È molto probabile che, pur assumendo che si mettano in atto politiche di sostegno alle imprese in difficoltà e che la situazione tenda a normalizzarsi entro metà marzo, il primo trimestre registri una contrazione del Pil nell’ordine dello 0.3% (primo trimestre 2020 su ultimo trimestre 2019; una revisione al ribasso di 0.4% rispetto al Brief di febbraio), e dunque si possa definire una condizione di recessione tecnica (due trimestri consecutivi di caduta del prodotto interno lordo), la quarta recessione dal 2009. A farlo sapere è il centro di ricerca Prometeia in una nota.
Possibili rischi. Nell’ipotesi di una ripresa nei trimestri successivi in linea con quanto previsto nel Brief di febbraio, e dunque che la perdita nel primo trimestre non venga recuperata in quelli successivi, – si legge – si registrerebbe una caduta del Pil di analogo ammontare nella media d’anno.
I dati. Il valore aggiunto delle regioni coinvolte in qualche misura (sono quelle nelle quali si è deciso il blocco delle attività didattiche in tutte le scuole) rappresenta nel complesso il 54% del totale Italia, con il seguente dettaglio: Piemonte (7.8%), Lombardia (22.1%), Veneto (9.2%), Emilia-Romagna (9.2%), Trentino Alto Adige (2.6%), Liguria (2.8%). Scendendo a livello provinciale, – spiega Prometeia – Lodi pesa lo 0.4% del PIL nazionale mentre Milano il 10.2%. Ciò senza tenere conto degli effetti di interazione tra le diverse aree.
Quanto pesano sul Pil le attività più direttamente coinvolte? Concentrandoci sulla Lombardia, di certo la regione più colpita, – prosegue Prometeia – i servizi totali rappresentano il 16% del Pil nazionale, il 5.7% considerando solo le attività commerciali, turistiche, di trasporto, di alloggio e ristorazione, il comparto dei servizi verosimilmente più interessato dalle limitazioni.
La reazione dei mercati finanziari, che era risultata molto cauta sino alla settimana scorsa, ha velocemente cambiato di segno e la Borsa di Milano ha perso in due giorni il 7%. In aggiunta, e nonostante i rischi di recessione abbiano schiacciato i tassi di interesse di mercato, lo spread tra Btp e Bund è risalito verso i 150pb. A seconda della durata di questi aumenti – conclude Prometeia – andrebbero valutati sia gli effetti negativi sul valore della ricchezza finanziaria delle famiglie sia l’amplificarsi di effetti sfiducia.