Per il M5S è tempo di crescere e di diventare adulto, ma, come spesso accade nella realtà, con la fine della giovinezza si è costretti a dire addio anche ad alcuni sogni, soprattutto ai più utopistici. Per i Cinque Stelle si tratta di archiviare per sempre l’idea originaria di porsi come forza apartitica e apolitica. È in fondo questo il significato di quanto annunciato lo scorso week end dal ministro degli esteri Luigi Di Maio, che dal palco di “Italia a Cinque Stelle” ha ufficialmente dato inizio alla riorganizzazione del Movimento, una riforma, parola di Di Maio, “pensata non per gli attivisti, i parlamentari o per gli eletti, ma per il cittadino”.
Verso il M5S 2.0. Si tratta di una trasformazione radicale e a definirne i termini è stato proprio il leader politico dei Cinque Stelle Luigi Di Maio. L’atmosfera perfetta, tra gli entusiasmi e gli applausi degli oltre 8 mila sostenitori del Movimento arrivati per i due giorni di festa napoletani, ha fatto da cornice a quello che è sembrato essere l’annuncio di una svolta epocale. “Abbiamo vissuto dieci anni in cui siamo stati molto arrabbiati. Ma adesso nei prossimi dieci dobbiamo caricarci sulle spalle il Movimento e coinvolgere, con lo studio e il ragionamento, tante persone” ha detto Di Maio, annunciando il progetto di “una riforma, anche costituzionale, in cui su ogni problema, su ogni settore, ogni cittadino sappia qual è l’ente di riferimento che può portare una soluzione”.
I punti della “riorganizzazione”. L’esito finale della riforma appena iniziata sarà visibile solo a fine dicembre e consisterà, secondo quanto affermato da Di Maio, in “una squadra nazionale che si prenderà la responsabilità di realizzare gli obiettivi del Movimento nei prossimi 10 anni”. A comporla saranno circa ottanta persone, di cui sei saranno nominate direttamente da Di Maio, mentre dodici (i “facilitatori nazionali”) formeranno il cosiddetto “Team del futuro”: in concreto si tratta di una cerchia di responsabili di settore per il Movimento, il cui compito sarà quello di mediare la comunicazione tra i parlamentari del M5s e i gruppi locali. Una delle problematiche a cui vuol far fronte questo rinnovamento sembra essere infatti proprio la carente presenza sul territorio: a questo scopo saranno nominati sessanta referenti regionali, da collocare in tutto il paese e ai quali i cittadini potranno rivolgersi per esporre i propri problemi.
Cambia la sostanza, ma non la modalità, dato che, anche in questa occasione (fatta eccezione per i sei scelti dal leader politico) saranno gli iscritti al Movimento a decidere i componenti, votando sulla piattaforma Rousseau, ma – osservazione non trascurabile – solo dopo una prima selezione e verifica operata dai vertici. Infatti – ha spiegato Di Maio – “dal 12 ottobre all’11 novembre ognuna delle persone che vuol far parte della nuova organizzazione del movimento può presentare il proprio progetto”. La conformità delle proposte pervenute sarà verificata dal 18 al 29 novembre e solo dopo (verosimilmente a dicembre) verranno aperte le votazioni su Rousseau per decidere componenti e progetti della squadra nazionale.
Anche Beppe Grillo ha benedetto il nuovo volto del Movimento, dichiarando senza esitazione “è inutile pensare che abbiamo la stessa identità di dieci anni fa, non è così, siamo diversi”. Ma è impossibile non notare alcuni grandi assenti all’evento napoletano, a partire dallo stesso Alessandro Di Battista, come è difficile non ascoltare le critiche di diversi esponenti, tra tutti quelle sollevate dal senatore Nicola Morra, che ha commentato così il progetto della squadra dei facilitatori: “Non vanno in direzione di una vera orizzontalità”. D’altronde che il Movimento del Vaffa Day alla fine abbia ceduto al tanto ostentato spetto del partito politico è un dubbio che attanaglia non pochi, e non solo tra gli esterni al Movimento, come dimostrano dinamiche recenti quali la firma della Carta di Firenze 2019 o la fuoriuscita di alcuni dissidenti.