“Anno nuovo, vita nuova”, forse, ma non di certo per il Movimento Cinque Stelle. Il 2020 non è infatti iniziato nei migliori dei modi per i pentastellati: l’espulsione del senatore Gianluigi Paragone è stata solo la punta di un iceberg ben più difficile da aggirare. Dagli espulsi agli esuli volontari, come Gianluca Rospi e Nunzio Angiola, sembra non avere fine l’emorragia dei fuoriusciti dal M5S: tanto è che dei 227 deputati insediatisi in seguito alle elezioni del 2018, oggi se ne contano solo 214, mentre sono undici le sedute rimaste vuote in Senato.
L’espulsione di Paragone, avvenuta nemmeno una settimana fa, ha reso visibili i già fragili equilibri alla base del MoVimento. Difatti, il cartellino rosso assegnato dal Collegio dei Probiviri al giornalista, nonché pentastellato di prima data, ha creato tra gli stessi Cinque Stelle una vera e propria spaccatura. Se da una parte c’è chi, come il sottosegretario al ministero dell’Interno, Carlo Sibilia, difende la decisione del Collegio, in quanto “chi ha votato contro la manovra 2020 – ha scritto il parlamentare 5S su Facebook – ha votato contro il Reddito di Cittadinanza, quota 100, lo stop all’aumento dell’Iva e i fondi ai Vigili del Fuoco.” Dall’altra, però, numerosi sono gli esponenti che hanno preso le difese del collega, primo tra tutti Alessandro Di Battista, che via social ha attaccato la direzione del M5S: “Gianluigi è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali. Non c’è mai stata una volta che non fossi d’accordo con lui”.
Non solo Paragone, a dire addio in questi primi giorni del 2020 al movimento fondato da Beppe Grillo sono stati anche i due deputati Nunzio Angiola e Gianluca Rospi, che hanno lasciato il gruppo Cinque Stelle alla Camera per passare al Misto, in seguito a delle dinamiche legate all’approvazione della Manovra. Entrambi docenti universitari infatti, Angiola ha polemizzato a proposito delle modalità con cui è stata istituita l’Agenzia nazionale per la ricerca (Anr), mentre Rospi non ha partecipato al voto della Legge di Bilancio. Inoltre, stando alle loro dichiarazioni, entrambi gli ormai ex-pentastellati hanno lamentato “una gestione verticistica” e “scarsa collegialità” all’interno del M5S.
“Un malessere profondo, ma una scissione non è la soluzione”. È questo il commento a caldo di Davide Barillari, consigliere della Regione Lazio per il M5S, che così ha commentato i recenti avvenimenti: “C’è un malessere più profondo, tanti esponenti se ne stanno andando e le espulsioni non sono la strada giusta per risolvere questo problema”. Barillari, infatti, pur essendo tra gli esponenti noti della Carta di Firenze 2019 (il movimento che raccoglie i pentastellati più scettici) si è detto comunque convinto della necessità di “trovarsi tutti insieme per affrontare questi problemi e per capire se queste esperienze di governo ci stanno facendo bene o meno”. A proposito infine delle motivazioni presentate da Sibilia ha aggiunto “Paragone rappresenta ancora i valori del M5S […], se uno non vota una legge, un bilancio, si tratta di una questione politica, bisognerebbe capire qual è il problema profondo alla base”.
Intanto Paragone promette vendetta. Nonostante le rassicurazioni di Barillari, che confida nella presenza all’interno del MoVimento della “volontà di discutere e trovare una soluzione insieme”, il cielo per i pentastellati sembra tutt’altro che sereno. Paragone infatti dalla sua pagina Facebook tuona minacce di ricorrere alla giustizia ordinaria. “Cari falsi probiviri, cari uomini del Nulla, voi avete paura di me perché io ho quel coraggio che voi non avete più” ha scritto Paragone su Facebook, mentre nei giorni scorsi ha rincarato la dose, sfidando il leader Cinque Stelle Luigi Di Maio a sottoporre la sua espulsione al giudizio degli iscritti direttamente sulla piattaforma Rousseau. Ora spetta al ministro degli Esteri raccogliere o meno il guanto di sfida, ma, in ogni caso, non sarà certo il M5S a uscirne vincitore.