Il concetto, se vogliamo, non è cambiato e mai forse cambierà: il più bravo vince. Che si tratti di Tetris o Pacman, Fortnite o Call of Duty poco importa. Nel mondo dei videogiochi chi ha più abilità, strategia, precisione e velocità di esecuzione batte gli avversari. Un concetto semplice, che se trasportato dal gaming come puro intrattenimento (mania in alcuni casi) al gaming come professione e vera e propria competizione assume contorni da vera e propria industria. Per le migliaia di cosiddetti “pro-player”, dilettarsi con tasti e joystick non è un semplice passatempo, ma un lavoro e anche ben remunerato, con tanto di allenamenti, studio e psicologi professionisti al seguito. Ci sono tornei, campionati e team per quasi ogni gioco e quasi ogni disciplina, dai giochi sportivi a quelli strategici passando per il genere “battle royal”.
Un fenomeno globale. Se in Italia siamo ancora qualche anno indietro rispetto a realtà ormai consolidate come gli Stati Uniti e la Corea, a livello mondiale gli eSports sono di fatto sin d’ora un’industria miliardaria. A dirlo sono i dati elaborati dalla società specializzata Newzoo, secondo cui il giro d’affari del settore pro-gaming supererà a fine 2019 il muro del miliardo di dollari (1,1 miliardi per la precisione), con una crescita annuale del 26,7%. I quattro quinti di questo fatturato (circa 900 milioni di dollari) sarà generata dagli investimenti di aziende e marchi legati e non al mondo del videogioco e della tecnologia (nella lista ci sono nomi come Vodafone e Asus e Lotto e A|X Armani Exchange, tanto per fare degli esempi). La fetta più importante dei ricavi, secondo gli esperti, sarà appannaggio delle sponsorizzazioni (456 milioni di dollari) e a seguire diritti televisivi (251 milioni) e pubblicità (189 milioni). Le fasi finali dei campionati vengono disputate quasi tutte dal vivo in arene realizzate appositamente per ospitare migliaia di spettatori; le sedi sono le più disparate, da Katowice in Polonia a Las Vegas passando per Milano, che ha ospitato poche settimane fa la fase finale di uno dei tornei più seguiti al mondo (il “Rainbow Six Siege Pro League”), il cui montepremi era di 275mila dollari. Quest’anno, come sostengono alcuni analisti, assisteremo alla svolta di un mondo finora confinato a nicchia per pochi adepti? Le parole di Jens Hilgers, imprenditore di questo mondo da oltre vent’anni, fondatore di Esl, la principale azienda organizzatrice di eventi e tornei professionistici sono in tal senso esplicite: “gli eSports sono un’industria in evoluzione, la cui crescita continuerà per decenni. La finestra migliore per investire in questo mondo è ora”.
Un esercito di 450 milioni di appassionati, un milione in Italia. L’audience degli eSport, com’è facile immaginare, segue un percorso di crescita simile: il pubblico che segue questi eventi (dal vivo o virtualmente) dovrebbe superare nel 2019 quota 450 milioni di persone in tutto il mondo, il 15% in più rispetto all’anno precedente e di questi oltre 200 milioni sono veri e propri fan, mentre gli altri sono catalogabili come spettatori occasionali. Dicevamo dell’Italia, dove il movimento è ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi più “virtuosi”. Il fatto che il bacino di utenza – e lo conferma il secondo rapporto sugli eSports stilato dall’Aesvi (Associazione Editori e Sviluppatori Videogiochi Italiani) in collaborazione con Nielsen – sia arrivato a 1,2 milioni di appassionati, con un incremento del 20% anno su anno, ci suggerisce che il boom, probabilmente, non è lontano anche nel nostro Paese. L’età media dei “tifosi” è di 29 anni, il reddito nel 38% dei casi è superiore ai 2mila euro mensili e vi è un sostanziale equilibrio nella suddivisione per genere (51% uomini e 49% donne); contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la fascia più interessata al fenomeno è però quella compresa tra i 21 e i 40 anni. In media la fruizione degli eventi è di 4,8 ore alla settimana (dato decisamente superiore ad altri Paesi europei) mentre la piattaforma più utilizzata per le trasmissioni live delle competizioni videoludiche è Twitch, una Tv online (24 ore su 24) di proprietà di Amazon che contende a Youtube il ruolo di protagonista delle dirette in streaming. Il 79% dei fan si dedica agli eSports per intrattenimento o per passare il tempo, mentre il 67% vuole migliorare le proprie abilità personali seguendo le performance dei giocatori professionisti. Quanto ai titoli più seguiti in Italia, la parte del leone la fa il calcistico Fifa, seguito da Call of Duty e League of Legends, tutti titoli che hanno loro campionati e loro leghe molto seguite. Sintomatico il commento fornito a margine di questi dati da Marco Saletta, presidente di Aesvi, secondo cui “l’evoluzione dell’eSport in Italia è incoraggiante e non lo dice solo l’incremento del pubblico affezionato, ma anche l’aumento degli eventi dedicati e dei nostri giocatori professionisti, che sempre più spesso si impongono in competizioni internazionali”.
La ribalta olimpica e l’apertura del Governo. È il sogno di tutti i pro-player: partecipare alle Olimpiadi. E non è un sogno utopico. Nell’ottobre del 2017, infatti, il Comitato Olimpico Internazionale ha riconosciuto per la prima volta ufficialmente gli eSports come “attività sportiva” aprendo la strada per ottenere la certificazione necessaria per inserire questa disciplina tra quelle olimpiche. Il grande debutto non sarà a Parigi 2024 ma probabilmente quattro anni dopo, quando i Giochi saranno ospitati a Los Angeles. Sempre che verranno superate le (lecite) opposizioni del Cio sui giochi che “promuovono violenza o discriminazione”, in considerazione del fatto che fra i titoli più amati da giocatori e appassionati l’uccisione dell’avversario, in simulazioni realistiche o in trasposizioni virtuali di personaggi fantasy, è totale protagonista.
Nel frattempo, i diretti interessati aspettano che anche l’Italia si allinei ad altri Paesi nel riconoscimento “giuridico” degli eSports. In seno al Coni ancora non esiste una Federazione dedicata al nuovo fenomeno videoludico anche se l’interesse da parte di altri movimenti (il taekwondoo e la danza sportiva, nello specifico) nel proporre gare dedicate a videogiochi attinenti al proprio sport è già un piccolo passo in avanti. Passo, seppur ancora timido, che sembra aver fatto anche il Governo, per bocca del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vito Crimi, durante un recente incontro con sviluppatori e publisher del mondo gaming: “i videogiochi non sono solo un passatempo”.