di conservazione. Inoltre, dobbiamo sapere se il pane è stato ottenuto da un impasto parzialmente cotto e surgelato (sia non confezionato che confezionato).
“Occorre ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito nell’ambito del Pnrr per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali” afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini nel sottolineare che “serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”.