Da molti già definito come il “momento Lehman Borthers” della Cina, il crollo Evergrande rischia di diventare un caso negativo e contagioso per l’intera finanza globale, proprio come fu per Lehman Brothers nel 2008. Il colosso dell’immobiliare cinese, la cui capogruppo è registrata nelle isole Cayman, è sotterrato da oltre 300 miliardi di debiti. Per giovedì 23 settembre è prevista la scadenza della prima tranche di rimborsi da 84 milioni di dollari, ma difficilmente la società potrà onorarli. Nel corso dell’anno il gigante dell’immobiliare ha perso oltre l’80% del suo valore e ben sei manager Evergrande rischiano gravi sanzioni per aver utilizzato la situazione societaria a proprio favore. In tutto ciò l’ira e le preoccupazioni degli investitori aumentano sempre più.
La borsa e una difficile salvezza. Sembra un epoca lontana il 2017, quando Evergrande aumentava di quattro volte il valore delle proprie azioni e portava Xu Jiayin, il fondatore della società, a diventare uno degli uomini più ricchi di tutto il continente asiatico. Tempi lontani ed estremamente diversi dagli attuali, dove il colosso, come detto, ha perso oltre l’80% del volere delle proprie azioni. Inoltre, nel lunedì nero appena passato le sorti della società hanno pesato notevolmente sulla borsa: la società ha perso il 18,11% a Hong Kong, mentre l’Hang Seng Property index, l’indicatore che raggruppa diverse società del Real Estate, è sceso del 6% e Ping An, il gigante delle assicurazioni, ha perso l’8%. Il problema maggiore con la crisi di Evergrande è che le azioni e le obbligazioni della società, proprio per il boom avuto nell’ultima decade, sono state inclusi in tutti i listini asiatici con il rischio che tale crisi possa diventare un effetto domino per la finanza globale.
I mercati, infatti, non credono alla possibilità di salvezza di Evergrande e alla capacità di riuscire a far fronte al debito corporate, ma il crollo del colosso metterebbe a repentaglio l’intera economia cinese, trasferendo tali effetti alla finanza globale che nei bond cinesi ha investito. Credibilità ormai persa, dato che gli investitori non guardano positivamente nemmeno le prospettive di ristrutturazione del debito ed evitare in qualche modo il default.
Banche e Agenzie di rating. A causa dei suoi problemi di liquidità, le agenzie di rating hanno ripetutamente declassato l’azienda e anche le banche da molto tempo hanno voltato le spalle a Evergrande. I problemi si sono intensificati quando la Cina nel 2020 ha introdotto regole per calmierare i prestiti concessi ai real developers, misure che pongono un limite al debito in relazione ai flussi di cassa, alle attività e ai livelli di capitale di un’azienda. Il governo cinese, infatti, ha adottato politiche più restrittive proprio sul settore immobiliare, chiudendo i cordoni della borsa e provando raffreddare la bolla speculativa. Il fine, citato dal Presidente cinese Xi Jinping fin dalla salita al potere nel 2013, era ed è quello di veicolare credito verso settori più strategici, oltre che contenere i prezzi delle case e dei terreni, ormai schizzati alle stelle. Nel 2020, il governo ha diramato tre linee rosse di prudenza finanziaria per gli sviluppatori immobiliari, le quali stabiliscono se possano accedere o meno a nuovo credito sulla base del loro indebitamento complessivo e della solvibilità a breve termine. In breve, con le nuove disposizioni molte di queste imprese dovrebbero ridurre i prezzi degli alloggi per fare cassa, ma chi è ultra indebitato e su più fronti si trova in grossa difficoltà. Il caso in questione, però, è molto pesante, poiché Evergrande vanta oltre 1.300 progetti immobiliari in quasi 300 città cinesi. Inoltre, l’azienda estende le proprie braccia in diversi settori, tra cui veicoli elettrici, servizi sanitari, prodotti di consumo, unità di produzione video e televisiva e persino un parco a tema. Ha 200mila dipendenti, che salgono a 3,8 milioni nell’indotto. L’esposizione eccessiva e non rifinanziabile del colosso cinese genera una reazione a catena: molti cantieri si interrompono, compratori di immobili che hanno già pagato si infuriano, i fornitori non vengono pagati, il titolo crolla.
Rabbia e difficili soluzioni. Naturalmente, la situazione di Evergrande ha portato migliaia di piccoli proprietari e azionisti davanti alla sede centrale di Shenzhen e in centinaia di altre città cinesi per protestare e chiedere il rimborso degli investimenti. Intanto la società ha ammesso l’esistenza di alcune irregolarità interne e si è impegnata ad iniziare il pagamento dei debiti nei confronti dei fornitori. Per risolvere la situazione sarebbe necessario l’intervento di Pechino, al cui governo centrale il colosso è stato vicino per anni, ma non è ancora chiaro se ci sarà un intervento pubblico economico che diventa sempre più difficile dato il nuovo corso avviato nel 2020. Evergrande ha annunciato l’offerta di titoli di proprietà degli immobili ai creditori che accetteranno la conversione del credito. Tale misura, nonostante l’ampia disponibilità dell’azienda, potrebbe non bastare.
Gli effetti sui mercati asiatici e la visione degli analisti.
A innervosire i mercati, oltre al caso Evergrande, c’è anche l’attesa riunione della Fed, che mercoledì 22 settembre potrebbe annunciare la tempistica del ritiro degli stimoli all’economia messi in campo per la pandemia. Tuttavia, il colpo dato dalla crisi del colosso cinese è stato forte, specialmente in Asia. Un duro colpo è stato subito dalla Borsa di Tokyo (-2,2%), ma tutte le piazze asiatiche sono state drasticamente frante. A trascinare al ribasso i listini sono state soprattutto le preoccupazioni per la crisi del colosso cinese immobiliare Evergrande e i timori di ripercussioni globali. Secondo alcuni osservatori il possibile fallimento di Evergrande potrebbe portare a una “Lehman cinese”. Tuttavia, nonostante il timore che il caso Evergrande sia solo la punta dell’iceberg della bolla immobiliare cinese, altri analisti ritengono che l’elevata volatilità del lunedì nero sulle Borse sia normale dopo un lungo periodo di tranquillità e a fronte di valutazioni dei titoli molto elevate.
Chi rischia di più dal crollo di Evergrande. I soggetti più esposti alla crisi di Evergrande sono le banche, fornitori, compratori di case e investitori su azioni e bond della società, i quali stanno vivendo giornate drammatiche. Lo stesso colosso ha avvertito che i problemi potrebbero peggiorare, creando default più ampi. Evergrande non riesce a completare le opere poiché è senza finanziamenti e questo spiega le proteste in tutta la Cina. Particolarmente sotto pressione chi ha investito in obbligazioni offshore asiatiche, dominate da società immobiliari, dove i rendimenti sono aumentati mediamente del 13%: dunque gli investitori offshore sono in perdita. L’esposizione eccessiva e non rifinanziabile del colosso cinese genera una reazione a catena, perché molti cantieri si interrompono, compratori di immobili che hanno già pagato si infuriano, i fornitori non vengono pagati, il titolo crolla. A questo punto bisognerà attendere le mosse del governo cinese, sempre combattuto tra salvare le grandi imprese dai fallimenti per timore che destabilizzino il sistema economico della “bolla garantita” e dare al contrario un segnale forte agli speculatori del mattone. In questo senso Evergrande sarebbe l’esempio per tutti.